E’ stato veramente un grande piacere intervistare Aldo Tagliapietra, vera icona del pop e del prog rock italiano, fondatore e perno insostituibile delle Orme, gruppo che insieme alla PFM ed al Banco ha scritto alcune fra le pagine più importanti della Storia della Musica Italiana in quel periodo, uno dei più creativi ed intensi in assoluto. Aldo è adesso un sereno e carismatico signore quasi settantenne (come lui orgogliosamente tiene a precisare), con una fluente capigliatura tendente al candido, che nonostante sia stato autore, bassista e cantante di questo mitico gruppo per ben 42 anni, continua a mantenere una modestia ed una disponibilità che sono prerogativa dei grandi. Dopo un divorzio doloroso da ciò che rimane di questo gruppo, continua un’intensa attività discografica e live che fa capire che la sua vena creativa è ancora ben lungi dall’esaurirsi. E’ stato bello ascoltarlo, percepire l’entusiasmo di un musicista di una generazione che si è costruita a suon di dedizione e motivazione, senza internet, tutors, video didattici, youtube dovetrovotuttoquellochemiserve (ok, ovvio che siamo fortunati adesso ad averli!). Un musicista che peraltro ha vissuto un’epoca fantastica, dove veramente in una settimana potevi diventare da perfetto sconosciuto a famosissimo, in cui sapevi bene comunque che senza fatica non si ottiene niente.
E’ un grande piacere per me intervistarti. Dove e quando inizia la tua vita musicale ed artistica?
Ho cominciato a suonare perché ho avuto l’occasione di comprare una chitarra “da osteria” da un mio compagno di classe in un periodo che può essere il 1960 od il 1961. Erano i tempi delle gite in barca per le isole della laguna di Venezia, e chi sapeva suonare la chitarra aveva una marcia in più…
Ho cominciato in quel periodo a studiare gli accordi e nel 62 ho formato un gruppetto nel quale in due suonavamo le mitiche chitarre EKO, entrambi attaccati a un amplificatorino SUPER MB e poi c’era uno che aveva una batteria. Poi il gruppetto si è evoluto e sono arrivate le tastiere… più che altro una pianola, e così sono nati i Coral. Gente tutta delle isole veneziane… potrei definirlo un “laguna sound”. Facevamo qualche pezzo degli Shadows così come abbiamo continuato a farlo anche nel primo periodo delle Orme, anche se con le Orme volevamo fare pezzi nostri, a parte qualche cover proprio di Shadows o Beatles o Rolling Stones, arrangiati però in maniera personalizzata. Volevamo cioè cercare di essere originali nei confronti della moda musicale di quel periodo che consisteva nel tradurre in italiano pezzi famosi americani ed inglesi. Un ragazzo di nome Nino Smeraldi è stato il più prolifico autore delle prime Orme mentre io ho cominciato a scrivere quando siamo rimasti in tre, cioè con Toni Pagliuca e Miki Dei Rossi.
Nel 62/63 sono andato a scuola di musica, cosa che in quel periodo nessuno faceva. Il mio maestro era un insegnante di clarinetto che faceva parte della banda comunale di Venezia… mi sono appassionato alla teoria e solfeggio e ho dato esami da privatista al conservatorio ”Pollini” di Padova e questo mi è servito molto negli anni a venire. Io ho sempre scritto su rigo musicale, e ancora oggi in piena era digitale prendo appunti sui miei mille quadernetti.
Smeraldi se ne andò nel 70 e noi tre una volta rimasti soli abbiamo fatto “Collage” con tutti brani nostri. Egli era un chitarrista veneziano, era anche un universitario, un letterato e ci ha lasciato perché si sentiva il leader del gruppo e, anche se in fondo lo era, ad un certo punto cominciò ad apportare cambiamenti e prendere decisioni che noi non condividevamo. Così sono nati dei contrasti e lui se ne è andato. Più per divergenze artistiche che per motivi personali, anche se eravamo molto diversi. A questo punto, pur essendo e ritenendomi chitarrista, più per necessità che per propensione sono passato a suonare il basso. Ancora oggi se devo scrivere e comporre lo faccio comunque con la chitarra che resta in assoluto il mio strumento preferito pur essendomi appassionato in un tempo successivo al sitar.
Raccontaci del vostro primo successo
“Senti l’estate che torna” è una canzone di Smeraldi, ed era una canzone che faceva parte dell’ album AD GLORIAM. Fu uno dei primi pezzi che registrammo per questo disco con l’etichetta CAR JUKEBOX di Carlo Alberto Rossi, che è stato il primo a capire in quel tempo la creatività delle Orme. Tutto successe in una settimana…. Egli venne in sala di registrazione, e dopo averla ascoltata capì che era una canzone che andava. Doveva presentare un’artista per il “disco per l’estate” del ‘68 alla RAI e portò un cantante tradizionale come era richiesto in quel tempo, cioè Luciano Tajoli, ma anche un gruppo beat : in Rai era un periodo di trasformazione, di innovazione specie della radio, con molta voglia di novità e così quando sentirono la versione beat scelsero le Orme. Il “disco per l’estate” era in quel periodo una trasmissione veramente importante, come e forse più di San Remo… quando arrivammo in finale a Saint Vincent non eravamo nessuno e dopo un solo passaggio in TV tutti ci riconoscevano. Pensa che eravamo arrivati con il nostro furgoncino senza che nessuno ci degnasse di qualche attenzione, mentre al ritorno tutti ci rincorrevano e ci suonavano il clacson per salutarci. Eravamo famosi. Diventò un successo come 45 giri, ma era comunque un pezzo dell’ LP “Ad Gloriam”, anche perché la nostra filosofia era quella di seguire un percorso specifico all’interno di un album dando meno importanza alla singola canzone. “Ad Gloriam” infatti, uscito nel ’69, era pieno di sperimentazioni musicali che ci erano musicalmente più consone alle pur presenti canzonette.
Ma il successo vero quando è arrivato?
Il successo vero è arrivato nel ’70. C’era aria di musica diversa, di progressive e la conferma la abbiamo avuta quando siamo andati al mitico festival dell’isola di Wight, sentendo un sacco di gruppi famosi a livello mondiale. Capimmo che la musica era cambiata ma specialmente fummo contenti di renderci conto che eravamo sulla buona strada con la musica che stavamo facendo. La consacrazione è arrivata con l’ LP Collage e più avanti con “Uomo di pezza” e “Felona e Sorona”, un album concept stampato in un secondo tempo anche nei paesi anglosassoni dall’etichetta Charisma (la stessa dei Genesis), con i testi nientepopodimeno che di Peter Hammill, cantante e paroliere dei Van Der Graaf Generator. Potrei raccontarti mille aneddoti, musicali e non, come quando siamo entrati di nascosto in un cimitero e ci siamo cosparsi il corpo di farina per fare la foto di copertina di Collage.
La ricordo bene perchè avevo il poster attaccato al muro di camera mia! Come procede la tua formazione musicale?
Con la chitarra sono stato autodidatta fino alla fine degli anni 70, poi ho deciso di prendere lezioni di chitarra classica, imparando molti brani che normalmente fanno parte del bagaglio del chitarrista, tipo “Romanzetta” di Mario Lago, “Asturias” e “Giochi Proibiti”. Tutto ciò mi è servito per affinare la tecnica di arpeggio con la mano destra quindi mi ritengo un arpeggiatore, mi piace il fingerpicking che mi diverto a suonare spesso con il thumbpick. Ho dovuto suonare il basso così come è successo a Paul McCartney (fatte le debite proporzioni, ovviamente) che non è nato come bassista. Ho studiato il loro libro bianco giapponese, è la mia bibbia, con la trascrizione di tutti i pezzi di Paul che è bassista ma suona come un chitarrista ed è fantasioso, uno dei più bravi.
Chi sono i musicisti che hai ascoltato e ritieni ti abbiano influenzato di più?
I già citati Shadows e Beatles, poi Chris Squire (anche se troppo veloce per le mie possibilità…), Jack Bruce ed Emerson, Lake & Palmer per il sound delle Orme. Quando sento una canzone con voce e chitarra le mie orecchie si “drizzano” subito. Amo John Lennon per l’efficacia di fare cose bellissime con tre accordi, poi mi piace molto Ian Matthews con le sue ballate di cui sono molto affascinato. In effetti sono appassionato di ballate, canti irlandesi, tutto quello che ha base folk, i Jethro Tull che hanno ballate ad estrazione popolare. Mi ritengo io stesso autore di ballate più che di “canzoni” che hanno uno sviluppo ben preciso… le ballate sono più libere. Secondo me “Gioco di bimba” e “Amico di ieri” sono ballate.
Come scrivi le canzoni? In genere arrivano prima le musiche o i testi?
La musica arriva con più facilità e spontaneità, mentre per i testi mi devo applicare di più. Le melodie comunque mi arrivano sempre prima, anche quando lavoravo con le Orme ed i testi li faceva Toni Pagliuca. In base poi ai testi certe volte la melodia può subire alcune variazioni.
Parlami dei chitarristi con cui hai suonato
Ho avuto la fortuna di suonare con bravissimi musicisti, sempre più bravi di me. La storia dei chitarristi delle Orme è sempre stata molto varia tanto che posso considerarne certi di “fissi” mentre altri hanno collaborato dall’esterno, come Tolo Marton che di fatto ha suonato con noi quasi solo per registrate il nostro disco Smogmagica. Posso citare ancora i bravissimi Ruggero Robin e Giorgio Mantovan, ma quello che ricordo con più piacere è Germano Serafin che ha suonato con noi per sei anni scrivendo anche canzoni per le Orme. Ricordo il suo provino per sostituire Tolo quanto ci impressionò per il fatto che in soli tre giorni si imparò tutti i nostri brani comprese tutte le parti di chitarra. Era molto ricettivo e bravo nonostante fosse giovanissimo. Devo dire che all’inizio ero perplesso ma Toni e Michi lo vollero e hanno avuto ragione. Ha poi coinciso con il momento per me più bello e completo delle Orme, quello di “Verità nascoste”.
Cosa rimane delle Orme?
Hanno preso una strada che non è più la mia. Resta comunque il ricordo più importante della mia vita e ringrazio i miei ex colleghi per un’esperienza unica durata 42 anni.
Qual è il presente di Aldo Tagliapietra?
Difficoltoso ma sono soddisfatto. Difficoltoso perché chiamarsi Orme è una cosa mentre il nome Aldo Tagliapietra (come del resto Toni Pagliuca o Michi Dei Rossi) è diverso. Devo sempre stare attento che nessun organizzatore, anche in totale buonafede citi il nome “Orme” che attualmente è controllato da altre persone e ciò mi crea apprensione ed un grosso dispiacere. Sono comunque soddisfatto dal punto di vista creativo specie per il mio nuovo disco, “L’Angelo rinchiuso” che mi sta gratificando da tutti i punti di vista, anche per la libertà compositiva ed espressiva.
Parlami del tuo recente libro autobiografico
Qualche tempo fa mia figlia Gloria mi dice che due giornalisti esperti di biografie avrebbero voluto scrivere un libro su di me… Mi hanno sempre fatto ridere quelle persone che si improvvisano scrittori per raccontare la loro storia, ma lo avrebbero fatto loro per me, quindi ho accettato. Abbiamo fatto una cinquantina di ore di intervista, specie su Skype, io volevo che il libro fosse scritto in un modo che mi rappresentasse, pensavo anche di non ricordare nulla del mio passato, ma poi iniziando a parlare mi sono venuti in mente tanti episodi, tante cose e mi sono stupito di tutto quello che ricordavo, quindi il libro è venuto fuori come se lo avessi scritto io con le mie mani. E’una cosa che ho fatto per i miei fans e non certo per guadagnarci. E’ stata anche un’occasione per dare la mia visione dei fatti e la mia interpretazione della realtà, cioè le mie “VERITA’ NASCOSTE”.