Dopo l’improvvisa scomparsa di John Renbourn lo scorso anno non riuscii a scrivere neanche una riga su di lui, tanto ero rimasto basito da questa sua improvvisa assenza. Era stato un mio mito da ragazzo, quando avevo scoperto i Pentangle e i suoi lavori chitarristici. Poi, con l’andar degli anni, ci siamo conosciuti e ho anche avuto il piacere di fargli i suoni in parecchi concerti, da solo, con Bert Jansch, con Jacqui McShee. Superata la scorza della sua apparente rudezza, era un uomo che amava chiacchierare mentre lavorava e nel dopo concerto, ti spiegava sempre il perché delle sue scelte, i preamplificatori che si portava in giro (per anni continuò a girare con un vecchio Barkus Berry del quale tutti sorridevamo, ma il suo suono era quello!).
Queste belle registrazioni potrebbero essere definite una sorta di testamento a fianco di Wizz Jones, altro eccellente chitarrista dell’isola, già compagno di scorribande sonore di Ralph McTell e di Bert Jansch. Joint Control è un disco registrato parte in studio e parte dal vivo, verrebbe da dire che è il tributo a Bert Jansch che John finora non aveva mai voluto prendere in considerazione: dai blues di Blues Run The Game, che ci riporta agli armi Sessanta e alla nascita della grande scuola chitarristica inglese nel solco del grandissimo Davey Graham (che lo stesso John non si stancava mai di citare come il maestro dei maestri), Strolling Down The Highway, Fresh As a Sweet Sunday Morning e la stessa Joint Control profumano di Bert. Si passa poi al buon vecchio blues di Big Bill Broonzy con Hey Hey e la Getting There di Mose Allison e naturalmente l’amatissimo Joseph Spence con una versione di Great Dream From Heaven, addirittura superiore nella sua vellutata cover di John e Wiz alla brillantissima incisione di Ry Cooder. E non pensiate che in questo disco Wizz Jones sia un semplice accompagnatore, erpchénon sarebbe da lui, che è invece musicista dal grande gusto e dalla grande cultura musicale, mai banale. La lenta Balham Moon è una sua composizione, così come l’idea di lanciarsi sul Dylan di Buckets Of Rain. Se amate il suono di certo folk chitarristico che unisce le due sponde dell’Atlantico, infine, la Mountain Rag di Archie Fisher fa proprio per voi.
Che grande gioia aver questo disco tra le mani e ascoltarlo nel lettore! Questo ci resta, grazie anche a un grande Wizz Jones, dell’ultimo periodo di John Renbourn: un ultimo giro di valzer di grandissima classe, che stempera quel senso di vuoto che la scomparsa di personaggi come lui e Bert Jansch lascia nel nostro cuore. Imperdibile!
Andrea Del Favero
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