Incontrai una ventina d’anni fa la giovanissima Lorraine Jordan, allora cantante e chitarrista di un groppo di un certo nome, i Malin Head: era figlia di Tom Jordan, un All Ireland Champion di flauto, cresciuta in Galles e trasferitasi ventenne a Edimburgo, I Malin Head eseguivano dal vivo quella che sarebbe poi diventato il suo hit dei primi anni Novanta, Wind of Freedom, e in quei giorni ebbi modo di ascoltare diverse sue composizioni. Ciò che colpiva era il piglio deciso, la grande freschezza, con le quali superava anche qualche sbavatura che con lo studio avrebbe poi eliminato. Fummo facili profeti: nel giro di tre anni Lorraine Jordan avrebbe inciso il suo primo disco e sarebbe immediatamente diventata una stella di prima grandezza nel mondo del folk britannico, facendosi conoscere e apprezzare anche in America, Australia e Nuova Zelanda. Una carriera costellata di partecipazioni a festival e rassegne, intelligentemente contrappuntata dalla presenza di musicisti di grande livello nei suoi gruppi (da Niall O’Callanain a Steafan Hannigan, da Jimmy Faulkner a Neil Davey, da Tony McManus a Gill Hunter). La calda voce di Lorraine è diventata sinonimo di grande qualità nelle sue peraltro poche e ben misurate uscite discografiche, che l’hanno portata al top della considerazione da parte della critica. Suoi brani sono stati interpretati, tra gli altri, da John Wright e da Archie Fisher. Ora questo ultimo disco scorre nel lettore, finisce e lo facciamo ripartire e ancora la magia non si spegne: dieci canzoni sono di suo pugni, dolci, eppure dritte allo scopo, di sogni, d’amore, di chi ancora ha voglia e sa sperare nel futuro. Una canzone è di Susan Clark. Opera matura di un’autrice di gran vaglia al massimo della sua maturità, che oltre a cantare, si divide tra chitarra e bouzouki, affiancata da una gruppo di musicisti fantastici: Laka D al piano, Jenny Maidman alle chitarre acustiche ed elettriche, slide e basso; Roy Dodds alla batteria e percussioni; Neil Davey al mandolino; Kate Baker al violoncello; Richard Jones alla fisarmonica; Sarah Beattie al violino; Steafan Hannigan all’uillean pipe; Sharleen Linton: backing vocals. Produzione, della stessa Jordan e di Debbie Dickinson, davvero encomiabile. Da ascoltare e riascoltare e tenere vicino al cuore.
Andrea Del Favero
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