Avrebbero potuto essere fra le sorprese di Folkest 2013, invitati in quanto vincitori delle rigorose selezioni di “Suonare@Folkest – Premio Alberto Cesa”, ma uno sfortunato incidente stradale pochi giorni prima del concerto ha negato alla formazione bergamasca la possibilità di partecipare. Niente di irreparabile, ma la sorte dispettosa ha voluto lasciare il segno. Consoliamoci allora con questo simpatico Cd autoprodotto che gli Abacà hanno registrato da qualche mese e che, grazie alla registrazione in presa diretta effettuata con la consueta perizia da Dario Ravelli e il team di Suonovivo, mantiene intatta la freschezza esecutiva che è la cifra stilistica caratteristica preferita dal quarttetto orobico. Essenzialmente, musica per far ballare, musica funzionale secondo la classificazione di genere messa in atto da molti e quindi, si sottintende, un po’ di serie B. E invece no. Almeno in questo caso, nel quale si dimostra che non necessariamente la musica per danza deve essere ripetitiva e cadenzata a dismisura, “abbellita” da quegli arrangiamenti stratificati che tanto facevano inorridire il compianto Roberto Leydi, stanca riproposta di melodie strasentite finalizzate a muovere i piedi quasi passivamente. Partiamo proprio da questo: gli Abacà sono autori dei brani che suonano, e non è poco se si pensa alle repliche delle repliche che usualmente zavorrano il mondo del bal-folk; gli Abacà hanno un organico curioso e originale in cui spicca la presenza –insieme a quella più scontata di fisarmonica e chitarra- di fagotto, clarinetto, banjo tenore e bouzouki; gli Abacà hanno le idee sufficientemente chiare in merito a cosa vuol dire fare musica d’insieme. Tre fattori decisivi che ce li fanno particolarmente apprezzare, inducendoci a intonare esultando: “il bal folk è vivo”. www.abacafolk.com.
Roberto G. Sacchi
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