Uno dei chitarristi fingerstyle italiani più prolifici, ha aperto concerti per James Taylor, Carlos Nunez e i Byrds, ha suonato in varie tournee in USA, Francia, Germania, Slovenia e Croazia.
Cominciamo, come sempre, con un po’ di storia della tua maturazione musicale e artistica?
Sono certo che le prime esperienze con il piano mi hanno aperto molto la mente, anche se ad un certo punto ho capito che la chitarra aveva un potere seduttivo ed evocativo molto maggiore. Mi posso definire quindi un autodidatta nel senso più vero del termine, in quanto ho seguito le lezioni di chitarra della “strada”, rubacchiando da sempre (anche adesso…) tecniche e sensazioni da tutto questo mondo e da chiunque mi possa affascinare, per le sensazioni che mi dà. Per quanto riguarda i chitarristi a cui mi sono ispirato, partirei dai primordi con Lucio Battisti, che già trattava abbastanza bene il suo strumento, e di sicuro Francone Mussida. Poi ho cominciato a conoscere gli americani e qui posso citare Stephen Stills per i suoi solismi percussivi, David Crosby per le sue accordature “aperte” (modificate), James Taylor e Joni Mitchell per il loro stile complicato e sofisticato. Dopo, negli anni ’80, è arrivato Mark Knopfler che da solista dei Dire Straits è riuscito a portare uno splendido rock elettro-acustico in un periodo in cui imperava la musica punk. Dagli anni ’90 in poi finalmente ha cominciato ad emergere una dimensione di chitarrismo acustico solista, non legato a canzoni con testi né a gruppi. Questa musica, erroneamente definita New Age, non pretendeva di lanciare messaggi al mondo, ma desiderava comunicare attraverso le sole corde della chitarra. Non posso non ricordare Michael Hedges, il quale per primo ha esplorato dimensioni chitarristiche sconosciute ed il caro amico Tommy Emmanuel, il più grande ambasciatore mondiale della chitarra, un artista a 360 gradi che riesce a stupirti, divertirti, commuoverti.
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