Ecco una serie di cd in grado di soddisfare anche i palati più esigenti. Ce n’è davvero per tutti i gusti. E sono tutti ottimi dischi. Enjoy!
GRANT DERMODY
LAY DOWN MY BURDEN
Autoproduzione, 2010
Grant Dermody è un bravissimo armonicista, cantante e compositore originario di Seattle, nello stato di Washington. Molto apprezzato anche per la sua attività didattica, Dermody si esibisce abitualmente in trio acustico con Orville Johnson e John Miller o in coppia con il chitarrista Frank Fotusky, tutti presenti in questo lavoro. Profondamente influenzato da armonicisti come DeFord Bailey e Sonny Terry, nel corso della sua lunga carriera Grant ha calcato il palco anche con grandi bluesmen come Honeyboy Edwards, John Cephas & Phil Wiggins, Big Joe Duskin, con il mio amico Guy Davis; e ha lavorato con musicisti del calibro di Dan Crary. Da alcuni anni collabora assiduamente con un altro mio grande amico Eric Bibb (anche lui presente nel disco) con il quale ha spesso suonato in duo. La sua armonica dal suono dolce e rotondo compare in due album di Eric: “Get on board” (uscito in Europa come “Spirit I am”) e “Booker’s Guitar”. Dermody ha lavorato anche con il padre di Eric, il grande folk singer Leon Bibb. Questa è la sua terza prova come solista dopo il pregevole “Crossing that river” del 2003. Il disco contiene sedici tracce in cui Grant suona dell’ottimo country blues acustico con frequenti escursioni nel folk e nell’old time. Quella di Dermody è una musica fresca, delicata e gentile, mai sopra le righe ed eseguita con pochi ma efficaci strumenti. Una chitarra, un violino, un banjo e poco più. Tra classici, traditional e composizioni originali quello che viene fuori non è solo la maestria di Grant all’armonica; ma anche e soprattutto il suo approccio filosofico alla vita fatto di valori semplici, come l’affetto dei familiari e il rispetto per la natura. Di gran pregio tutti gli ospiti coinvolti: i già citati John Cephas (qui nella sua ultima incisione, una straordinaria versione di “Hard Times Killing Floor Blues” di Skip James), Eric Bibb e Orville Johnson a cui si aggiungono di volta in volta Darick Campbell, Rich Del Grosso, Rich Hill, Joe Filisko, Mark Graham, John Dee Holeman, Louisiana Red, Del Rey e tanti altri. Tra le canzoni che ci hanno maggiormente colpiti “I’ll Be Alright” del Reverendo Gary Davis, “It’s My Soul” splendida rilettura di una bella song di Ronnie Earl, una dolcissima “Amazing Grace”, “Hard Times Come Again No More” di Stephen Foster (cantata a cappella), “Waterbound” di Dick Powell, i traditional “Twelve Gates To The City” e “David’s Cow”, l’evocativa “Evening Train” (scritta dallo stesso Dermody); la toccante “So Sweet”, “You Don’t Have To Go” di Jimmy Reed e “Vajra Guru Mantra” sommessa supplica tibetana. Un disco di grande spiritualità dedicato da Grant ai propri genitori e alla moglie Eileen, scomparsa non molto tempo fa. Una compagna di vita che un giorno in pochi versi intrisi di saggezza riuscì a sintetizzare il significato dell’ esistenza, quando disse: “La nostra vita è tutta racchiusa in una poesia, in una preghiera e in una canzone d’amore”. Parole sante, parole che scaldano i cuori proprio come le canzoni di questo piccolo grande cd.
Per richiedere il disco o per saperne di più:
www.grandtdermody.com
BOB CORRITORE and friends
HARMONICA BLUES
Delta Groove DGPCD139, 2010
Sono passati quarant’anni da quando Bob Corritore ha portato alla bocca la sua prima armonica.
Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti e Bob Corritore si è costruito una solida reputazione come musicista, deejay radiofonico e produttore. Bob è anche molto rispettato tra i suoi colleghi bluesmen sempre pronti ad accorrere al suo richiamo. La sua carriera solista non è stata molto prolifica: un disco nel 1999, registrato dopo oltre venti anni di carriera per la Hightone con numerosi e rinomati ospiti e poco altro. In anni più recenti, Corritore ha inciso anche un paio di pregevoli lavori in compagnia di Dave Riley, stimato bluesman del Mississippi. Ha inoltre partecipato all’incisione di tantissimi dischi sia come musicista sia come produttore. Originario di Chicago, città dove è nato nel 1956 , lì Bob ha frequentato diventandone poi amico e discepolo, personaggi del calibro di Louis Myers, Eddie Taylor, Robert Lockwood Jr, Big Leon Brooks, Little Willie Anderson, Lester Davenport, Little Mack Simmons e tanti altri. Nel 1981 Corritore si trasferisce a Phoenix in Arizona dove dal 1984 gestisce per diciannove anni il “Rhythm Room”, un locale di culto in cui invita a suonare i più bei nomi del blues contemporaneo. A tutti i grandi musicisti che passano per il suo club, Bob propone di incidere almeno una song con lui; una proposta che tutti accettano in buon grado, apprezzando il talento musicale di quel giovane musicista di chiara origine italiana.
Anche questo cd si muove sulla strada già tracciata dal lavoro del 1999 per la Hightone e contiene brani registrati dal 1989 al 2009. Tanti ospiti illustri, alcuni addirittura leggendari, a cui si aggiunge brano dopo brano l’armonica sempre perfetta in ogni stile ed esecuzione di Corritore, musicista discreto e di grande esperienza che pur non cantando, riesce sempre a dare una connotazione piuttosto personale ad ogni performance. L’album si apre alla grande con l’inconfondibile voce di Koko Taylor. “What Kind of Man is This” è un ottimo brano che ci fa subito sentire nostalgia per la regina del Chicago blues scomparsa non molto tempo fa. Nella canzone, e si sente, ci sono due pilastri della Muddy Waters band ovvero Bob Margolin alla chitarra e Willie “Big Eyes” Smith alla batteria. Alla Taylor fa subito seguito “Tell me ‘bout it” un bel brano, tra i migliori dell’album, affidato alla voce e alla chitarra di Louisiana Red che cede poi il passo a “Things You Do” registrato con Dave Riley, abituale partner di Bob. L’incisone con Nappy Brown risale al lontano 1998. “Baby Don’t You Tear my Clothes”, la canzone da lui proposta, ci regala ancora una volta la sua piacevolissima voce espressiva e profonda come sempre. Qui alla chitarra c’è il grande Kid Ramos. “1815 West Rosevelt” è l’incisione più vecchia (ma solo a livello di data) e risale al 1989. Si tratta di uno strumentale composto dallo stesso Corritore in cui spicca il sax di Eddie Shaw, già alla corte di Howlin’ Wolf. Forse non tutti sanno che il vero autore del classico “That’s All Right” è Robert Lockwood Jr., un autentico monumento della musica blues che ha imparato dal grande Robert Johnson e contribuito al successo di Muddy Waters, Little Walter e tanti altri. Inciso nel 2001, poco tempo prima della scomparsa di Lockwood il brano, complice anche il piano di Henry Gray, ha un incedere commovente ed emozionante. Da sola questa canzone vale l’acquisto dell’intero cd . “Tin Pan Alley” è uno slow blues con la voce di Big Pete Pearson e l’armonica di Bob sugli scudi; mentre la vocalità di Tomcat Courtney caratterizza “Sundown San Diego”. Il “Big Chief” Eddy Clearwater è ancora in forma smagliante e “That’s My Baby” ne è la testimonianza più lampante. La successiva “Things have changed” dimostra invece perché Henry Gray era considerato e a ragione uno degli ultimi grandi pianisti e cantanti della scena blues di Chicago. Pinetop Perkins ha quasi cent’anni ma quando canta e suona ne dimostra almeno ottanta di meno. Basta ascoltare la sua “Big Fat Mama” per rendersene conto. Sul finale quattro canzoni di gran pregio. Lo scoppiettante Chief Schabuttie cantando come Howlin’ Wolf ci regala una travolgente “No More Doggin’” mentre Honeyboy Edwards, altro decano del blues, ci fornisce una convincente versione di “Bumble Bee” qui in versione rigorosamente acustica. Carol Fran grandissima cantante mai troppo osannata rende benissimo la sensuale”I Need To Be Bed’d With”; mentre il gran finale è affidato ad un’autentica leggenda del soul blues, ovvero alla voce e alla chitarra di Little Milton che ci fa omaggio di una straordinaria versione della sua “6 Bits In Your Dollar”. Bravissimo Corritore non solo come armonicista, ma anche nell’aver saputo coordinare tutte le registrazioni in modo che tutto scorresse in maniera naturale: liscio come l’olio. Sembra infatti che tutti i musicisti abbiano registrato nello stesso periodo e con la medesima band. E questo è un pregio. Un lavoro di post produzione davvero da applauso. Se vi piacciono l’armonica e il Chicago blues (ma non solo) questo disco fa sicuramente per voi.
Per saperne di più:
www.bobcorritore.com
www.deltagroovemusic.com
THE GOLDEN GATE QUARTET
INCREDIBLE
DixieFrog DFGCD 8700, 2010
Il Golden Gate Quartet è stato senza ombra di dubbio uno dei gruppi afroamericani di musica gospel e spiritual di maggior successo. Il gruppo nasce con il nome di Golden Gate Jubilee Quartet a Norfolk in Virginia nel 1934. Partito come un tradizionale “jubilee quartet” dallo stile morbido ed elegante, con il passare degli anni e il variare delle formazioni, il Golden Gate Quartet comincia ben presto a inglobare nel proprio sound ritmi e melodie mutuate dal blues e dal jazz, senza mai tuttavia perdere il proprio tratto raffinato e squisitamente moderno, almeno per quegli anni. Il loro primo disco risale al 1937 e viene pubblicato dalla Bluebird, una sussidiaria della Victor. Il brano si chiama “Golden Gate Gospel Train” e già contiene tutti i tratti caratteristici del loro stile: la ricercatezza delle loro armonie vocali, la loro squisita arte di superbi improvvisatori e l’incredibile capacità di “vocalizzare” i rumori di un treno, di un’automobile o quello di strumenti come il sax e la tromba. Il quartetto diventa ben presto popolare in tutti gli States apparendo nei primi anni Quaranta in numerose pellicole hollywoodiane tra cui il celebre film del 1948 “Venere e il professore” in cui il cui gruppo recita e canta con due autentiche star dell’epoca: Danny Kaye e Louis Armstrong. Il Golden Gate Quartet è stato ed è tuttora uno dei gruppi gospel più conosciuti e imitati al pari dei Blind Boys of Alabama e dei Soul Stirrers di Sam Cooke. Il quartetto è stato uno dei primi gruppi ad infrangere le barriere razziali esibendosi per un pubblico composto sia da neri che da bianchi persino nel famoso spettacolo “From Spiritual to Swing” organizzato la vigilia di Natale del 1939 dal famoso produttore John Hammond alla Carnegie Hall di New York. Oggigiorno il gruppo, che nel frattempo si è trasferito in Francia, ha come leader il tenore Clyde Wright (classe 1928!) che si è unito al quartetto nel lontano 1954. Gli altri membri sono: il baritono Paul Brembly arrivato nel 1971 su richiesta dello zio Orlandus Wilson, leggendario fondatore del gruppo; il basso Anthony Gordon e il tenore Frank Davis. Il cd è naturalmente ben suonato e ottimamente cantato; e contiene quattordici tracce tra grandi classici, antichi traditionals e brani scritti per l’occasione dall’attivissimo Wright che; nonostante la veneranda età; continua a comporre e a cantare con assoluta grande vitalità e passione. Essendo quasi coetaneo di Jimmy Carter dei Blind Boys of Alabama (classe 1932!). che come sapete conosco personalmente, mi viene da pensare che sia la musica spirituale a mantenerli entrambi così in forma e pieni di entusiasmo. Il cd ben si presta al periodo natalizio contenendo canzoni come la sempre bella ma inflazionatissima “Oh happy day” o “Christmas bell”, ben eseguite ma non prive di una certa stucchevole atmosfera che pervade un po’ tutto il lavoro. Non fatevi ingannare però dalle mie parole perché quando vuole Il Golden Gate Quartet sa come dare il meglio di sé. E lo fa innervando l’innata eleganza formale con grande feeling comunicativo, un feeling che si palesa in brani che profumano di tradizione e che portano il titolo di “Religion”, “Standing”, “Music up there” e “Jesus Christ is my name”; o in antichi inni che si perdono nella lunga e travagliata storia del popolo nero come “Yes Jesus Loves me”. Lussuosa come sempre in casa Dixiefrog la confezione in digipack che contiene un libretto bilingue (inglese e francese)di ben 40 pagine in cui si narrano con dovizia di particolari le incredibili vicende che hanno contrassegnato la vita del quartetto. Sul banner che appare sulla front cover del cd compare questa scritta: “Dopo aver colmato il divario tra gospel e spiritual Il Golden Gate Quartet è ancora qui a dimostrarci ancora una volta che la modernità, proprio come le mode e i costumi, è solo una questione di testa”.
Che dire di più se non che alla fine del disco c’è un interessante mini documentario sul quartetto.
Per acquistare il cd o per saperne di più:
www.dixiefrog.com
LOS FABULOCOS
Featuring Kid Ramos
DOS
Delta Groove Music DGPCD 142, 2011
A due anni dal loro disco d’esordio, ritornano, sempre su Delta Groove, gli esplosivi Fabulocos, la miscela è sempre la stessa e ruota intorno al Cali –Mex, cugino californiano del più celebre Tex –Mex. Los Fabulocos sono uno stringato quartetto chicano di latin, roots e blues in cui spicca la figura di uno dei più rinomati chitarristi blues degli ultimi anni: Kid Ramos bravissimo chitarrista già alla corte di James Harman, Fabulous Thunderbirds e Mannish Boys, solo per fare qualche nome. Gli altri componenti della “caliente” band sono: Jesus Cuevas alla voce, chitarra acustica e fisarmonica (nonché compositore di gran parte del materiale contenuto nell’album), Mike Molina alla batteria (entrambi militavano nei Blazers) e James Barrios al basso. Il disco è un’efficace, gustosa e divertente sintesi di conjunto, zydeco, musica latina, blues e buon vecchio e sano rock’n’roll. Ballate struggenti di stampo marcatamente roots si alternano a torridi boogie woogie, rumbe cubane, musica “nortena” e swinganti blues. A dar man forte alla band Big Manny Gonzales (anche lui membro dei già citati Blazers qui alla voce, rubboard e timbales), Raul Medrano (percussioni); e Ron Dziubla (sax). Non c’è molto altro da aggiungere se non che questo disco piacerà senza ombra di dubbio a tutti coloro che amano sound di grandi band come Los Lobos, Texas Tornados e Iguanas, artisti come il Dwight Yoakam di “Carmelita”, la straordinaria fisarmonica di Flaco Jimenez, Mingo Saldivar e Ponty Bone; e la musica di indimenticabili maestri come Doug Sahm, Chris Gaffney, Freddie Fender e Willy DeVille, il cui magnifico talento ci manca ogni giorno di più.
Cercate i Los Fabulocos nei migliori negozi oppure su www.deltagroovemusic.com
NORTH MISSISSIPPI ALL STARS
KEYS TO THE KINGDOM
Songs of the South Records/IRD, 2011
Jim Dickinson può stare tranquillo. La sua eredità musicale è in buone mani. Può continuare a vivere serenamente la sua nuova vita in Paradiso, dove è volato lo scorso anno. Questo disco a lui dedicato o meglio come è scritto sulla cover “prodotto PER lui”; lui che è stato uno dei più grandi produttori della storia, ne è la testimonianza più concreta. Luther Dickinson, Cody Dickinson (entrambi figli di Jim) e il possente Chris Chew, i tre musicisti che compongono i North Mississippi All Stars, hanno messo insieme un ottimo album, un disco che gira intorno a un riuscitissimo melange di rock, country, blues e gospel. Una miscela sonora che ha le radici affondate nel passato ma anche la ferrea volontà di lasciare un segno nel presente. “Keys to The Kingdom” è a detta di molti il disco più bello del trio e io non posso che essere d’accordo. L’album ha un suono molto roots, essenziale e i ragazzi si sono lasciati indietro i suoni psichedelici, funk e hip hop che erano presenti nei loro lavori precedenti.
Tanti gli ospiti (che i fratelli Dickinson frequentano per via del padre da quando erano in fasce): Ry Cooder, Mavis Staples, Spooner Oldham, Gordie Johnson ed Alvin Youngblood Hart. Il disco parte bene con il rock ‘n’roll genuino di “This A’Away”, un brano che sembra provenire da un vecchio disco dei Rolling Stones e che ci fa già capire quanto sia proficua l’esperienza di Luther Dickinson con i Black Crowes. La traccia due è una canzone tra country, blues e rock che ci riporta inevitabilmente ai Canned Heat di “Going Up The Country”, mentre la successiva “The Meeting”, immersa nel più puro “Mississippi hill country sound”, vede protagonista la voce dell’immensa Mavis Staples insieme alla bellissima slide di Luther. “How I Wish My Train Would Come” è un’ottima ballata roots rock con Steve Earle tra le pieghe e annuncia uno dei brani più belli dell’intero disco. Si tratta della canzone che dà il titolo all’album: una grande ballata rock con qualche nuance country in cui primeggiano la straordinaria chitarra di Luther (protagonista di un solo da brivido) e il piano commovente di Spooner Oldham. Molto bella anche la ripresa con una stacco di batteria che sembra provenire direttamente dagli anni settanta. E’ una grande canzone con una melodia che una volta entrata in circolo non si dimentica più. Tra gli altri brani degni di interesse c’è sicuramente “Let It Roll” forse il pezzo più bello dell’intero album. Sembrano gli Staples Singers degli anni in cui cantavano per Martin Luther King. Anche qui il lavoro della slide è a dir poco superlativo. Pregevolissima anche “Ain’t No Grave” altra ballata roots tra Dylan e The Band impreziosita da un grande amico di papà Jim, ovvero Ry Cooder. Le tracce nove e dieci vedono protagonista Alvin Youngblood Hart che si produce alla seconda voce, all’armonica e al mandolino. I due brani sono: “Ol’ Cannonball” un country blues solido e minimale e “New Orleans Walkin’ Dead” un pezzo quasi tribale tra le colline del Mississippi e la Louisiana. Sembra di ascoltare il Dylan di “Highway 61”. La traccia numero undici è un potente rock blues nella migliore tradizione sudista e conduce all’ultimo brano. Si tratta di un altro piccolo grande gioiellino: un “Piedmont blues” elettrico tinto di gospel degno dei migliori Hot Tuna.
Forse il concetto che sta dietro a questo bel lavoro può essere sintetizzato nelle belle parole di Jim Dickinson riportate all’interno della copertina in cui “Mudboy” scrive che lo spirito di questa musica risiede in “una magica corrente che dal sacro passato conduce all’ignoto futuro”.
Come dargli torto?
Cercatelo nei migliori negozi distribuito da IRD. Non ve ne pentirete.
MARCIA BALL
RADSIDE ATTRACTIONS
Alligator Records ALCD 4942 /IRD, 2011
“Roadside Attractions” è il quindicesimo disco solista di Marcia Ball. E’ un grande album in cui ad essere in prima linea sono soprattutto le sue composizioni. E’ un disco ispirato dai lunghi anni passati on the road e dalle esperienze acquisite nella vita di tutti i giorni. Ecco perché “Roadside Attractions” è probabilmente il suo album più autobiografico e uno dei dischi più emotivamente coinvolgenti che Marcia abbia mai inciso. Prodotto dal famoso cantautore, musicista e produttore Gary Nicholson (Delbert McClinton, John Prine, Vince Gill, Patty Loveless, New Grass Revival, Trisha Yearwood, Lee Roy Parnell, Wynonna Judd, Stephen Bruton e Seth Walker), “Roadside Attractions” trova Marcia Ball ad un picco creativo elevatissimo. Marcia ha scritto da sola o in compagnia di Gary Nicholson, Dan Penn e Tom Hambridge tutte le canzoni del cd, cosa peraltro mai accaduta nel corso della sua lunga carriera che dura ormai da quarant’anni. A perfezionare tutto il procedimento e ad aggiungere grande forza e affascinanti sfumature alla sua musica, un cast stellare di musicisti che sembrano il perfetto complemento al pianoforte e alla voce di Marcia. Nata a Orange in Texas nel 1949 in una famiglia in cui tutti i componenti femminili suonavano il piano, la Ball è crescita a Vinton una piccola cittadina della Louisiana. Fu a tredici anni, durante un concerto della grande Irma Thomas, che Marcia scoprì la grande forza della musica nera. Nel 1970 pensò di trasferirsi a San Francisco. La sua macchina si ruppe a Austin e la città gli piacque a tal punto che decise di fermarsi lì. Cominciò a suonare nei club cittadini con una band di country rock che si chiamava Freda And The Firedogs; fino al giorno in cui non ascoltò per la prima volta il più grande pianista di New Orleans. Marcia ha dichiarato più volte che quando incontrò Professor Longhair scoprì la sua vera direzione artistica. La Ball ha cominciato ad incidere nel 1978 per diverse etichette tra cui la Capital e la Rounder registrando anche per la Antone’s un disco di successo con Angela Strehli and Lou Ann Barton. Nel 1998 ha inciso un altro disco con altre due grandi cantanti, Tracy Nelson e Irma Thomas che è stata per anni, come ho già scritto, la sua principale ispirazione. Il lavoro venne anche candidato per un Grammy Award. Marcia ha anche suonato alla Casa Bianca con B.B. King. Il suo sodalizio con la Alligator Records è iniziato nel 2001 con la pubblicazione dell’acclamato “Presumed Innocent” premiato con un Blues Award come miglior disco blues di quell’anno. La stessa cosa avvenne con successivo “So Many Rivers”. Pianista straordinaria, la Ball nel 2005, 2006, 2007 e 2009, ha vinto il Blues Music Award come Piano Player of the Year. Molti se la ricorderanno al fianco del grandissimo Pinetop Perkins in “Piano Blues” il film di Clint Eastwood inserito nella celebre serie sul blues diretta da Martin Scorsese. Dall’uragano Katrina, Marcia ha spesso cantato per le vittime di quel disastro e la sua empatia con loro si può “sentire” attraverso la toccante ballata “This Used To Be Paradise”.
“Roadside Attractions” è una piacevolissima miscela di blues, ballate, rock ‘n’ roll, boogie woogie, swing, e musica di New Orleans. E’ un prezioso tesoro con undici perle e un diamante: la già citata canzone che Marcia ha dedicato al nonno pescatore.
Amerete questo cd sin dalle sue prime note. Fidatevi di me. Non resterete delusi!
ARTISTI VARI
ALLIGATOR 40th ANNIVERSARY COLLECTION DELUXE EDITION
Alligator Records ALCD 4942 /IRD, 2011
Alligator Records ovvero il blues in tutte le sue declinazioni.
Quella che a qualcuno a prima vista potrebbe sembrare l’ennesima compilation celebrativa in realtà’ è un prezioso lavoro fatto di ricordi, di confronto e di verifica che l’Alligator, preziosa etichetta nata a Chicago nel 1971, ha voluto dedicare a tutti coloro che come noi la seguono da anni. Un lavoro per rivivere insieme i primi quarant’anni di storia della mitica label. Per gli appassionati sarà senz’altro una grande gioia poter riascoltare brani che hanno fatto da colonna sonora a buona parte della nostra vita completamente rimasterizzati e rimessi a nuovo. Ma questa compilation sarà utile non solo a loro ma anche alle nuove generazioni. A tutti coloro che vogliono accostarsi seriamente a un genere che tanto ha dato alla musica moderna. I due cd contengono 38 brani per 157 minuti di musica in cui si può ascoltare davvero molto di ciò che la musica del diavolo ha prodotto negli ultimi quarant’anni. Quindi non solo “blues classico” ma, come è tradizione di casa Alligator il blues in ogni sua coniugazione: si va dal Chicago blues al blues acustico, dall’ hard blues al gospel, dal soul blues al blues rock sino ad arrivare a toccare lidi marcatamente roots. Tantissimi i nomi contenuti nell’album, tutti artisti di grande spessore. Eccoli in rigoroso ordine di apparizione: Koko Taylor, Albert Collins, Michael Burns, Tommy Castro, Lil’ Ed And The Blues Imperials, Guitar Shorty, Rick Estrin &The Night Cats, Marcia Ball, Roomful Of Blues, Smokin’ Joe Kubik & Bnois King, Son Seals, Buddy Guy & Junior Wells, Janiva Magness, Johnny Winter, Coco Montoya, Corey Harris, Luther Allison, Anders Osborne, Lonnie Mack & Stevie Ray Vaughan, Albert Collins/Robert Crey /Johnny Copeland, Eddy “The Chief” Clearwater, Hound Dog Taylor, Elvin Bishop & Little Joe Smothers, James Cotton, Shemekia Copeland, Professor Longhair, Charlie Musselwhite, Roy Buchanan & Delbert McClinton, Mavis Staples, Tinsley Ellis , Eric Lindell, Saffire, The Holmes Brothers, Katie Webster, William Clarke, Buckwheat Zydeco, J.J. Grey & Mofro. Che dire di più? Se tutto ciò non vi dovesse bastare posso aggiungere che allegato ai due dischi c’è un ricchissimo libretto con tutte le biografie degli artisti redatte personalmente da Bruce Iglauer fondatore e anima dell’etichetta di Chicago. C’è anche una breve, intensa e commovente storia dell’Alligator sempre raccontata da lui. Sintetizzando potrei affermare che acquistando questo cd non vi porterete a casa solo dell’ottima musica; o come la chiamerebbe Iglauer dell’autentica e genuina “house rockin’ music,” ma anche un pezzo di un’indimenticabile epopea durata quarant’anni e destinata a continuare nel tempo . L’epopea di un uomo che alla fine del booklet ringrazia la moglie per averlo circondato d’affetto in tutti questi lunghi anni, nonostante il fatto che lui avesse un’altra donna. Una donna chiamata Alligator.
Lo trovate nei migliori negozi distribuito IRD.
Per saperne di più www.alligator.com
P.S. Il primo disco dell’Alligator fu di Hound Dog Taylor che Bruce Iglauer scoprì quasi per caso in un juke joint di Chicago. Ecco il suono grezzo, genuino e ruspante che fece scaturire la scintilla che diede vita all’etichetta. E’ un brano live registrato con mezzi di fortuna ma dentro c’è tutta la potenza emotiva del blues. Sentire per credere! Naturalmente il brano è contenuto nella compilation.
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