di Rosario Pantaleo
Ten da chent…Tieni da conto…. Quante volte i nostri genitori oppure i nostri zii e nonni ci hanno detto queste parole nei dialetti più disparati. Tenere da conto significa, soprattutto, non perdere non le radici, non dimenticare quella che è l’essenza profonda degli insegnamenti ricevuti. Tenere da conto come arte della memoria, del rispetto del passato per rendere migliore e più ponderati i passi del futuro. E nome migliore non potevano darsi i componenti dei Tendachent, che da dieci anni, portano avanti, con coraggio e determinazione, i percorsi intrapresi, dalla gloriosa formazione de La Ciapa Rusa che con Maurizio Martinotti (autore di quasi tutti i brani dell’album) e Bruno Raiteri sono l’elemento di passaggio dal vecchio al nuovo. Sono già passati quattro anni dal precedente La valle dei Saraceni eppure il tempo sembra davvero essersi fermato e questo nuovo lavoro, Arnèis, sottolinea in maniera ancora più marcata il grande amore per le musiche tradizionali che i componenti dell’ensemble possiedono e diffondono con grande perizia. Tenendo conto dei dieci anni di esperienze concertistiche dei Tendachent e dei venti anni vissuti come La Ciapa Rusa, si riesce a percepire il senso dello straordinario lavoro messo in campo dai musicisti reduci, ma anche di coloro che dei Tendachent sono oggi elemento forte e fondamentale, Enrico Negro e Marco Basilio (con l’ausilio percussivo di Gigi Biolcati). Arnèis, arnesi, vuole essere il senso profondo del rapporto che esiste tra i musicisti ed i propri strumenti musicali, tra l’idea artistica che nasce dalla fantasia e che riesce ad essere estrinsecata grazie all’utilizzo degli strumenti, in questo caso tutti assolutamente acustici. Un lavoro profondo e ricco di spunti, Arnèis, che riesce a farsi ascoltare con grande attenzione sia per la leggerezza di cui è composto, ma anche per la profonda ancestralità di cui è intriso. E’ un album nuovo e, nel contempo, antico. Nuovo perché suonato con un’enfasi quasi da concerto rock, con profusione di passione e sudore. Antico perché trasuda di occhi, volti, sguardi, ricordi, storie lontane nel tempo e capaci, però, d’essere straordinariamente attuali perché ci afferrano la memoria e la rendono concreta al nostro cuore, al nostro animo. Un album da ascoltare con profonda attenzione, quasi in religioso silenzio per assaporarne i sapori intensi e veri di un passato che, comunque, è sempre, fortunatamente presente. E tale, grazie a percorsi artistico-culturale come quello proposto dai Tendachent, vogliamo che rimanga. Un plauso anche alla registrazione e al mixaggio che riportano fedelmente un suono delicato e vivo come quello generato da strumenti acustici.
Tendachënt – “Arneis” (CD)
Folklub / Ethnosuoni – ES5383, 2009
tiziano dice
l’ultimo grande disco di Martinotti,
peccato per la produzione: i suoni (soprattutto le tonalità più gravi, archi e percussioni) spesso sono impastati e confusi. la voce troppo “secca”.
inoltre Maurizio, nel canto, mostra molta fatica e incertezza (soprattutto rispetto ai lavori precedenti).
ottimo Enrico Negro, secondo me il vero “fuori classe” del gruppo.