Si avverte la necessità di opere come Arrivederci Italia, quinto CD di Ennio Rega, pubblicato dall’etichetta indipendente Scaramuccia Music, imperniato su di una canzone d’autore che pur mettendo al centro il testo, il messaggio, non riduce il vestito sonoro a mera cornice né si appiglia alla sola tradizione melodica. L’autore d’origine cilentana, trapiantato nella Capitale sin dalla pre-adolescenza, oltrepassa i codici e le convenzioni della canzone facendo scorrere senza freni la parola cantata. Lo sguardo si posa sull’Italia di “cafoni e grosse balle”, sull’ annichilimento culturale di una grossa fetta del Paese, descritto in modo crudo ed ironico, disincantato e corrosivo, rabbioso ed irreverente che, in realtà, non significa rinunciare alla passione civile. Rega (pianoforte e voce) genera un effluvio sonoro, dispiega una scrittura musicale perfino eccessiva che cambia continuamente pelle, rinuncia a levigare le asperità che avrebbero potuto aprirgli le porte di una maggiore fruibilità mediatica. Si fa aiutare da una pattuglia solida di eccellenti collaboratori, lo svedese-calabrese Lutte Berg (chitarre), co-artefice degli arrangiamenti, anzitutto; gli altri partner sono Pietro Iodice (batteria), Luca Pirozzi (basso elettrico e contrabbasso), Paolo Innarella (flauti, sassofoni, fischio), Denis Negroponte (fisarmonica). Coinvolti anche Luigi De Filippi (violino), Massimo Picone (basso tuba e trombone) e Sergio Vitale (tromba). Rega è compositore versatile, raffinato ma anche a tratti spigoloso, che si diverte a mischiare umori colti e popolari (ma la distinzione ha ancora senso?). Nelle quindici canzoni (dodici brani inediti, lo squisito “Lo sciancato”, già pubblicato nel disco d’esordio, un tributo a Tenco e “Libertà” di Pessoa musicata) saltella da un clima sonoro all’altro, giocando con stili, ritmi ed influssi: dal jazz in forma di swing e ballad, alle virate folk, dagli echi caraibici alle tensioni rock. Esercizio superfluo quello di cercare modelli e somiglianze, perché Rega conserva un’autonomia espressiva, malgrado siano tangibili i richiami a personalità della musica d’autore di ieri e di oggi ci sono tutti: Ciampi, Conte, Capossela – solo per menzionare alcuni italiani; senza dimenticare la citazione diretta di Tenco di cui è ripresa “Ragazzo mio”, in una lettura personale, ma che, a dirla tutta, non è tra i punti di forza dell’album. Apertura con “Sbriciolo ai corvi”, vera e propria dichiarazione d’intenti. Il ritratto impietoso degli italioti ritorna in “Italia irriverente”, che si muove tra reggae sbarazzino e robuste virate rock. Rega scava tra le pieghe della marginalità urbana, mette in mostra crudezze, meschinità e debolezze di un’umanità notturna, crea vivide istantanee sonore in “La curva del gatto”, “La teppa dei marchettari”, “Giovannino”, “Lo sciancato”, “Rosa di fiori finti”, “Lungo i tornanti”. Il tema dell’immigrazione, specchio della xenofobia e del razzismo italiano, si impone nell’aggressiva “La buca”, in cui tra fiati traboccanti fa capolino un inciso Irish folk. Ci sono i ricordi dell’infanzia nel suo Cilento nella splendida “Ballata della via larga”, pagine autobiografiche si rivelano ancora nel rabbioso canto di “Il più labile dei dati”, nelle pieghe swing di “Io Lino e Lia” e nell’immediatezza vitale di “Porcapolka”.
Ciro De Rosa
Rega, Ennio – “Arrivederci Italia” (CD)
Scaramuccia Music – Distr. Edel, 2011
Lascia un commento