di Andrea Del Favero
Sotto la produzione di Hangvető e Cafè Budapest e grazie all’attenta direzione artistica di Balázs Weyer, ha avuto luogo a Budapest l’edizione 2018 di Budapest Ritmo, gran bel festival dedicato alla world music, con particolare attenzione per la vocalità e le presenze rom nella musica ungherese. Un festvial di musica di provenienza contadina in una grande città è comunque una sfida, anche se Budapest sotto questo punto di vista è una metropoli molto particolare. Preceduto da due giornate di lavori riservate agli operatori di settore, nel corso delle quali sono stati presentati interessanti progetti, come le manifestazioni a Timisoara in Romania, futura città europea della cultura, e soprattutto l’embrione di ciò che dovrà diventare la casa della cultura Roma a Budapest, un museo con due sale da concerto, spazi per biblioteche e scuole di musica… Su quest’ultima ci ritorneremo su, perché si tratta veramente di un’iniziativa fantastica!
Prima serata riservata agli show-case in un posto che sicuramente ammalia chi lo vede per la prima volta: Szimpla Kert, uno strano localie aperto in Kazinczy Utca in una corte del vecchio quartiere ebraico, soltanto parzialmente restaurata per una precisa scelta d’intervento. Molti avvenimenti si avvicendano in questa struttura, compreso un mercatino a chilometro zero la domenica mattina. E una visita alla vicina grande sinagoga di Budapest è assolutamente doverosa.
Dal 5 ottobre spazio alla programmazione del festival, nelle due sale principali dell’Akvarium Club, in pieno centro di Pest. Per chi dovesse recarvisi per la prima volta, raccomandiamo attenzione, perché l’Akvarium è infatti completamente sotterraneo, con l’ingresso posto al centro di una piazza con un’aiuola verde e finché non ci si arriva proprio sopra non c’è verso di vederlo.
Il primo gruppo a esibirsi, nella seconda sala per grandezza, sono i multietnici atlantici Coladera, formati da musicisti che provengono dal Brasile, Capo Verde e Portogallo, occumunati quindi dalla lingua portoghese. In realtà sono fisicamente divisi da ottomila miglia nautica tra loro, ma è interessante come al suono moderno brasiliano si affianchino una chitarra che sa di fado e di flamenco e il pulsare delle percussioni. Nel complesso gradevoli.
Ci si trasferisce nella sala maggiore per avvicinarsi a una delle formazioni più attese di questo festival, gli eterni giovani sudafricani Ladysmith Black Mambazo. Si esibiscono per la prima volta, nella loro lunghissima carriera, a Budapest. Diciamo subito che non hanno deluso le attese, nonostante qualche incertezza fonica, proponendo come sempre il loro approccio gioioso alla vita e alla musica, anche quando parlano della prigionia di Nelson Mandela, che non a caso, una volta presidente, li nominò Ambasciatori del Sud Africa nel mondo. Con il loro ultimo album hanno vinto per la quinta volta un Grammy Award. Chiaramente sono delle vecchie lenze che sanno come accattivarsi il pubblico, anche il più riottoso, e sfoderano con quasi infantile spudoratezza tutti i più infami trucchetti del mestiere. Alla fine, però, son capaci di travolgere anche i sassi con il loro entusiasmo e la loro bravura. Mestieranti? Sì, certo, ma che gran bello spettacolo!
Si cambia sala e si ritorna al piano superiore per vederci RedRed & Sena Dagadu Future Afrobeat Show: gruppo ungherese con cantante ospite dal Ghana. Ne abbiamo viste molte di queste produzioni negli ultimi anni, qui apprezziamo l’ottima qualità media dei musicisti e l’incisività della performance dal vivo, con molta elettronica e hip-hop in evidenza.
Giù di corsa di nuovo nel salone principale per saggiare i suoni dei Sabor de Gràcia: qui ci troviamo dalle parti della rumba catalana, davvero molto ben eseguita, anche se dobbiamo confessare che il genere, dopo la lunga italica ubriacatura per i Gypsy King, un po’ ci risulta affaticante. Bisogna comunque tener conto che quest’anno largo spazio è stato dedicato alla cultura Roma e quindi la loro presenza ha un significato preciso di documentazione dell’area franco-catalana.
Il tempo di una buona birra, mentre le rumbe si affievoliscono e vanno a finire, ed eccoci nella sala superiore con le finlandesi Tuuetar feat. Maija Kauhanen, star nascenti del folk-hop finnico. Tecnicamente molto brave, bella e accattivante presenza sul palco, hanno presentato un set vocale davvero notevole.
Gran finale con Tcha Limberger & Kalotaszeg Trio nella saletta del bar al primo seminterrato. Limburger è un ancor giovane violinista non vedente manouche innamoratosi della musica ungherese, seguendo le orme del leggendario Sándor Neti. Accompagnato da Rudi Toni alla viola e Viktor Berki al contrabbasso ha proposto un set carico di grandissima energia, che ha aperto le menti e le orecchie al gran finale di serate che di lì a poco avrebbe avuto luogo in un locale di Táncház non molto distante dall’Akvarium, con birra, balli e buona musica fino a tarda notte.
Il 6 ottobre approfittiamo della mattinata libera per attraversare il celebre Ponte delle catene (a proposito, è lì, solidissimo, dalla seconda metà dell’Ottocento, giusto per dire…) per recarci a Buda e salire alla Cittadella, per visitare la bella mostra di Frida Kahlo nei saloni del castello reale.
I concerti inizieranno nel pomeriggio e abbiamo tempo di goderci una lunga assolata passeggiata nella cittadella antica di Buda, prima di rituffarci nella musica con gli ungheresi Parasztok Atmoszférabán, interessante progetto che mescola house con folk, in un mix energico e spinte avanguardistiche.
Spazio poi agli sloveni Širom, che sinceramente non ci hanno convinto molto. Molto Seventies nell’approccio un po’ fricchettone alla musica, amano mescolare banjo, mirna e kalimba a percussioni e chitarre, in atmosfere aperte e libere, che alla fine non graffiano e non prendono nel profondo.
Molto piacevole invece il successivo Trio Da Kali, dal Mali. Hawa Diabaté, figlia del leggendario Mady Diabaté è stata chiamata la Mahalia Jackson del Mali e rappresenta la punta del movimento griot. Reduci da una nomination al Grammy per un lavoro discografico realizzato insieme al Kronos Quartet, hanno confermato dal vivo tutto ciò che di positivo si era sentito dire su di loro.
Gran festa nel salone principale grazie al gruppo proveniente dalla Serbia, Ekrem Mamutović Orkestar, già vincitori al celebre festival di Guča. I fiati della festa, scintillanti, come nella migliore tradizione.
Funk, R’n’B sulla scia della migliori produzioni dell’Afro-funk per Gili Yalo, un falasha etiope proveniente ora da Israele, dalla straordinaria voce; arcaico e futuristico al tempo stesso, molto ben accolto dal pubblico.
Dall’Ungheria e dalla Polonia sarebbe dovuta arrivare nel salone centrale la successiva proposta, dal nostro punto di vista una delle più attese, che vedeva i nostri amatissimi Muzsikás interagire con i polacchi Muzykanci, ovvero due delle nostre preferite formazioni del Centro Europa. Che dire?… La montagna ha partorito un topolino. Spiace immensamente, perché parliamo di amici, ma veramente il concerto è stato così deludente che a tre quarti del tempo loro concesso ci siamo allontanati per una buona birra. Slegati, confusi, farraginosi, oltretutto con un suono davvero non all’altezza. Un peccato…
La finlandese Maija Kauhanen ha chiuso la serata con il suo Kantele e le sue appassionate ballate. Spiace non capire i testi per giungere a una totale comprensione della sua musica.
Abbiamo rinunciato all’ultimo set, DJ IPEK, per incombente stanchezza.
Domenica 7 ottobre c’è ancora il sole, seppur un po’ velato, ma oggi si corre la Maratona di Budapest, con un numero infinito di concorrenti che attraversano di qua e di là i diversi ponti che uniscono le antiche città di Buda sulla sponda destra del Danubio e di Pest sulla sponda sinistra. Una grande festa coloratissima, con musica dal vivo in varie postazioni, per allietare concorrenti e spettatori.
Nel pomeriggio si ritorna all’Akvarium dove è in programma una giornata dedicata alla cultura Roma. La sala superiore è riservata ai giovanssimi Várkonyi Csibészek, un gruppo di straordinari talenti di etnia Roma, proveniente dalle nuove leve scolastiche a loro dedicate. Eccellenti,, con in più il valore aggiunto di trascinarsi dietro un pubblico eterogeneo, con una fortissima e coloratissima presenza rom, lo stesso che ritroveremo poco dopo nel salone principale dell’Akvarium per il concerto di Roma Ritmo, una sorta di piacevole follia organizzativa che vede all’opera i più significativi interpreti Roma dell’Ungheria: voci, suoni, danze, colori, che ci hanno consegnato un’immagine reale di quanto questa cultura sia parte integrante della vita reale e culturale dell’intera Ungheria al giorno d’oggi.
Un concerto bellissimo, che ha visto all’opera Andrea Balogh (Lakatos Mónika and the Gypsy Voices), Dániel Balogh (Lindri Band), József Anirosz Balogh (Romano Drom), Krisztina Balogh (Lakatos Mónika and the Gypsy Voices) Tibor Balogh (Romengo ), István Farkas (Ternipe ), Róber Bobi Frigur (Khamoro Budapest Band), Mária Horváth (ex-Lindri Band), Zoltán Horváth (Kanizsa Csillagai), Zoltánné Horváth (Kanizsa Csillagai ), Pál Király (Szolnoki Pali), A. Máté Kovács (Romano Drom), János Lakatos (Stefánó), János Guszti Lakatos (Romengo), Mónika Lakatos (Romengo ), Mónika Miczoura (Novák), Csaba Rostás (ex-Ando Drom ), Mária Rostás (Kék Láng ), Mihály Mazsi Rostás (Romengo), Mónika Rostás (ex-Ando Drom ), Tünde Rostás, ovvero un concentrato di talenti come raramente ci è capitato di vedere riuniti su uno stesso palco.
In conclusione una gran bella edizione di Budapest Ritmo, come di consueto ben orchestrata dall’equipe di Hangvető, coordinata ad alto livello da Balázs Weyer. Quattro giorni di sole, Budapest tirata a lucido e splendente, significativi incontri tra operatori e ottima musica. Noi il prossimo anno ci saremo sicuramente… vi aspettiamo là, davanti a una buona birra ungherese.
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