CORNER HOUSE CH 457,1997 – FOLK PROGRESSIVO/SCOZIA
Recensire “Caught Up” è difficile.
L’impressione è di essersi imbattuti in uno dei moltissimi gruppi che arrivano dalla Scozia (Corner House provengono da Edinburgo), pieni di buona volontà, indubbiamente preparati sotto il profilo tecnico, qui e là certamente anche dotati di felici intuizioni, ma privi di quello spunto e di quelle scelte che da “uno fra i tanti” potrebbero farli salire di grado.
Si ascolta così una sequenza di brani quasi tutti tradizionali, e quasi tutti, per fortuna, strumentali.
Va detto questo, perché effettivamente le parti vocali di quest’opera sono davvero deboli, prive di incisività, di modesto impatto, e sicuramente tutt’altro che memorabili.
Vogliamo pensare che sia stata la saggezza dei musicisti – resisi conto di ciò – a suggerire la presenza solamente di un paio di canzoni, e non, piuttosto, altre ragioni.
Certamente preferibili i medley strumentali, in particolare “The Old Favourite Set” e “The Red Crow Set”, che hanno nel crescendo circolare della melodia, caratteristico delle arie popolari, e nell’incalzare del ritmo, le note più positive.
Leo McCann con il suo button box (sorta di fisarmonica) guida la maggior parte delle composizioni, e la scelta, sicuramente non frequentissima (in altre formazioni ben più spesso il suo ruolo è lasciato al violino), appare indovinata, ed è forse la nota più interessante di un lavoro che solo a tratti riesce ad entusiasmare.
L’impressione è che Corner House possano essere una splendida band dal vivo, dove button box e fiddle si inseguono a ritmo sempre più forsennato, in un crescendo travolgente.
In studio, al contrario, non riescono a fare altrettanto.
Del resto, dopo tanti anni di grande musica acustica dalle isole britanniche, è oggi sempre più difficile trovare totale coinvolgimento in opere spesso tecnicamente perfette quanto emotivamente asettiche.
In fondo queste bands sembrano tanti figli di un grande passato che li schiaccia nell’incapacità di poter dimostrare una propria identità che non li faccia inesorabilmente ricondurre puntualmente a qualcuno dei padri fondatori.
E’ un strada davvero difficile, quindi, quella che attende Corner House ed i tanti gruppi che son loro vicini nello spirito e nell’approccio alla tradizione musicale d’oltre Manica.
Ben difficilmente, alla fine di questo millennio, si può pensare di potere dire qualcosa di nuovo, ed aprire orizzonti “sconvolgenti” come quelli che trent’anni fa ci spalancarono Steeleye Span, Fairport Convention e Pentangle, solo per citare i nomi più celebri.
Forse tutto ciò che rimane a queste “nuove leve” è la possibilità di offrire una serie di lavori che dimostrino come i semi gettati dai grandi padri non siano andati persi, ma abbiano generato degli ottimi allievi, più che degli eredi.
Ed anche Corner House, in questa prospettiva, potrebbero dire la loro, a condizione che la loro musica rimanga esclusivamente strumentale e priva di qualsiasi componente elettronica, che in “Caught Up”, per vero, fa rarissima comparsa.
Mauro Regis
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