Avevamo ancora addosso il suono delle possenti melodie di Tony McManus che, ancora dalla Gran Bretagna, si presenta Colin Reid che con la sua prima uscita discografica di diritto si inserisce nel gotha del chitarrismo britannico. Il chitarrista di Belfast ci stupisce per la tecnica, la passione, la musicalità ma soprattutto per la sensibilità con cui ci propone il suo mondo sonoro che fa sì che il suo album d’esordio sia uno dei più accattivanti della “guitar-music” britannica degli ultimi anni.
Prodotto dallo stesso Tony McManus l’album è un viaggio di largo respiro tra diversi mondi musicali tutti interpretati con maestria e sicurezza con uno stile personale che ha il coraggio di “abbandonare” la tradizione dei grandi maestri inglesi e scozzesi: tanto che non si trovano nell’album echi di Renbourn, Gaughan o Carthy, e la stessa DADGAD (l’accordatura per eccellenza della musica celtica) appare con misura, quasi in sordina.
L’album si apre con Bluefinger che, come ci racconta lo stesso Reid nelle note di copertina, è stato il primo pezzo che ha imparato dopo averlo sentito suonare da Marcel Dadi, ma l’interpretazione del chitarrista di Belfast supera il freddo tecnicismo che a volte caratterizzava la produzione dell’artista francese ridandogli swing vita e personalità ed è un po’ questo che caratterizza tutte le 16 tracce dell’album quasi tutte frutto della penna dell’artista nord-irlandese.
Colin Reid riesce con estrema facilità a passare da momenti di denso lirismo come in “Casting Shadow “o “Across the Field” a momenti irruenti con un pulsare sincopato del basso alternato come in “Table for One” o “I Don’t Believe”. o al jazzato “Griz’s Golden Ticket”, invece se volete rimanere sbalorditi dalla capacità tecnica ascoltavi l’intricato e intrigante picking in “Suzi Who?”
Lo stesso McManus fa capolino nel disco accompagnando con molta modestia il suo pupillo al mandolino e con un assolo di chitarra in due brani dal vago sapore celtico insieme in un piccolo ensemble che vede anche Neil Martin al violoncello e Catrona Mac Donald al violino, per il resto è solo la chitarra di Colin regina di note e melodie come nella superba e lineare ” Clewar Blue Light”.
Dopo averci fatto vagare tra suoni e colori diversi Colin ci saluta con un gustoso e sopra le righe “Black White Rag” suonato con la solita maestria su una chitarra classica; un po’ di respiro in attesa della prossima volta!
Colin Reid sarà a breve in Italia, non lasciatevi scappare un suo concerto.
Roberto Menabò
Reid, Colin – “Colin Reid” (CD)
Veesik Records – VKCD 102, 1998
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