di Andrea Del Favero
Maurizio Geri alla chitarra e alla voce, Jacopo Martini alla chitarra, Nicola Vernuccio al contrabbasso sono i bei nomi che si celano dietro questo strano nome di trio. e che nomi, direte voi… Certo, a scorrere la storia di questi musicisti e le infinite collaborazioni alle quali hanno dato vita negli anni c’è veramente da ripercorrere le tappe più luminose del folk e dello swing in terra italica dagli anni Ottanta ad oggi. Maurizio Geri, come molti sapranno, inizia la carriera collaborando per più di un decennio con Caterina Bueno, per passare poi al ruolo di chitarrista e voce solista della Banditaliana di Riccardo Tesi, e andando a formare uno dei gruppi storici del manouche italiano, il Maurizio Geri Swingtet. Jacopo Martini è invece il primo musicista italiano ad essere stato invitato al campus estivo Django in June come didatta e performer presso la Smith University di Boston. Ha suonato e registrato con un numero infinito di musicisti di valore, tra i quali: Angelo Debarre, Enrico Rava, Stefano Bollani, Tiziana Ghiglioni, Antonello Salis, Gianluigi Trovesi, Franco Cerri, Fabrizio Bosso, Claudio Fasoli, Lee Konitz, Giancarlo Schiaffini, Alfio Antico, Tino Tracanna, Matcho Winterstein, Tony Scott, Simone Zanchini, solo per citarne alcuni. Nicola Vernuccio, re fiorentino del contrabbasso, è uno dei fondatori della scuola del C.A.M. di Firenze, nella quale ha insegnato per diversi anni. E’ stato anche didatta nella scuola jazz di Volterra, in quella di tecniche di improvvisazione di Pisa e nella scuola di Cremona, dirigendo in quest’ultima anche il laboratorio orchestrale. E’ un musicista poliedrico nel senso che spazia dalla ricerca popolare (con il Cartacanta e con la cantante Gisella Alberto), alla musica classica, suonando in un’orchestra da camera, collaborando con scrittori, poeti, mimi, ballerini, attori, partecipando a rassegne teatrali di strada, per la regia di Alessandro Cassin e la musica di Butch Morris. Nel 1979, insieme al clarinettista Renato Cordovani portò in giro per l’Europa un gruppo da loro fondato che vedeva all’opera gente come Sean Bergin, Tristan Honsinger, Sandro Satta, Gunter Sommer, Riccardo Bianchi, Fabio Morgera e tanti altri. Ha suonato nell’orchestra del C.A.M. diretta da Bruno Tommaso insieme al quale ha promosso l’orchestra Jazz Concept, nella quale figuravano tra gli altri Gianluigi Trovesi, Albert Mangerlsdorff, Danilo Terenzi, Paolo Fresu, Renato Geremia, Filippo Monico, Tristan Honsinger, Eugenio Colombo, Sandro Di Puccio.
Nel loro far musica questi tre signori passano indifferentemente da uno standard di Titi Winterstein ad alcune loro bellissime composizioni originali, scritte da Maurizio e Jacopo: l’originalità della loro proposta è data dall’essere un gruppo tutto di corde, non vi sono clarinetti o fisarmoniche di sorta, ma solo le dita che corrono precise sulle tastiere delle chitarre in un continuo scambio di assoli strepitosi ottimamente sorretti dal sempre sorridente Vernuccio, che immaginiamo abbracciato come nei concerti al suo contrabbasso. Un contrabbasso che canta, che spinge quel mulinare di dita sulle chitarre, quell’intrecciarsi di melodie e quello scambiarsi i soli e gli accompagnamenti che danno un fascino particolare a questa musica.
Musica che, si badi bene, nel caso di questi musicisti è diventato in realtà un vero e proprio approccio culturale, uno stile interpretativo con il quale affrontare ogni tipo di brano e al quale piegare un canto popolare così come una nuova composizione. In questa grande forza interpretativa, che già era racchiusa nel Maurizio Geri Swingtet del quale tutti tra fanno parte, sta la bellezza dell’operazione del Djambolulu Swing Trio, con la particolarità, non da poco, di limitarsi (per modo di dire) agli strumenti a corde. Senza dimenticare la voce di Maurizio Geri, che da tempo è al top delle mie preferenze per quanto riguarda i cantanti dell’ambito folk in campo maschile. Ma chissà perché quel nome, direte voi… semplice, ci rimbeccano questi toscanacci… è un nome bizzarro costruito con le iniziali degli artisti che li hanno da sempre ispirati: Django Reinhardt, Boulou Ferré, Lulo Reinhardt.
Guai a non possederlo: è un autentico raggio di sole.
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