F.B. – Come siete venuti a conoscenza del concorso Suonare@Folkest e per quale motivo, principalmente, avete deciso di partecipare?
D. E.: Attraverso internet; così abbiamo deciso di partecipare per mettere in gioco la nostra musica e poter vivere il palco in un contesto differente dal solito.
F.B. – Parliamo di voi e della vostra musica: presentatevi specificando i singoli strumenti, il genere, perché lo avete scelto, da cosa traete ispirazione?
D. E.: Quest’anno i Domo Emigrantes compieranno sette anni di attività. Quando è nato il progetto eravamo in tre (Filippo Renna, Stefano Torre e Luca Consolandi) con l’intento di riportare la tradizione popolare musicale del Sud Italia essendo originari della Puglia, Filippo, e della Sicilia, Stefano. E’ ovvio che alla base di una scelta così importante, come quella di fondare un gruppo che si impegnasse fortemente in tutto ciò che può implicare promuovere una realtà musicale del nostro genere, non può mancare la giusta intesa e la passione per le proprie tradizioni, origini. Avendo percepito tali prerequisiti e iniziando ad avere i primi timidi consensi anche da parte del pubblico, dunque, non è stato difficile credere sempre di più nel progetto Domo Emigrantes autofinanziandoci e investendo in base alle proprie possibilità. Nel 2011 abbiamo pubblicato il primo lavoro “Domo Emigrantes – Musica Etnica Popolare” grazie al quale abbiamo iniziato a farci conoscere oltre i confini nazionali partecipando a Festival in Russia, Moldavia, Lituania e Francia. Dopodiché le idee non mancavano e nemmeno la voglia di spingerci oltre ed osare musicalmente in un certo senso; ecco perché il gruppo si è evoluto anche dal punto di vista della formazione con l’ingresso di Donato Pugliese al violino e di Ashti Abdo (saz, voce e percussioni) curdo della Siria che ha arricchito la nostra “mediterraneità” (passateci il termine) di sapori e colori specificamente mediorientali, che cercavamo. Abbiamo così iniziato a lavorare su ciò che avevamo in mente da un po’ di tempo e a testare i nuovi brani durante i nostri live. Il nostro ultimo lavoro, invece, è intitolato “Kolymbetra” anch’esso autoprodotto e pubblicato nel gennaio del 2015. Il nome del disco rimanda proprio alla volontà di aver riunito in dodici brani una commistione di suoni e colori provenienti dai vari popoli del bacino mediterraneo. Il singolo che abbiamo scelto come esempio tangibile della nostra produzione è stato il brano “Leucade” (inedito di nostra composizione che presenta un testo in dialetto salentino e delle sonorità greche) di cui abbiamo anche realizzato il video ufficiale reperibile su tutti i nostri canali social. Attualmente il repertorio eseguito durante i nostri concerti comprende brani tratti da entrambi gli album esibendoci nella nuova formazione in sestetto: Stefano Torre: voce, chitarra, bouzuki, mandolino, friscalettu, zampogna; Filippo Renna: voce, tamburi a cornice, percussioni; Ashti Salam Abdo voce, percussioni, tembûr (saz curdo); Lello La Porta: fisarmonica; Andrea Dall’Olio: violino; Gabriele Montanari: violoncello. Quando spesso ci chiedono il motivo per il quale abbiamo scelto questo genere musicale rispondiamo molto facilmente, in quanto, come credo spesso accade è il genere musicale che ti sceglie, che ci ha conquistato e “invaso” durante la nostra permanenza al Sud, da cui appunto traiamo ispirazione. Non si può non trarre ispirazione dall’immensità del mare con la sua forza rigenerante, dall’energia vitale di un sole quasi africano e da tutto ciò che ti fa sentire parte integrante di una terra magica e ricca di storia come lo è l’Italia intera.
F.B. – Da dove venite e com’è, dalle vostre parti, la situazione della musica dal vivo?
D. E.: La nostra esperienza di musica dal vivo a Milano e dintorni riguarda soprattutto teatri, pub e locali ARCI dove la musica sopravvive. Circoli ARCI e pub sono frequentati da gente di tutte le età e spesso autogestiti, ma è una buona realtà per farsi conoscere e creare un piccolo circuito musicale di conoscenze con sbocchi lavorativi interessanti. Per i teatri il discorso è differente, l’accesso è più difficile e il pubblico è più di nicchia anche a causa dei prezzi delle singole serate e degli abbonamenti, e si rischia di trovare pochissimi giovani in platea. Il modello da seguire potrebbe essere per esempio la Germania: a Berlino ci sono tantissimi giovani ragazzi che assistono, in infradito e maglietta, ai concerti della più grande orchestra del mondo, i Berliner Philarmoniker. Questioni di abitudine.
F.B. – Qual è il vostro rapporto con la musica tradizionale e il territorio di provenienza?
La musica tradizionale ha segnato il trascorso musicale soprattutto mio (Filippo) e di Stefano motivo per il quale abbiamo deciso di far nascere un progetto simile; naturalmente anche gli altri componenti, chi più o chi meno, hanno avuto esperienze musicali simili che hanno permesso loro di avvicinarsi sempre di più a questo affascinante mondo. Credo che la musica tradizionale debba essere prima di tutto sentita dentro, “nella pancia” come si suol dire, ed è per questo che partiamo sempre dalle nostre radici salentine e sicule soprattutto, per poi scoprire nuove sonorità non dimenticando mai da dove si proviene. Il territorio di provenienza segna la vita di ognuno in generale e anche se lo si lascia, per poi ritornarci non appena possibile, lo si porta dentro ovunque si vada. Lo si porta con sé con i suoi mille pregi e con i suoi altri e tanti difetti ma è lì pronto ad emergere ad ogni espressione dialettale nella vita di tutti i giorni.
F.B. – Torniamo a Suonare@Folkest: come vi siete trovati, cosa ricordate soprattutto di quella serata?
È stata una giornata molto lunga e faticosa, un po’ per il viaggio e per quel mix di tensione e adrenalina prima del gran finale. La location era indescrivibilmente bella e i fonici competenti e simpatici, questi due fattori hanno fatto da panacea offrendoci la tranquillità per affrontare al meglio l’ultimo scoglio.
Cosa ricorderemo? Il nostro nome pronunciato a fine serata per la proclamazione del primo gruppo classificato e l’abbraccio con cui ci siamo stretti dietro le quinte, nell’istante in cui abbiamo capito di avercela fatta.
F.B. – Che progetti avete in cantiere?
Dopo le tante soddisfazioni che ci ha regalato il 2016 sicuramente non vediamo l’ora di ritornare in studio per incidere un nuovo album. Il nostro ultimo disco “Kolymbetra” è stato premiato come miglior album del 2015 da Indie Acoustic Project per la sezione World Music e ciò non fa altro che scatenare in noi la voglia di continuare e provare a crescere per fare sempre meglio. Per quanto riguarda i nostri concerti, dopo una ricca estate in cui il “Kolymbetra Tour 2016” ha visto importantissime tappe in Italia e all’estero (Lione, Ibiza, Locarno, San Gallo, Istanbul) saremo impegnati nel nostro primo tour d’oltreoceano a Los Angeles dal 26 settembre al 9 ottobre, che vedrà la nostra partecipazione alla Metropolitan Fashion Week negli Warner Bros Studios di Hollywood in collaborazione con Ricardo Soltero (costume and set designer).
Progetti che hanno prtato bene ai Domo Emigrantes che, rduci da queste “avventure”, hanno poi fatto tappa a Cagliari per il Premio Andrea Parodi, dove, pur non vincendo il primo premio assoluto, hanno fatto comunque incetta di premi.
Lascia un commento