“Quando non sei sicuro di dove stai andando, è bene almeno sapere bene da dove arrivi”, questo è un detto presente in molte culture e che bene sottolinea la principale funzione che ha avuto in questi anni il revival della musica tradizionale: preservare una memoria. Ma il compito del revival – scusate se continuo ad utilizzare questo anglicismo retrò, ma trovo che sia difficilmente sostituibile da idonei termini latini – è anche altro. È quello di partire dalla musica tradizionale, dalla sua attenta conoscenza, per andare oltre. Verso lidi in cui qualche aspetto della musica folk possa approdare senza perdere completamente la propria specifica dimensione. Riempiendo di contenuto quell’etichetta abusata e svuotata di contenuto di “progressive folk”.
Bene tutto questo lo possiamo trovare in “Second Moviment”, il secondo disco dei Dreamers’ Circus, un ottimo trio acustico formato da due musicisti danesi – Rune Tonsgaard Sørensen al violino e Nikolaj Busk al pianoforte e fisarmonica – e un musicista svedese, Ale Carr al cittern, uno strumento della famiglia dei mandolini.
Già la presenza di un pianoforte, anche nel mondo progressive folk, può sembrare inusuale. Ma i bellissimi arrangiamenti del gruppo creano un muro sonoro in cui tutti i vari strumenti si incastrano perfettamente, per un ascolto piacevole e rilassante. Un ascolto che ben si adatterebbe ad una colonna sonora di un film e che riesce a sorprendere per l’intelligenza e leggerezza degli arrangiamenti. Arrangiamenti che non disdegnano anche di cimentarsi con un’interessante versione di un preludio di Johann Sebastian Bach. Insomma un disco che riporta l’attenzione sulla qualità della musica danese, sulla sua evoluzione, sulla capacità della musica contemporanea di portare echi della tradizione e avvicinarli ad un nuovo pubblico.
I Dreamers’ Circus sono una miscela di abilità tecnica e audace visione artistica, una miscela che già nel 2013 con l’album di debutto (“A Little Symphony”) aveva ricevuto non pochi premi in Danimarca.
La musica di “Second Movement” è costituita – a parte l’eccezione del Preludio da una Partita di Bach – da composizioni originali dei membri della band. Se il brano di apertura è probabilmente quello più vicino alle radici tradizionali, l’ascolto degli altri brani mostra lo sguardo del gruppo verso il futuro: un suono che sia al tempo stesso contemporaneo e antico. Un disco da ascoltare tutto d’un fiato. Le cose belle purtroppo durano sempre troppo poco…
Tiziano Menduto
GO’ Danish Folk Music GO0315
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