Di recente, in una ridente località della provincia italiana, si è tenuto un festival denominato “Gods of Folk”- Gli Dei del Folk”, articolato su una notte intera, nella quale sono state passate in rassegna le forze emergenti del metal-folk, dai nomi altisonanti di Elveking, Kalevala, Furor Gallico, Compagnia del Corno Nero e altri. Chi ci legge da anni sa quanto le nostre idee siano improntate alla massima liberalità e vogliano essere portatrici di assoluta indipendenza da ogni pregiudizio, ma il metal-folk (o folk-metal secondo un’altra accezione) merita due parole di riflessione. Innanzitutto, il titolo. I festival folk si sono sempre distinti per essere stati battezzati in maniera piuttosto sobria, utilizzando al massimo qualche innocuo gioco di parole: Folkest, Folkermesse, Cantè Magg, Ande Bali e Cante… giusto per citarne qualcuno. Francamente, scomodare gli “dei” per una rassegna musicale ci è parso piuttosto presuntuoso… Certo, anche il folk non-metal ha i suoi dei. Come non definire tali, fra passato e presente, personaggi del calibro di Woody Guthrie e Giovanna Daffini, Inti Illimani e Chieftains, Milladoiro e Bob Brozman e chi più ne ha più ne citi? Il fatto che ci permettiamo, molto umilmente, di far notare è che –con buona pace dei diretti interessati- Elveking, Kalevala, Furor Gallico, Compagnia del Corno Nero non ci paiono assimilabili nemmeno lontanamente a Woody Guthrie e compagnia bella sia per notorietà, sia per ruolo svolto nel progresso musicale, sia per altre minori (ma sostanziali) questioni di opportunità. Ma oggi ognuno è libero di autodefinirsi come vuole (basta guardare la televisione con occhio critico anche poche volte la settimana per rendersene conto) e chi obietta qualcosa o critica questo spiacevole andazzo ben che vada è un liberticida, magari anche comunista o eversivo come le toghe rosse di Milano o certi giornalisti coraggiosi che animano i talk-show di prima serata.
Ovviamente, non siamo stati invitati a “Gods of Folk” e quindi non possiamo riferirne in modo cronachistico né tantomeno artistico, non avendo la minima idea (ma qualche sospetto sì) di come i gruppi abbiano suonato e soprattutto di cosa abbiano suonato (d’altra parte, chi non conosce i Furor Gallico?). E questo non ci autorizza a esprimere giudizi. Però l’invito alla riflessione è ancora lecito in questo Paese –forse per poco, ma lo è- e quindi… Provate a sostituire la parolina “folk” con un altro genere musicale: che so, “Gli Dei del Liscio”, oppure “Gli Dei della Canzone d’Autore”, oppure ancora “Gli Dei della Musica Barocca” o “Gli Dei della Chitarra Fingerpicking” o “Gli Dei della Manfrina Polesana”. Tutte queste formule non sono forse una fonte di sana, irresistibile ilarità?
E comunque la memoria corre a una compilation in cassetta che acquistai da adolescente alla fine degli anni Sessanta (e che consumai nel mangianastri) intitolata “Gods of R&B”, nella quale figuravano artisti come Sam & Dave, Otis Redding, Aretha Franklin, The Temptations, Sly & The Family Stone… mica gli Elveking o i Kalevala, con tutto il rispetto, s’intende. La nostra piccola provocazione si ferma qui. Lunga vita agli Dei del “Folk”, augurandoci che questo monosillabo di origine anglosassone venga trattato con maggior rispetto negli anni a venire. Non so perché, ma qualcosa mi dice che sia una pia illusione.
Roberto Sacchi
Paolo Galloni dice
Caro Direttore, peccato perdersoi la rassegna. I Kàlevala (chissà se qualcuno tra isacerdotir degli dei sa dove vanno gli accenti scandinavi) li ho conosciuti agli esordi, per un desguido casual, come avrebbe detto Violeta Parra. Erano ragazzini rudimentali, ma devo dire che ammirarono con sincero stupore il mio hammered dulcimer ed espressero l’auspicio di inserire nelle loro registrazioni anche strumenti folk. Qualche anno dopo rividi il loro chitarrista a una session folk con Paolo Simonazzi protagonista, segno almeno che il folk gli interessava davvero. In fondo mi fa piacere che siano ancora in giro. Mi è anche capitato di ascoltare qualche brano del cd Damnati ad Metalla che tenta di italianizzare l’approccio barbarico di certe band scandinave cugine – non il mio genere c’è poco da dire. Lo stile è quello dei germani che escono dalla foresta all’inizio de Il Gladiatore, però con l’energia elettrica e senza foreste.
a presto
Paolo
alessandro nobis dice
forse erano “Dogs” del Folk.
Daniele Zoncheddu dice
Ciao, sono il chitarrista dei Kalevala e ho suonato al Gods of Folk a Casalromano insieme a band anche molto distanti dalla nostra concezione di “folk” e di musica in generale.
Capisco che il nome della manifestazione possa far storcere il naso ma ti assicuro che non c’era niente di pretenzioso o arrogante dietro questa scelta. Mi spiego: credo sia un semplice gioco di parole che ha come oggetto la più nota manifestazione Heavy Metal italiana, il gods of metal. Provenendo la maggior parte dei gruppi e del loro seguito la presenti da quel bacino di ascolti probabilmente è sembrato il nome più ovvio per gli organizzatori. Tenete anche conto che sulle riviste metal è invalso l’uso (deprecabile, a parer mio) di chiamare il genere folk metal semplicemente folk, forse perchè è l’unica cosa vagamente folk che sia mai passata per il loro lettore. Facendo musica che fonde elementi folk ed elementi rock nel senso più ampio e conoscendo e apprezzando molte formazioni folk di grande calibro vi invito a non chiudervi in una nicchia! Il che vuol dire che si possono tranquillamente disprezzare ( lo dico senza nessuna vena polemica) i gruppi che hanno partecipato, ma un po’ di curiosità non guasta mai. Chissà che non si riesca finalmente a creare una bella scena dove anche i metallari o chi ascolta i Modena City Ramblers possa finalmente rendersi conto dell’impatto live e della bellezza di un concerto dei Chieftains, dei Tannahill Weavers, di Whelan o dei Flook o degli Inti Illimani che tu hai citato e chi più ne ha più ne metta. Sarebbe bello che gli italiani sapessero CHE COS’E’ la musica folk , che non ha niente di vecchio, noioso. Che è da sempre un grande campo di sperimentazione.
Un filisteo.
alessandro nobis dice
Un po’ di ironia non guasta mai.
E soprattutto tanto di cappello a chi riesce ad esprimersi suonando.
Un sogno per molti, me compreso.
Aelahnor dice
Come sottolineato da Daniele Zoncheddu, il titolo voleva provocatoriamente fare il verso al Gods of Metal e trattandosi d’una manifestazione di musica folk-metal destinata ad un pubblico proveniente da un certo bacino specifico, quel titolo era perfettamente azzeccato, sicuramente accattivante/d’impatto, ironico ed immediatamente identificabile. Saltava subito all’orecchio la connessione al celebre GoM e di conseguenza costituiva un ottimo gioco di parole.
Indi, da un mero punto di vista della promozione, era un’ottima scelta.
Per altro sparlarne in un editoriale senza conoscerne i retroscena, il background dei gruppi presenti e quant’altro mi pare una lieve mancanza di tatto e di sensibilità nei confronti di chi vi ha preso parte oltre ad una grave mancanza di onestà “giornalistica” del trattare argomenti di cui evidentemente si sa poco e non ci si è neppure sforzati di documentarsi prima d’aprir bocca.
E tutto questo senza nulla togliere agli Chieftains, gli Inti Illimani e tanti altri grandissimi artisti folk, che anche io amo parecchio, e che di certo continueranno a fare il loro mestiere e troverebbero probabilmente ridicolo fare “polemica” sul nome d’una simile manifestazione canora…
Andrea Del Favero dice
Daniele, trovo molto bello quello che hai scritto e come l’hai posto.
Due anni fa FolkBulletin, sul suo supporto cartaceo, su stimolo del sottoscritto e del direttore, pubblicò un articolo sul fenomeno del folk metal, che iniziava ad essere maturo anche per l’Italietta nostra che come si sempre si accoda alle mode estere.
Quindi sensibilità e attenzione ci sono, Aelahnor (se questo è il tuo nome!?!).
Sottoscrivo invece, caro Daniele, l’esortazione a non chiudersi nella nicchia, come già ebbe modo di sottolineare due anni fa a chi criticò la mia paginetta su FolkBulletin.
Sul nome consentitemi di dissentire per due motivi: da un punto di vista della comunicazione è una scopiazzatura, meglio sarebbe stato sforzarsi a inventarne uno nuovo e di forte impatto, soprattutto se, come ci auguriamo, la manifestazione proseguirà negli anni. Secondariamente potrebbe generare confusione e irritazione e anche questo, dal punto di vista della comunicazione, non sembra essere un punto a vantaggio. Ma è opinione personale, e come tale può esssere tranquillamente considerata insignificante.
Daniele Zoncheddu dice
Mi permetto solo di segnalare il Brintaal Celtic Folk, una manifestazione molto “mista” in un luogo ameno, un modello di “convivenza musicale” molto interessante e contemporaneamente una festa riuscitissima.
Daniele Zoncheddu dice
P.S: Paolo, ti confondi con qualcun altro….