Ci sono dischi che si realizzano d’impulso, registrando traccia dopo traccia un susseguirsi piuttosto casuale di brani che, a giudizio degli autori e degli interpreti, fotografino al meglio la situazione attuale del gruppo o dell’artista. Poi ci sono i cosiddetti “concept album”, i progetti tematici che si sviluppano intorno a un’idea centrale fortemente condizionante, alla quale si ispirano e trovano ragion d’essere tutte le scelte artistiche, non solo musicali, che caratterizzano il disco. “El petun del diàul” (la scorreggia dei diavolo, nome popolare del soffione o tarassaco) appartiene sicuramente a questa seconda categoria, frutto dell’elaborazione intellettuale di un progetto stilistico e artistico che coinvolge tutto il prodotto: la parte musicale, senza dubbio, ma anche la copertina e il libretto, le parole che vi sono scritte, le immagini che lo arricchiscono. Va da sé che questo tipo di disco forse paga qualcosa in termini d’immediatezza, ma ben più sicuramente ne guadagna in termini di costruzione intellettuale. Per capire appieno “El petun del diàul” occorre “entrare” nel progetto, che a un primo ascolto può risultare ostico, a volte sorprendente, talora lobotomizzante, partendo dalle tracce biografiche dei protagonisti: un polistrumentista (Alberto Morelli), già nella pattuglia di musicisti che incisero con De Andrè “Anime Salve”, fondatore con Franco Parravicini dei Dissòi Logoi, collaboratore di artisti quali Moni Ovadia, Piero Milesi, Vincenzo Zitello, Gabriele Mirabassi, Riccardo Tesi, Federico Sanesi, Tommaso Leddi; un fisarmonicista-giornalista (Tiziano Menduto) che i nostri lettori ben conoscono, impegnato da oltre un quarto di secolo nel lavoro di recupero e diffusione della cultura folk soprattutto legata alla danza popolare; un cornamusista d’eccellenza (Gabriele Coltri), forte di svariate esperienze (Calicanto, Picotage, Is Trio, Mireille Ben Ensemble, Double Souffle, …). Da questa varietà di estrazioni risulta non immediato trovare un denominatore comune, e allora ecco che comincia a farsi strada la forza del progetto, fortemente unitario e cementante, ricco di stimoli e di significati: come il soffione del tarassaco esplode, i semi in esso contenuti iniziano a incrociarsi, perdersi, soffiare via in modo casuale… Un’operazione di demolizione e ricostruzione incarnata nelle numerose variazioni di una celebre “Mazurka” del repertorio da piffero delle Quattro Province che poi finalmente risolvono nella sua versione originale; una riproposta fortemente interiorizzata di valzer polesani e canzoni alpine, un omaggio ai Negresses Vertes e uno a Stefano Valla e tante altre sorprese in un disco che, ci rendiamo conto proprio adesso che ne stiamo scrivendo, è molto più difficile descrivere che ascoltare. E’ possibile che siano altri i dischi destinati a muovere le masse e orientare l’opinione comune sullo stato del folk in Italia: ma è certo che è con progetti come “El petun del diàul” che si va avanti, anche se la strada è lunga e piena di pericoli e la direzione non è certa. Però ci si muove…
Roberto G. Sacchi
Trio Coltri Menduto Morelli – “El Petun del Diàul” (CD)
Folkest Dischi – DF78, 2009
Lascia un commento