Questa nuova tappa nel lungo ed affascinante viaggio che Cantilena Antiqua ha iniziato più di un decennio or sono, ci fa compiere un lunghissimo salto all’indietro nel tempo, prima del temutissimo anno Mille, all’era dei Carolingi, dinastia fondata da Pipino di Heristal e poi ricordata nei secoli soprattutto per le figure di Carlo Martello e Carlo Magno: un’epoca nella quale, dopo secoli oscuri, venne recuperata la cultura classica sia dal punto di vista linguistico sia della riscoperta degli autori classici.
Nei rarissimi manoscritti giunti fino a noi infatti sono riportati anche testi di Orazio e Virgilio – tra gli altri – ed anche composizioni con annotazioni musicali. Cantilena Antiqua propone in questo suo bellissimo lavoro soprattutto questo repertorio il cui ascolto rivela come già allora fosse importante la fusione di culture diverse: quella inglese – celtica, quella mediterranea oltre a quella del Vicino Oriente (Bisanzio). Questo perché le personalità più influenti dell’epoca provenivano dalle aree citate, come ad esempio Alcuino di York o l’abate Teodulfo, poeta visigoto – ispanico.
Troviamo quindi – tra gli altri – due passi dell’Eneide virgiliana (Libro II e IV), una composizione di Quinto Orazio Flacco (“Est mihi nonum”) e due di Severino Boezio; non essendo tutti i manoscritti dotati della notazione musicale, il quartetto guidato dal controtenore Stefano Albarello (con lui Paolo Faldi, Gianfranco Russo e Marco Muzzati) ha svolto un certosino e credibile lavoro per avvicinarsi quanto possibile alle atmosfere della corte carolingia procedendo anche alla ri-costruzione di strumenti come la lyra e della cythara, un relitto già allora della cultura romana. Il risultato è ancora una volta splendido, l’esecuzione è decisamente ispirata e la perfetta sintonia tra l’espressiva voce di Albarello e le “voci” degli strumenti confermano questo ensemble come delle migliori realtà della musica antica di questi ultimi anni.
Segnaliamo inoltre la ristampa dello splendido CD “Ondas Do Mar – El Canto de Amor en el Mediterraneo del Siglo XIII” (pubblicato nel 1998 dalla Symphonia), ma ahimè con copertina diversa e titolo diverso (stavolta si chiama “Insiraf – Arab – Andalusian music from the 13th Century”) a cura della Panclassics: un’operazione a mio avviso poco simpatica e davvero incomprensibile visto che si tratta della medesima registrazione. Occhi aperti dunque!
Alessandro Nobis
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