Blues del Delta, blues di Chicago, country blues o blues urbano, ecc. ecc.: categorie fisse in cui inserire ogni bluesman, ma talvolta la cornice è troppo rigida e l’immagine si rovina a tentare di incasellarla ad ogni costo. Così le sensazioni al concerto di Eric Bibb e Fabrizio Poggi, al teatro di Tolmezzo, capitale friulana della Carnia, sono state stimolate dalla personalità dei musicisti più che dalle emozioni che il genere in sè avrebbe potuto provocare. Nel clima assolutamente rilassato dello show, minimale nella scenografia, privo di lampi colorati e fumi, con i due musicisti seduti di fianco come fossero davanti a un caminetto, Bibb ci ha portato in un mondo suo, all’insegna di un blues che si potrebbe definire ‘sereno’, se non fosse una contraddizione di termini, dove ogni nota è pensata, voluta e nessuna è di troppo, dove il grande artista americano dice poche parole e può tranquillamente dare a Poggi tutto lo spazio che si vuole prendere per la sua funambolica armonica a bocca. Tutto come in famiglia, il pubblico non sarebbe nemmeno determinante per la riuscita del concerto, ma è ospite gradito dei musicisti e ricambia con generosità, ma senza eccessi.
L’avevamo ascoltato pochi anni fa, ad una serata finale di Folkest e ci aveva stregati. L’altra sera a Tolmezzo, ina serata organizzata grazie a Folkest, Nuova Pro Loco Tolmezzo, Comune di Tolmezzo, Associazione dei Sardi del FVG e la ditta Baisero, l’ha fatto di nuovo e con il minimo dei mezzi…., ma quali mezzi!!! Una tecnica raffinata, un tocco delicato o deciso a seconda dei momenti, arpeggi assolutamente efficaci ed originali, stilemi nuovi per il blues del Duemila. Anche i brani ripescati dal repertorio storico di Leadbelly, Rev. Gary Davis ed altri nomi storici., hanno un sapore nuovo sotto la carezza delle dita di Bibb. E Poggi deve fare miracoli con l’armonica per distrarci dall’osservare quello che fa Bibb nel frattempo, un piccolo, grande lavoro di acccompagnamento in cui nulla è scontato o già sentito.
Citare brani specifici può, quindi, sembrare superfluo, ma sottolineiamo la dolcezza di “Rosewood” e “Needed Time”, l’entusiasmo di “New Home” e le storiche “Stewball” e “I heard the angels sing” belle come un affresco del ‘300 restaurato nei suoi colori originali: lunga vita al blues!
Marco Miconi