Un disco intenso e diretto, sia dal punto di vista testuale che musicale, che segna una nuova partenza per il cantautore romano/piemontese. E’ Il mestiere di vivere (Helikonia) di Ernesto Bassignano, un artista che è un vero e proprio monumento della canzone d’autore e di impegno civile in Italia. L’album verrà presentato live il 25 febbraio, alle ore 21,00, all’Auditorium Parco della Musica (Teatro Studio Borgna). Sul palco, insieme a Bassignano, ci saranno Stefano Ciuffi (chitarre) e Edoardo Petretti (pianoforte, tastiere e fisarmonica), che firmano la produzione e la direzione artistica di questo intenso lavoro discografico. Ed ancora: al contrabbasso Marco Zenini, alla batteria Francesco De Rubeis, ai fiati Giuseppe Russo e al violoncello Angelo Maria Santisi. Tra gli ospiti David Riondino, interprete, anche nel disco, del brano Il giullare verticale, e Grazia Di Michele che canterà Zelda, brano del 1977 di Bassignano che troverà posto del prossimo disco della cantautrice in uscita a marzo dal titolo Sante Bambole Puttane.
Il mestiere di vivere, nono album dell’ormai lunga carriera di Bax, è un’opera ispirata, piena di suggestioni. Come già fu vent’anni fa con l’album La luna e i falò e quaranta con Moby Dick, Bassignano si cimenta ancora una volta col suo grande corregionale Cesare Pavese. Lo fa per territorialità, concettualità e ammirazione, ma ancor di più perché ne riconosce l’inquietudine.
La difficoltà di confrontarsi, alla sua non più tenera età, con le improvvise novità politiche e culturali, gli impazzimenti di un mondo preda della tecnologia e della freddezza nei rapporti, molto più che con la storia, la cultura e la solidarietà umana, spingono l’autore a guardare anche oltre, ad un futuro che appare molto difficile. Però, a differenza del suo grande corregionale Cesare, perduto nella pioggia delle sue Langhe, Ernesto lotta, resiste e tenta, se non di vincere, almeno di restare a galla.
Questo album rappresenta un deciso passo avanti espressivo e musicale nella sua carriera: alla chitarra, al piano e al violoncello si aggiungono, senza forzature e in maniera delicata e pastello, i colori del contrabbasso, della batteria e dei fiati, per dare alle composizioni un vestito tanto ricco quanto agile e diretto. Si va dai brani intimisti e riflessivi a quelli divertiti e ironici, ci si fa trasportare all’epoca del Derby di Milano e poi dai giochi da Giullare verticale di un istrionico David Riondino; e alla fine arriva un omaggio molto intenso che richiama gli epici anni del Cantacronache con Un paese vuol dire, che rivisita con un altro andamento il brano omonimo, una perla di Mario Pogliotti.
Il mestiere di vivere, nel suo complesso, appare un lungo e intenso recital, un vero e proprio concept-album coerente ed esaustivo, per dissertare e dibattere in modo poetico e attuale sull’odierno nostro male di vivere. E sopravvivere.
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