Diciamo la verità: Mauro Pagani è un uomo oggettivamente inquieto che non si è mai accontentato dei risultati raggiunti e, da sempre, ha guardato avanti, ha guardato oltre i risultati raggiunti ed ogni volta superato un confine ne ha cercati altri. Da affrontare, da superare. La vicenda PFM, per chi c’era, per chi ha memoria, insegna. E l’album “Farafrique”, di Badara Seck, musicista griot del Senegal, prodotto e pubblicato dalle sue Officine Meccaniche, ne è l’esempio più fulgido. Badara Seck è un musicista non per vocazione bensì per assegnazione da parte di suoi padre, così come avviene per tutti i musicisti griot del centro africa. Un compito difficile quello demandato a questa categoria di persone/musicisti perché devono salvaguardare le tradizioni e propagarne l’essenza. Con la musica, con la parola, con la memoria. E l’album proposto da Badara Seck ci trasporta con forza, passione e densità artistica, all’interno della tradizione africana più intensa e sentita. La voce di Badara è come una percussione che entra nell’animo e non ti abbandona più. Dalla sua voce evocativa, dalla percussività dei suoni, dall’ancestralità dei temi, pare emergere l’Africa nella sua grandezza e nella sua disperante situazione. Incontrato ed ascoltato al Premio Tenco nella sua statuaria alterità, Badara Seck racconta di un dolore profondo che attraversa, da sempre, questo sconsolato e meraviglioso, continente. Dodici sono gli episodi (perchè un album come questo non possiede brani ma episodi) di questo bel lavoro, ed in ciascuno di essi, coadiuvato da una schiera di musicisti africani (c’è anche Mauro Pagani in “Djamu”, ma lui è “inincasellabile”), Badara Seck cerca di espire tutto quanto il suo animo ha imparato dalla tradizione dei padri e tutto quanto è oggi necessario affinché l’Africa non sia vista solo come luogo di povertà e lotte tribali ma come elemento di straordinaria cultura che non si stanca di ripetere ai grandi del mondo i suoi bisogni, le sue capacità, la sua cultura tribale ma, insieme, fortemente legata ai cicli della natura, alle pulsioni ancestrali e profonde che albergano nell’animo di ciascuno di noi. Un album da ascoltare con attenzione, quasi fosse un lungo e composito mantra, per raccogliere umori e profumi di un continente alla deriva, per cogliere la grandezza di un luogo in cui tutto è cominciato. E non parliamo solo di musica, come ben gli antropologi ci hanno spiegato. Un plauso particolare al coraggio di Mauro Pagani: un musicista unico che della curiosità ha fatto uno stile di vita. Ed in tempo di ricerca di sicurezze “l’andare per terre oscure” è da ammirare (magari da imitare ma “il coraggio non se lo dà chi non ce l’ha”).
Rosario Pantaleo
Seck, Badara – “Farafrique” (CD)
Officine Meccaniche, 2009
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