Allievo di Riccardo Tesi, Roberto Tombesi e Totore Chessa, collaboratore di Mario Salvi, Beppe Quirici, Umberto Papadia, impegnato in produzioni discografiche con Viola Buzzi e Ammaraciccappa, docente di organetto in varie località del Lazio, a poco più di trent’anni Fiore Benigni ha dedicato la propria vita al piccolo mantice. Assolutamente più classica la formazione di Paolo Rocca, per molti anni primo clarinetto dell’Orchestra lirico-sinfonica di Neuchatel (Svizzera) e poi folgorato dai suoni popolari italiani e balcanici, che lo hanno poi condotto a collaborare con Moni Ovadia e Ambrogio Sparagna, Acquaragia Drom e Taraf Da Metropulitana. Non sappiamo in virtù di quale destino i due si siano incontrati: certo è che era lecito attendersi, dalla fusione di due musicisti tanto diversi per estrazione e storia personale, qualcosa di quantomeno spigoloso, contrastato, in certo modo forzato. Invece, quello che colpisce già al primo ascolto, è la straordinaria fluidità dell’insieme; al punto che, se appartenessimo alla categoria dei recensori che amano usare parole strane per dare enfasi al proprio discorso, il primo aggettivo che useremmo sarebbe liquido. Il che, ovviamente, non deve essere letto come qualcosa di riduttivo, tutt’altro: in questo disco sono molti, infatti, i passaggi in cui i due strumenti –che presentano organologicamente ben pochi punti di contatto- si fondono quasi alla perfezione, giocando elegantemente sulle diversità per raggiungere un tratto comune d’intesa. Doverosa precisazione: Paolo Rocca, oltre che al clarinetto standard, si esibisce con pari maestria anche al clarinetto basso e all’oboe. Curiosa anche la scelta del repertorio, che spazia dal klezmer al Brasile, dalla Romania al tango: una attenzione in più per tener desta l’attenzione dell’ascoltatore, e avvolgerlo in una spirale di lirismo senza frontiere. Una selezionata ma non determinante manciata di ospiti apporta qualche colore in più, ma non ci permette di uscire dal clima di magia che il duo titolare del disco ha saputo creare per il piacere delle nostre orecchie.
Dario Levanti
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