Pubblicato dalla RoxRecords, Coucanha è il titolo del CD del trio formato dal chitarrista Enrico Negro, dal ghirondista Francesco Busso e dal violinista Gabriele Ferrero. Musica dell’area occidentale italiana e anche di alcune regioni di Francia, ben suonato, con arrangiamenti davvero ricchi di sonorità e semplici allo stesso tempo che mi è piaciuto sempre più, ascolto dopo ascolto. Abbiamo così rivolto alcune domande a Enrico Negro, per fare quattro chiacchiere sulla loro musica e altro…
La fotografia è di Roger Berthod
F. B.: Innanzitutto la domanda è d’obbligo: come nasce l’idea del Baìa Trio?
E. N.: Baìa Trio nasce da un idea mia di Gabriele e Francesco. Insieme collaboriamo da diversi anni a differenti progetti (cito Edaq Ensemble e Orchestra TradAlp), io e Gabriele faremo addirittura 25 anni di musica insieme nel 2017 (Charta de Mar, Compagnons Roulants, Tendachent, Le Vijà, Li Sounalhè) sempre dedicati alla musica della tradizione nord italiana e del Piemonte in particolare. Ci siamo resi conto che insieme come trio, oltre ad un grande affiatamento musicale, c’è un ottima intesa umana e personale e il trio è nato da solo quasi spontaneamente nel 2015, portando avanti le istanze artistiche ed espressive di ciascuno dei tre. Tutto in maniera molto facile, naturale.
F. B.: In questo Coucanha c’è parecchio materiale tradizionale., dell’area franco – piemontese soprattutto. Quali sono state le vostre fonti: portatori originali, materiale fonografico o fonti scritte?
E. N.: In linea generale il lavoro sulle musiche tradizionali deriva dal’ ascolto di dischi e registrazioni, laddove è possibile dei suonatori tradizionali ripresi sul campo, oppure tramite le incisioni di musicisti che in qualche misura sono punti di riferimento per la nostra formazione artistica-musicale…facciamo sempre un accurata analisi critica delle nostre interpretazioni per capire se da una parte riusciamo a mantenere lo spirito originario dei brani che proponiamo e dall’altra se riusciamo, pur senza snaturarne l’essenza, ad apportare il nostro contributo di persone che vivono la realtà attuale.
F. B.: Ci sono anche brani di composizione nel CD. Un modo di perpetuare la musica popolare inserendovi materiale nuovo?
E. N.: Si da un lato comporre nuove musiche in stile tradizionale è un modo di alimentare la fiamma della tradizione, anche perché siamo molto attenti a rispettare le caratteristiche formali delle danze che scriviamo, dall’altro va a soddisfare un esigenza artistica, espressiva di ciascuno dei tre che si può rivelare tramite la scrittura di nuova musica o l’arrangiamento di musiche tradizionali filtrato attraverso il nostro punto di vista (non di rado anche nei brani tradizionali inseriamo parti di improvvisazione o addirittura di composizione per renderle più nostre). Un grande lavoro che stiamo facendo è anche sull’affiatamento, sull’interplay tra di noi che emerge soprattutto dal vivo, momento in cui la struttura dei brani, l’interpretazione e l’intenzione assumono un carattere sempre unico, dettato da quel particolare momento in cui avviene l’esecuzione.
F. B.: Baìa Trio è dichiaratamente nato per l’accompagnamento al ballo. Quali sono le differenze di approccio – se ve ne sono – tra le esibizioni ai BalFolk e le situazioni più di ascolto come i concerti?
E. N.: Sì Baìa Trio nasce con il preciso intento di far ballare la gente, di farla divertire e di farla stare insieme, ma noi siamo anche musicisti che, oltre ad ascoltare vagonate di musica, la più eterogenea e disparata, hanno sempre cercato di far corrispondere la propria musica alla propria sensibilità ed estetica musicale, curando le partiture in modo da soddisfare anche le nostre orecchie oltre che i nostri piedi. Quindi credo di poter affermare che riusciamo a coniugare le esigenze della danza con quelle dell’ascolto, cosa non così scontata in questo ambito musicale..Negli ultimi anni si è diffuso a livello europeo un movimento denominato bal-folk, dove a nostro avviso si respira un aria veramente europea. Sono nati molti festival grandi e piccoli, (dapprima in Francia e poi in buona parte dell’europa occidentale) e si è diffuso un modo comune di ballare le danze della tradizione e moltissima gente si è riappropriata del divertimento mediato dalla danza popolare. Questo movimento vede moltissimi gruppi impegnati a far ballare, alcuni trattano la danza popolare in maniera totalmente distaccata dalla tradizione, conservando solo i ritmi indicati alla danza per utilizzare musica totalmente nuova (talvolta troppo piaciona), altri gruppi invece partono dalla tradizione. Noi, forti della nostra esperienza nell’ ambito della musica tradizionale e del folk-revival portiamo avanti un discorso di rinnovamento che non rinnega il passato e la bellezza che questo porta con se. La musica che vogliamo creare, cerca il bello nel passato e ciò che ci piace del presente. Vogliamo anche portare avanti con gloria le danze dell’area occitana piemontese, lavorando sull’energia profonda e sul ritmo profondo di questa tradizione tuttora viva e vitale, consapevoli delle possibilità espressive di questa musica e di queste danze.
F. B.: Siete tre musicisti con alle spalle una lunga e diversificata carriera, ma viste le vostre forti individualità ti chiedo: come siete riusciti a trovare il punto di equilibrio che traspare dall’ascolto della vostra musica?
E. N.: Come ho già detto prima siamo musicisti e persone che si conoscono bene si stimano e si rispettano molto, reciprocamente. Credo che l’equilibrio derivi proprio da questi ingredienti, soprattutto il rispetto e la disponibilità al confronto reciproco. Poi bene o male abbiamo gli stessi gusti musicali e nessuno dei tre ha volontà di primeggiare sull’altro. Lavoriamo insieme alla scelta del repertorio e degli arrangiamenti, ci dividiamo il lavoro anche tecnico: ad esempio per la realizzazione del disco Francesco (che è anche un eccellente grafico e ha curato già l’immagine di molti dischi) si è occupato della grafica, io della registrazione, Gabriele di tutti gli aspetti formali e burocratici e insieme abbiamo lavorato alla musica.
F. B.: In Italia in questi ultimi anni c’è stato un fiorire di ricerche, pubblicazioni e di gruppi che si muovono attorno o all’interno della musica popolare in modo più o meno ortodosso e che hanno l’obiettivo della valorizzazione dei repertori. Allo stesso tempo credo che le possibilità di suonare dal vivo a condizioni quantomeno dignitose sono diminuite, e non solo per la sempre minor disponibilità degli enti pubblici che invece a mio avviso avrebbero il dovere istituzionale di promuovere la promozione delle culture popolari. Tu come ricercatore e musicista come vedi la situazione?
E. N.: Eh… la vedo un po’ male, come tutti del resto e non solo in Italia. Mi pare che un po’ ovunque almeno qui in Europa le occasioni per la musica siano state ridimensionate. Qui da noi questo ridimensionamento ha assunto il carattere di un vero e proprio colpo di spugna. Quanti grossi Festival e realtà virtuose sono sparite o sopravvivono a stento con l’acqua alla gola? Credo che le ragioni siano molteplici, certo da una parte la politica ha chiuso i rubinetti in maniera indiscriminata contribuendo a far morire o soffrire realtà più o meno piccole e privilegiando solo grandi eventi che definirei quasi propagandistici; d’altro canto poi i gusti del pubblico sono molto cambiati e spesso ti ritrovi ad ascoltare concerti di grande qualità in 10 o 20 persone ben che vada. Molti si improvvisano organizzatori a tempo perso creando così danni irreparabili e molti “musicisti” sono disposti ad esibirsi a cachet ridicoli se non nulli pur di esserci… solo per dire alcune cose che mi vengono in mente. Non da ultimo tanti anni di una certa politica massimalista e populista diffusa dai media con programmi che stanno affossando il senso stesso di fare musica ha purtroppo influito sulla capacità e sul piacere di scoprire la musica tramite l’uso delle orecchie e di godere del semplice ascolto.
F. B.: Hai anche pubblicato un bellissimo Cd di chitarra solista, La Memoria dell’Acqua. Ci sarà un seguito?
Ti ringrazio. Per me è stato un lavoro estremamente importante e gratificante. Ci sarà un seguito spero nel 2017. Sono già al lavoro scrivendo nuova musica che parte da questa esperienza della Memoria dell’ Acqua per andare a finire non so ancora bene dove. Ma ho diverse idee nel piatto. Di sicuro voglio lavorare molto sull’essenzialità del messaggio musicale, sulla semplicità del linguaggio senza però rinunciare all’espressività del mio mondo interiore. Vedremo che ne uscirà.
Alessandro Nobis
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