CONCERTO DI JORMA KAUKONEN & BARRY MITTERHOFF
Milano, Teatro dal Verme 22/10/2009
L’idea di “Acoustic Music Club”, rassegna curata da Enzo Gentile in collaborazione con I Pomeriggi Musicali del Teatro Dal Verme, la Frame Events di Gigi Bresciani, e la Blue Sky Promotion, già giunta alla seconda edizione, è molto semplice ma altrettanto efficace. Come scrive il suo direttore artistico la manifestazione si prefigge di offrire ad un pubblico di appassionati “buona musica, il piacere di una condizione d’ascolto ottimale, a contatto con sonorità acustiche, morbide ed avvolgenti…”. Il tutto in un ambiente raccolto e in un orario, (le 18 e 30), inconsueto ma vincente. Quello di Jorma Kaukonen e Barry Mitterhoff è il primo appuntamento della rassegna, e se il buongiorno si vede dal mattino, direi che anche questa seconda edizione non avrà nulla da invidiare alla prima, sia per l’ottima scelta degli artisti presentati sia per affluenza di pubblico. Kaukonen rappresenta un pezzo della storia del rock, del folk e del blues. Il suo percorso comincia a metà degli anni Sessanta quando a San Francisco è tra i fondatori dei Jefferson Airplane che, con i Grateful Dead, saranno i fautori di quel suono acido, psichedelico e libertario che farà da colonna sonora a coloro che in quegli anni sognavano di cambiare il mondo. Classe 1940, Kaukonen è l’architetto fondamentale dei primi dischi della band e il suo ruolo ben si evidenzia nelle esibizioni live del gruppo, prima fra tutte quella al festival di Woodstock del 1969. Quando però i Jefferson sembrano prendere una strada più rock, Kaukonen con l’amico di sempre, il bassista Jack Casady, decide di fondare gli Hot Tuna, una formazione in cui a farla da padrone è il blues acustico ed elettrico. Jorma, lasciati in seguito i Jefferson Airplane, inizia ad alternare l’attività degli Hot Tuna con una produzione solista di altissimo livello in cui si conferma autentico virtuoso della chitarra acustica fingerpicking. Per contro, Barry Mitterhoff è invece un musicista di spicco della nuova scena bluegrass. Eclettico, versatile e curioso, Barry ha militato in innumerevoli formazioni, dimostrando una particolare attrazione per quelle aperte alle contaminazioni tra diversi generi musicali . Esempi lampanti in questo senso ci vengono dalle sua collaborazioni con i Klezmer Mountain Boys e con registi del calibro dei fratelli Coen. Il concerto si è aperto alla grande con “Trouble in mind” bel traditional blues in cui i due grandi musicisti ci fanno già capire di che pasta sono fatti. Neanche il tempo di riprendersi che arriva “Death don’t have no mercy” in cui il mandolino di Mitterhoff fa davvero faville. La voce di Kaukonen non risente minimamente del peso degli anni. E la sua Martin nemmeno. Mitterhoff si alterna tra il mandolino e un’insolita chitarra tenore della Gibson, uno strumento a quattro corde usato soprattutto dalle jug band negli anni Trenta e Quaranta. Gli elementi portanti della musica dei due restano il forte legame con la tradizione country, blues e spiritual; con largo spazio all’improvvisazione, grazie al sorprendente affiatamento tra Kaukonen e Mitterhoff che si scambiano continuamente il ruolo di solista e accompagnatore, sino a intrecciarsi e fondersi in un tutt’uno compatto e indissolubile. Mitterhoff, vero istrione del mandolino, che a tratti sembra molto di più, quasi un’intera orchestra, si muove sul piccolo manico con estrema naturalezza e il suo contributo risulta fondamentale specialmente nelle parti strumentali, per la sua straordinaria capacità di esaltare le potenzialità melodiche e ritmiche del suo strumento. Dopo uno strepitoso rag strumentale, i due omaggiano Merle Haggard con una splendida versione di “More than my old guitar”, uno dei brani più belli del recente “River of time”, subito seguita da “Come back baby” di Lightnin’ Hopkins in cui Kaukonen è davvero superlativo. L’aspettavamo tutti e puntuale è arrivata. Sto parlando di “Hesitation blues” accolta da calorosi applausi e suonata da Jorma con la stessa perizia e passione della prima volta. Una canzone che il musicista sembra essere in grado di rinnovare ad ogni esecuzione. Dopo il doveroso tributo al brano più celebre degli Hot Tuna, ecco arrivare quello che io considero la perla più preziosa di “River of time”: si tratta di “Izze’s Lullaby”, delicata ninna nanna dedicata alla figlia di soli tre anni e mezzo. Da lì in poi è tutto un turbinio di grandi esecuzioni in cui il duo ci propone un viaggio davvero unico alle radici della musica americana passando da “Parchman farm” a “Keep your light trimmed and burning” di Blind Willie Johnson, dalle autografe “River of time” e “A walk with friends” (quest’ultima scritta in collaborazione con Larry Campbell), a “Another man done a full go round”, bel gospel blues di Roy Bookbinder ; a “Ninetynine years blues” un brano che Jorma suona da una vita. Gran finale con “I know you rider” che ci rimanda agli anni in Kaukonen si esibiva con Janis Joplin. Una lezione di stile, quella di Kaukonen e Mitterhoff, che rilassati e sorridenti come se stessero suonando sul divano di casa, non manifestano alcuna propensione a ostentare virtuosismi per ingraziarsi il pubblico… Dalla loro, hanno sincerità, conoscenza e passione, e tanto basta a fare la differenza. Almeno, stando al calore degli applausi coi quali sono stati ricambiati. Richiamati a gran voce sul palco i due ci regalano ancora due brani: I’am the light of this world” celebre spiritual reso immortale dal reverendo Gary Davis e l’immancabile “Genesis”, canzone manifesto di “Quah” il disco più famoso degli Hot Tuna.
Un ringraziamento particolare per la gentilezza e la disponibilità a Jorma Kaukonen (sua l’idea di posare con me mentre leggiamo FB, foto che è comparsa sul numero 256), a Gigi Bresciani, Claudio M. Ravasi , ad Angelica Cacciapaglia, addetta stampa del Teatro Dal Verme, e Gianfranco “French” Scala, chitarrista dei Chicken Mambo).
Le recensioni
SONGHAI BLUES: HOMAGE TO ALI FARKA TOURE’
Samba Tourè – TUG CD 1054, 2009
Che il blues affondi le proprie radici in Africa è ormai un fatto assodato. E proprio da lì arrivano musicisti sempre innovativi e affascinanti. Proveniente anche lui dal Mali, e allievo del grande Ali Farka Tourè, il primo musicista maliano a far diventare la “musica madre del blues” un suono apprezzato in ogni angolo del pianeta, Samba Tourè, solo omonimo di Ali Farka, ha deciso con questo album di pagare un doveroso tributo al suo inimitabile maestro. Samba ci propone quindi una propria interpretazione di ciò che Ali Farka chiamava “Shongai blues”. Lo fa suonando pregevolmente la chitarra e cantando con intensità in tutte le tredici tracce del disco. Ad accompagnarlo in quest’avventura un notevole combo di musicisti formato da Zoumana Terena al sokou, il violino maliano; Oumar Barou Diallo al basso; Hamma Sankarè al calabash e il fratello di Samba, Bouri, alla batteria. Il più giovane membro di Fondo, questo il nome della band, è Djimè Sissoko, fratello minore del più noto Baba Sissoko, che suona gnoni e talkin’ drum. Un disco distribuito da Egea per chi è alla ricerca di sonorità inedite e intriganti.
THE ROUGH GUIDE TO BLUES AND BEYOND
Aa.Vv. – MUSIC ROUGH GUIDES RGNET1223 CD, 2009
Nel booklet di questo interessantissimo cd c’è scritto che se fosse stato per i puristi del blues oggi la nostra musica prediletta sarebbe morta e sepolta da chissà quanto tempo. E chi lo ha scritto ha perfettamente ragione. Robert Johnson o Muddy Waters non si sono mai posti il problema di catalogare la propria musica. Forse e anche per questo sono riusciti a creare qualcosa di veramente unico e impareggiabile. Chi rimane puro e non si contamina, lo dicono le leggi della natura, è destinato a soccombere. A dar man forte al blues con interessanti spunti sonori c’è quest’ottima compilation in cui a farla da padrone è l’Africa. D’altronde, come abbiamo evidenziato più sopra, le radici del blues vengono da lì. E allora perché non partire dalle fondamenta, per costruire un edificio musicale solido e duraturo? Ci provano con risultati a mio parere molto apprezzabili: Chris Thomas King (noto anche come attore in “Fratello dove sei?” e “L’anima di un uomo”); i mitici Tinariwen, i guerrieri tuareg che hanno sostituito i propri fucili con le chitarre elettriche; Johnny Farmer, bluesman targato Fat Possum; Mamane Barka, autentico figlio del deserto africano; gli Outraugeus Cherry secondi solo ai White Stripes nell’unire punk e blues, il nigeriano Etran Finatawa, i già celebri North Mississippi All Stars con un bel brano tra blues delle radici e rock sudista, Robert Plant (Led Zeppelin) e Justin Adams, due artisti non nuovi a percorrere sentieri inesplorati; Corey Harris, il più spregiudicato della “new generation of bluesmen”; il canadese Son of Dave (già con i Crash Test Dummies); i Tangle Eye, con la loro avvincente riproposizione di “Parchman Farm” e Nuru Kane, altro grande artista maliano, protagonista assoluto di un secondo cd allegato come bonus a questo compendio.
Anche questo è un disco distribuito da Egea, per chi non vuole mettere barriere alla propria curiosità.
STOMP THE FLOOR – Arthur Adams
DELTA GROOVE DGPCD 135, 2009
Chi frequenta la scena blues di Los Angeles conosce già Arthur Adams; a tutti gli altri, compreso chi scrive, basterà sapere che nella sua musica ci sono influenze gospel, soul, errebì e naturalmente blues. Cresciuto musicalmente ascoltando la scuola Motown ma anche il suo grande amico B.B. King, Adams possiede un’impronta vocale di indubbio spessore e uno stile chitarristico di sicura efficacia. Eclettico e versatile, nella sua lunga carriera il musicista afroamericano ha collaborato con artisti del calibro di Jimmy Smith, Nina Simone, Quincy Jones, Lowell Fulson, i Crusaders e Bonnie Raitt. Tutte queste esperienze sono oggi concentrate in un cd che piacerà soprattutto a coloro che amano il blues tinto di soul di Robert Cray e Bobby Blue Bland o a coloro che sono affascinati dalle atmosfere soul pop di Marvin Gaye o al sound raffinato del George Benson meno jazz. Impeccabili i musicisti che accompagnano Adams in queste dodici tracce che si ascoltano volentieri in momenti di assoluto relax, da condividere con gli amici più cari o con la propria compagna o il proprio compagno. Il disco targato Delta Groove è distribuito in Italia dalla Egea.
HOBO RAMBLIN’ – Baton Rouge Delta Blues Band
AUTOPRODUZIONE, 2009
Gran bel disco quello della Baton Rouge Delta Blues Band, trio lombardo dedito al blues più sanguigno e sincero. Bello sin dalla copertina in stile fumettistico concepita e realizzata dall’ottimo Giorgio Aquilecchia. Il cd come scritto dalla band all’interno del booklet è un doveroso tributo a tutti i grandi del blues del Mississippi e a tutti coloro che attraverso gli anni hanno tenuto accesa la fiamma del blues. Accesa come l’ennesima sigaretta che brucia accanto a un’armonica nel retro del cd e che mi ha rammentato la cover di un altro gran bel disco di blues: “Smoke and noise” di Chris Jones e Steve Baker. “Hobo Ramblin” contiene dodici tracce tra composizioni originali e reinterpretazioni di brani altrui. La scelta delle cover è un autentico percorso musicale nel blues dei primi trent’anni del secolo scorso con canzoni tratte dal repertorio di personaggi del calibro di Sleepy John Estes, Robert Johnson, Bukka White; ma anche da quello di artisti più vicini a noi come Junior Parker, Elmore James e Spencer Bohren. E a questo punto direi che è il momento di nominare i tre musicisti che compongono il trio, tutti virtuosi del proprio strumento che suonano con passione e competenza: Stefano Giacon, bravissimo armonicista; Mario Bartilucci cantante, dobroista e autentica anima del gruppo e Marco Riganti ottimo chitarrista solido ed efficace. A loro si aggiungono in alcune tracce Davide Speranza, conosciuto come asso dell’armonica, qui a proprio agio nelle inedite vesti di mandolinista e percussionista; e Elena Zoia che presta la sua bella voce in un paio di brani. Su tutto spiccano soprattutto i brani scritti dallo stesso Bartilucci abile compositore in stile jug band e capace di contenuti testuali originali e significativi. Un plauso particolare ai tipi della “Sauna”, lo studio varesino in cui è stato registrato il cd, per la loro capacità di mantenere l’energia live che contraddistingue le esibizioni della band (che peraltro ha registrato encomiabilmente tutto dal vivo!) e l’atmosfera “vintage”che alberga nei vecchi e gloriosi 78 giri di blues e dintorni. Che dire di più, se non consigliarvi di acquistare il cd scrivendo alla band tramite il loro myspace: www.myspace.com/batonrougedeltabluesband. E non mi stancherò di scriverlo: il futuro del blues è in buone mani!
Li ricorderemo sempre
Freddy Robinson
Freddy Robinson, ci ha lasciato lo scorso 8 ottobre dopo una lunga battaglia contro il cancro. Aveva 70 anni. Chitarrista straordinario, Robinson ha avuto una carriera musicale formidabile e per certi versi unica, cominciata alla Chess Records di Chicago dove, nel 1958, iniziò a registrare con Little Walter, Jimmy Reed, Howlin’ Wolf (suo è il celebre riff chitarristico in “Spoonfool”), Willie Dixon, Otis Spann, Louis and Dave Myers, Luther Tucker, Hubert Sumlin e Robert Jr. Lockwood. Trasferitosi in California nel 1968, Robinson cominciò a farsi un nome anche nel circuito jazz registrando con musicisti come Joe Sample, Ernie Watts, Blue Mitchell, Stanley Turrentine, Tom Scott e i Jazz Crusaders; non disdegnando di tornare di tanto in tanto al suo vecchio amore: il blues. Negli anni successivi, infatti, registra con Jimmy McCracklin, Shakey Jake Harris, John Mayall (sua è la chitarra in “Jazz Blues Fusion”) e Bobby Bland. Nello stesso periodo incide con Quincy Jones, Billy Preston e Esther Phillips e comincia una lunga collaborazione con Ray Charles che darà vita a splendide registrazioni e a indimenticabili concerti.
Norton Buffalo
Lo scorso 30 ottobre a Paradise, California ci ha lasciato anche il grandissimo armonicista Norton Buffalo.
Nonostante sia considerato un formidabile armonicista country, ha dimostrato, nell’ultimo decennio ma forse anche prima, di essere anche un eccellente suonatore di blues. Tra gli artisti con cui a ha lavorato: i Doobie Brothers, Elvin Bishop (uno dei mitici chitarristi della leggendaria Butterfield Blues Band), la cantante e attrice Bette Midler (davvero formidabile l’interpretazione di quest’ultima nel film “The Rose” una specie di biografia cinematografica non autorizzata di Janis Joplin), Kenny Loggins, Bonnie Raitt, Bob Welch, Johnny Cash e Judy Collins. Tra il 1970 e il 1980, ha lavorato costantemente con la band di Steve Miller e poi con i “Commander Cody and His Lost Planet Airmen”. Dal 1991 ha suonato spesso in duo acustico con il chitarrista slide Roy Rogers e si è affacciato al nuovo millennio con un bel disco di blues elettrico guidando il suo nuovo gruppo, i bravi Knockouts. A settembre aveva mandato un’e-mail a tutti i suoi amici ed estimatori davvero toccante, dove chiedeva di pregare per lui avendo scoperto di avere una terribile malattia. E fino alla fine non ha mai desistito dallo scrivere messaggi a tutti coloro che lo amavano.
Ciao “Man of many colors”…
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