Con un’apertura di serata lasciata agli italiani Jama Trio, allo Spazio Teatro 89 di Milano è andato in scena un folk-rock all’americana da applausi, un concerto, quello dei newyorkesi Hollis Brown, rovente ed entusiasmante. Questi sono Musicisti che suonano divertendosi e facendo divertire la gente, perché questo è ciò che il pubblico maggiormente desidera.
Apertura, come s’è detto del Jama Trio tutto nostrano, un progetto cucito addosso al cantante e chitarrista Gianmario Jama Ferrario dal bassista Massimo Allevi e dal batterista Francesco Croci. Per quest’occasione si sono presentati in scena anche con una voce femminile. Folk-rock venato di blues che da un po’ di tempo cercava di trovare una sua via personale e lontana dagli stereotipi a stelle e strisce. Dopo due album e due Ep si sono presentati al pubblico milanese con grande padronanza del palco e una bella pronuncia inglese (cosa non da poco per i gruppi italici, credeteci… Il cantante Gianmario Ferrario ha una bella voce che danza agevolmente tra roots rock, folk e soul e la sua scrittura è matura. Viene da chiedersi che cosa potrebbe fare questo Jama Trio alle prese con un produttore con i giusti attributi! Poesia, giusto gusto della ballad e qualche brano decisamente più graffiante, il tutto servito con gusto e una certa classe. Una gran bella sorpresa.
I ragazzotti del Queens sono più decisamente rock’n’roll e sono guidati da Mike Montali, un chitarrista – cantante – compositore dalle chiare origini italiane che dichiara fin dal primo accordo di chitarra di essere nato nel tempo sbagliato. I suoi riff e la sua voce trasudano Seventies ad ogni nota, nella musica degli Hollis Brown c’è entusiasmo ed energia, quella freschezza e quella gioia di vivere la musica che avevano i Crredence Clearwater Revival (omaggiati con una bella Green River), ma senza rinunciare all’introspezione e alla sperimentazione tipiche del sound crudo dei Velvet Underground che traspare in una stralunata versione di Sweet Jane. Gran bel lavoro alle chitarre da parte di John Bonilla e ottime scelte melodiche e ritmiche del tastierista Adam Bock, mentre la sezione ritmica ci è sembrata essere decisamente più normale, che non vuol dire scarsa, han fatto dignitosamente la lora parte dall’inizio alla fine. Tra i brani eseguiti citeremmo Rain Dance, 3 Shots, che da anche il nome al loro album, Wait for me Virginia, una dolcemente melodica Cathedral e un brano con il titolo di Dylan e le chitarre degli Stones, The ballad of Hollis Brown.
Ben due ore di concerto, fino all’apoteosi finale di Green River.
Ottimo concerto, due gran belle band e ancora un plauso a questa organizzazione che sta portando a Milano molti artisti degni di nota.
Gianni Giusti
Roberto Cernigoj dice
Anche se sono passati quattro mesi da questo concerto, lo ricordo con grande piacere. Una serata che ha sciorinato un repertorio d’eccezione. Grande open act dei Jama Trio , ragazzi che meritano grande rispetto