La ricerca spirituale di Stefano Scala ancora una volta sceglie la musica, o meglio sarebbe dire i suoni, per aggiungere un’altra esperienza alle molteplici già effettuate nel corso degli anni. Interamente dedicato alle suggestioni del Tibet, del suo popolo, della natura che in quel Paese martoriato raggiunge grandezze inusitate Impermanence è forse la sua opera più estrema, in cui le tracce di melodia e armonia si stemperano con i ritmi che si rifanno tanto ai riti ancestrali dell’iniziazione tantrica quanto a una quotidianità inconsueta e profonda. Emozioni destinate essenzialmente alla musicoterapia, ma non per questo prive di interesse per una funzione più profana e meno impegnativa, le composizioni di Scala hanno un senso soprattutto se lette con il cuore: i suoni immediati e evocativi non lasciano indifferenti anche l’ascoltatore più distratto, ma soddisfano pienamente anche chi esige musica più strutturata. Ne è un esempio il brano che dà il titolo al disco, che addirittura ha dei passaggi che sconfinano nel pop, pur senza svilire la materia trattata che permane sul piano dello spirituale. Come in Unsui e Bon Voyage, i precedenti lavori di Scala che abbiamo ascoltato, Impermanence lascia pienamente soddisfatti anche dopo ripetuti ascolti: tali e tanti sono gli ingredienti di questa magica ricetta che ogni volta si ha la possibilità di assaporarne di nuovi, di diversi, di stimolanti. Superate le diffidenze e lasciatevi andare.
Dario Levanti
Scala, Stefano – “Impermanence” (CD)
Hic Sunt Leones – HSL 044, 2008
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