A noi piacciono gli artisti scomodi, sfuggenti, talvolta provocatori e irritanti. Quelli che per primi si collocano in fuorigioco perché rifiutano di essere catalogati in qualche categoria facile facile, tipo cantautore o attore, poeta o aedo maledetto. A noi piace Canio. Di lui è stato scritto non molto ma in modo significativo, efficace a dipingere i contorni di una figura complessa e articolata, talora contraddittoria: una figura fisica che, per quanto raffiguri la percezione più immediata del suo sentire, non è certo la più importante. Perché Canio Loguercio è soprattutto idea. Idea che nasce ancora prima dello spettacolo, del disco, del DVD, che rivendica il proprio diritto a esistere indipendentemente dalla forma che poi prenderà corpo ed è per questo, probabilmente, che la provocazione arriva diretta al cuore e al cervello con pari forza graffiante. L’idea di concepire un sottotitolo come quello di “Miserere”: “Preghiera d’amore al netto di indulgenze e per appuntamento” o di destinare la fruizione di “Indifferentemente” a essere colonna sonora di improbabili serenate a domicilio sono entrambi autentici colpi di genio che travalicano l’ordinario e ci fanno sentire un po’ colpevoli di averlo scoperto così in ritardo, pur consapevoli che Canio Loguercio è artista inattuale, per definizione assoluto, non dipendente da dettagli temporali, meritevole di tutto tranne che di una recensione compilativa e asettica: questi sono i casi in cui al critico non si concedono scappatoie e sinossi, occorre schierarsi, o con lui o contro di lui, e non possiamo far altro che essere dalla sua parte. Tralasciando la dimensione teatrale, che poco ci compete, sarebbe sterile giudicare i lavori sul piano delle categorie consuete, ma sarebbe altrettanto colpevole passare in silenzio il contributo offerto da Rocco De Rosa in entrambi i lavori, assolutamente fondamentale.
Se vi è mai capitato di invidiare gli artisti, pensando che la loro sia una vita privilegiata, condividete con Canio la sofferenza dell’esistere e vi renderete conto che essere dotati di una sensibilità così forte e inevitabile è più spesso fonte di dramma che non spunto di commedia, anche se non gli è estranea una innata e spontanea carica di ironia che, ci permettiamo di ipotizzare, sia quella che gli consenta di vivere e progettare altre idee, che ci stupiranno e ci feriranno ancora.
Roberto G. Sacchi
Lascia un commento