INTERVISTA A LOU SERIOL – Dalle vallate occitane gli scoiattoli del folk
Alle domande di Roberto G. Sacchi risponde Stefano Degioanni
La prima volta che ci siamo visti è stato a Roccasparvera, Cuneo, un pomeriggio d’estate di fine anni Ottanta, tanti anni fa. Abbiamo giocato a calcio, io, Sergio Berardo e qualcuno che non ricordo contro di voi, banda di ragazzini scatenati… Vi ho anche segnato un goal quasi da centrocampo, ma abbiamo perso ugualmente… Eravate già gli allievi prediletti del leader dei Lou Dalfin. L’anno successivo avete debuttato come Lou Seriol suonando in modo informale al mitico Stage di Natale di Cervasca… Che ricordi avete di quel periodo?
Ciao Roberto, che bello! Abbiamo dei bei ricordi di quel periodo, si andava a scuola e non si lavorava ancora, quando si giocava a calcio il giorno dopo non avevamo male alle gambe e tutto ci sembrava fantastico e superbo! Non che ora non ci meravigliamo più di nulla ma gli occhi dei bambini sono diversi da quelli di un adulto…
Diceva Leonardo Da Vinci: “Tristo è l’allievo che non supera lo maestro”. Qual è oggi il vostro rapporto artistico con Sergio?
“Superare” un artista come Sergio credo sia impossibile. Lui è quello che ha creato le basi per un movimento e ha dato il “la” anche alla nostra storia e che porta in alto da anni la bandiera della musica occitana nel mondo. Tutto sommato noi siamo felici (e anche tanto) perché nel nostro percorso siamo riusciti a distanziarci di molto a livello artistico da quello che sono i Lou Dalfin, cercando sin da subito di avere una strada nostra, parallela ma non uguale, che ci ha permesso di mettere in chiaro il nostro carattere e di non essere per sempre identificati come cloni di questo o quel gruppo, anzi, di essere imitati e presi d’esempio.
Il vostro recente disco “La Maquina Infernala” è classificabile come un concept album, un disco “a tema”. Come mai avete scelto di dedicare un intero lavoro alla televisione e ai guasti che crea nella società?
Maquina Infernala è stato un lungo lavoro sicuramente non pensato come concept album nei suoi contenuti dall’inizio, forse per questo la classificazione è nebulosa per noi. Sicuramente l’album ha una linea comune nello stile, nei testi , nelle sonorità …e il filo conduttore di tutto questo è il presente, la società d’oggi. Abbiamo cercato di parlare in occitano del presente, degli occitani nel presente e nel nostro discorso era inevitabile parlare anche di quel mezzo di comunicazione che maggiormente influenza la vita moderna. Ma il disco non è solo questo, ci sono storie nel presente, amore nel presente, morte nel presente. Maquina Infernala è l’immagine che avevamo alla fine di questo progetto e ci fa piacere che l’immagine finale riepiloghi tutti i “frame” racchiusi nell’album.
Dietro il grande successo dei Lou Dalfin quanto spazio c’è, nelle Vallate, per altri progetti musicali che in qualche modo se ne distinguono? E qual è il seguito popolare di queste proposte “alternative”?
Il grande successo è come sempre un’arma a doppio taglio. La visibilità che l’onda Lou Dalfin ha dato alla questione Occitana è stata grandissima ma forse è stata sfruttata male. L’emulazione ha fatto il suo corso e anche la richiesta di gruppi similari non hanno dato, a mio parere e negli ultimi anni, risultati e spazio a proposte veramente “alternative”. Tuttavia i gruppi crescono e il movimento vive, cosa che fa ben sperare per un futuro.
Parlateci del vostro suono. In che misura lo sentite aderente e in che misura deviante rispetto a quanto proposto, negli anni, da altri gruppi del vostro territorio?
Parlare del nostro suono…. L’evoluzione è passata dallo strumento e dalle sonorità tradizionalmente acustiche sino a quelle più elettroniche e pop. Magari qualcuno storcerà il naso ma noi cerchiamo sempre di fare cosa ci piace, andando alle volte anche contro corrente, alle volte anche senza ottenere i risultati voluti ma sempre divertendoci. Ad un certo punto del nostro percorso abbiamo deciso che alcuni “paletti” tradizionali potevano essere divelti per esplorare nuove strade in altri campi e questo è quello che abbiamo cercato di fare, dando spazio alla nostra fantasia e alla nostra personalità, slegandoci da quell’ancora di salvataggio che è il ballo.
Non siete più i ragazzini terribili di una volta… Siete cresciuti bene, con una vostra personalità ben definita. E dopo di voi cosa succede nell’Occitania italiana? State facendo scuola a vostra volta?
Sì, in effetti siamo dei “ragazzoni” ora… ma che non siamo più terribili… non lo direi a voce tanto alta! Nell’Occitania Italiana sono successe e succedono tante cose, noi cerchiamo di tenerci ai margini, tentando di dare il nostro apporto a livello musicale ma dando spazio alle nuove band e organizzando eventi. Se questa può considerasi scuola.. la risposta allora è sì.
Quanto c’è di sociopolitico nel vostro successo e quanto di strettamente musicale?
Ovviamente da musicisti speriamo che il nostro “successo” sia soprattutto musicale e non solamente legato alla questione Occitana anche se le due cose sono molto legate. Quello che ci fa pensare che sia la questione musicale la vera forza tra le due è che veniamo apprezzati non solo in patria ma anche all’estero, i dischi si vendono e anche se ad alcuni concerti arriviamo come perfetti sconosciuti riusciamo a trasmettere qualcosa…basta vedere le teste e le gambe che si muovono!
Quali altri progetti avete in cantiere? L’esperienza del concept-album vi ha gratificato o avete sentito la mancanza di una maggiore libertà espressiva?
Per ora vogliamo portare Maquina Infernala in giro per “il mondo” e poi chissà…dopo il quarto ci sarà anche un quinto album. Come tutti i nostri dischi la “Maquina” è stata un’avventura… spirituale, umana, musicale, economica ed essendo noi un gruppo che autoproduce e concepisce ogni parte del progetto. Siamo contenti di cosa abbiamo fatto e da come procede il “tour” sembra siano contenti anche i nostri fans. La libertà espressiva è la base del progetto Lou Seriol insieme all’unità d’intenti e all’amicizia…quindi…
Nel vostro modo di comporre e suonare mi pare che si senta molto la “lezione” dei gruppi giovanili baschi. E’ soltanto una mia impressione o risponde a verità?
Eh eh…(risata) ci conosci bene Roberto!! La lezione de gruppi ascoltati in infanzia si sente e non è mascherabile , siamo cresciuti a pane e Sustraia, birra e Negu Gorriak… come possiamo dimenticare?
Anche se siete ormai adulti, resterete sempre –nell’intimo- gli scoiattoli o vi identificherete in qualche altro simpatico animaletto del bosco?
Scoiattoli forever!!!….un giorno magari folletti? O forse sono la stessa cosa?
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