Giunto al ventitreesimo anno, il William Kennedy Piping Festival si conferma come la più interessante kermesse dedicata agli aerofoni a sacco, strumenti indissolubilmente legati alle culture pastorali e presenti ovunque nel vecchio continente, nel NordAfrica e nel Medio Oriente dove le attività legate alla pastorizia si sono manifestate sin dal neolitico. Culture che hanno prodotto molte diversificazioni nella morfologia di questi strumenti, da quelli con sacco (le classiche cornamuse anche qui con varianti legate alle modalità di immissione di aria nel sacco) a quelle senza sacco ovvero azionate con l’aria contenuta nel cavo orale del suonatore (l’alboka o le launeddas).
Comunque sia il WKPF prende il nome dall’orologiaio, liutaio e piper William Kennedy di Banbridge (1768 – 1834) che introdusse importanti novità nella costruzione e nella morfologia delle uillean pipes, la cornamusa irlandese; il festival si è tenuto quest’anno dal 17 al 20 di novembre come di consueto nella città di Armagh con l’organizzazione dell’attivissimo Armagh Pipers Club (fondato nel ’66) e diretto dalla famiglia Vallely con l’aiuto di numerosissimi volontari. Se il festival è nato e ha nel tempo aumentato il prestigio e la considerazione non solo dei pipers ma di tutti gli appassionati della cultura popolare lo si deve alla competenza, credibilità, dedizione e passione che Brian (quotatissimo pittore e lui stesso piper) ed Eithne (violinista e didatta) Vallely hanno da mezzo secolo messo in campo per favorire lo studio e l’insegnamento del ricchissimo patrimonio musicale irlandese.
Tra le numerose locations nelle quali si è tenuto il festival ricordo la sede dell’Armagh Piper Club, la Cattedrale di St. Patrick, il Primate’s Palace, l’Hotel Charlemont Arms con le sue tre sale e naturalmente The Hole in the Wall e il Red’s Ned, due pub nelle quali sono tenute le session pomeridiane e serali.
Il pubblico ha risposto con entusiasmo e grande partecipazione al Festival; le due serate alla cattedrale hanno segnato il tutto esaurito, e anche i concerti al Charlemont Hotel hanno avuto un notevolissimo affluesso di pubblico, con decine di persone costrette a rimanere fuori dalle sale, e naturalmente i pub hanno segnato un afflusso di appassionati – di musica e di birra – decisamente significativo.
Dopo l’inaugurazione ufficiale al Primate’s Palace, austero palazzo vittoriano che da una collina domina il centro di Armagh, il Festival ha avuto il battesimo con quello che molti consideravano come l’appuntamento più ghiotto di questa edizione del wkpf, ovvero il doppio concerto nella Cattedrale di San Patrick, nell’occasione completamente gremita di pubblico.
Primo a salire sul palco sistemato davanti all’altare maggiore è stato il quintetto bulgaro di Theodosii Spassov che ha sciorinato in un’ora praticamente tutto il repertorio di musiche per danza provenienti dalle varie aree della Bulgaria; un set che ha dimostrato ancora una volta come sia altissimo il livello tecnico dei componenti, cresciuti alla scuola di Philip Koutev. Un livello così alto e perfetto nel rispetto dei ritmi e nel sincronismo, nei dialoghi, nei soli e nel suono d’insieme da lasciare in qualche momento più spazio all’ineccepibile tecnica di esecuzione che alla comunicazione, così importante nella musica popolare di ogni parte del mondo. Ma del resto questa è la cifra stilistica del gruppo guidato dal suonatore di kaval Theodosii Spassov che si evidenzia anche dall’ascolto delle loro incisioni. Comunque bravissimi.
Tutti eravamo lì per il dream team creato per quest’unica e quindi imperdibile occasione: Liam Og O’Flynn alle uillean pipes, Paddy Glackin al violino, Neil Martin al violoncello e Michael O’Sùillebhàin al pianoforte, ad Armagh con un progetto che si proponeva di arrangiare alcune delle melodie contenute nelle grandi raccolte che dal XVII secolo hanno fornito materiale preziosissimo alla moltitudine di musicisti tradizionali irlandesi, e non solo. Arrangiamenti convincenti che hanno saputo valorizzare e riportare ai giorni nostri questi repertori (come quello pubblicato da O’Neill nel 1909); il suono degli archi abbinato al pianoforte ed alla cornamusa di O’Flynn è stato molto apprezzato, e quando l’ex piper dei Planxty ha eseguito un set di danze in solitudine è stato ben chiaro quale sia stato il suo ruolo nella storia di questo strumento nel ventesimo secolo.
Alla fine tutti al Red’s Ned per infuocate session innaffiate da fiumi di Guinness con il trio di Andy May. E vi assicuro che questo dopo concerto è stato solamente l’aperitivo di quanto ci sarebbe stato riservato nella giornata di venerdì.
Venerdì all’insegna delle sessions informali nei pubs in attesa dell’appuntamento del tardo pomeriggio al Charlemont Arms Hotel. Impossible fisicamente assistere a tutte le performance e pertanto ho deciso di selezionare, assistendo alla presentazione del bel CD dell’arpista Laoise Kelly con il piper Tiarnan O’Dionnchinn – del quale mi riservo di parlare tra breve – e a due concerti che considero i più interessanti di questa ventitreesima edizione del festival; il primo del trio bretone di Xavier Boderiou con il chitarrista Jacques Pellen – sempre grande classe e gusto i suoi interventi con la chitarra acustica delicatamente effettata – che ha proposto un repertorio bretone e scozzese rivisitato e composto con un attualissimo gioco di suoni raffinati, e il gruppo Morvan Massif, proveniente dalla Francia Centrale, con uillean pipes e cornamusa francese al quale si sono aggiunti Caomihim e Niall Vallely: un bellissimo e intrigante set fatto di danze tradizionali francesi e irlandesi, alcune delle quali composte dall’eccezionale suonatore di concertina Niall Vallely. Gran bel gruppo, da risentire. Nel frattempo si esibivano nelle altre due salette le Friel Sisters, i Connla, i Cùig e i Rèalta, il meglio del meglio delle nuove generazioni di musicisti tradizionali irlandesi. Il tutto fino a notte inoltrata, peccato di non avere il dono dell’obiquità…
Anche il sabato, ultimo giorno nel quale sono stato presente al festival, è come di consueto dedicato ai workshop, alle performance dei giovani e per i giovanissimi ed alle sessions: all’ora di pranzo con il trio bretone di Xavier Boderiou alle 3 con i Cuig da Turners e a seguire, al Victoria Bar session informale, al The Hole in the Ground le scozzesi Friel Sisters e alle 6, al Red’s Ned Cillian Vallely e Tiarnan O’ Duinchinn tra gli altri.
Alla cattedrale di San Patrick alle 8, super concerto per il cinquantesimo anniversario dell’Armagh Pipers Club, e quindi spazio alle uillean pipes, nelle mani di musicisti appartenenti a diverse generazioni: da quella dello strepitoso Paddy Keenan a quella di Kevin Rowsome (nipote di Leo Rowsome) e David Power, fin al giovanissimo Peter McKenna, ed è stato interessante vedere come piper residenti all’estero (David Power ad esempio negli USA) abbiamo studiato e raggiunto risultati eccellenti tanto da essere apprezzati e valorizzati anche in Irlanda.
Chiusura ufficiale nei pub e al Charlemont Arms Hotel, con altra musica tradizionale, una vera scorpacciata direi.
Un formula, quella del WKPF, che ha avuto l’ennesima conferma del suo gradimento da parte del pubblico, ma che paradossalmente costringerà gli organizzatori a cercare nuove locations ad Armagh per ospitare e dare la possibilità al pubblico di partecipare ad un maggior numero di eventi. Pubblico che oltre a provenire da tutta l’Irlanda ha avuto anche quest’anno ospiti dalla vicina Scozia e dalle meno vicine Francia, Spagna e Italia. Vedremo gli sviluppi.
Alessandro Nobis
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