In una delle pagine di presentazione di questo cd è presente una frase in grassetto riferita alla musica contenuta: “non ha nessuna relazione con i klezmer”. Una frase sicuramente illuminante per chi di Moni Ovadia conosce solo e soltanto il lato più conosciuto della sua ormai capiente discografia. Questo cd è infatti dedicato ad un altro aspetto, sicuramente meno seducente ma non meno interessante, della cultura ebraica: la musica sacra e in particolare la cantoralità ebraica, khazanuth, una delle più importanti arti canore della spiritualità monoteista. Ma perché dedicarsi a quest’arte che sembra meno adattarsi alla vivacità e all’ironia del teatro musicale di Moni? La risposta si può trovare nel libretto e nelle risposte da lui date in precedenti interviste… “La Toràh racconta che l’universo è stato creato dalla parola del Santo Benedetto: “Disse luce e luce fu”. Lo strumento della creazione è la voce dell’Onnipotente. La creazione è dunque un fenomeno acustico così come in seguito lo sarà la rivelazione ad Abrahamo prima, a tutto il popolo ebraico poi, nel deserto del Sinai: “Avete udito una voce, solo una voce”. Non c’è teofania nel monoteismo ebraico ma “teofonia”. Dio si manifesta con una voce ed è la sua parola parlata che consente sia la creazione, sia la rivelazione. Che differenza c’è fra la parola scritta che custodisce il patto e la legge, e quella parlata che crea e rivela? La risposta è semplice anche se non evidente: il suono, il canto.” Il cd è alla ricerca di questo canto primigenio, di un canto che sia completa partecipazione, kavanah, che sia intima espressione della propria interiorità. “Il canto è lo strumento principe della comunicazione interiore, il canto è la prima gemmazione della nostra identità quando appariamo alla luce uscendo dal ventre materno. Ancora non vediamo, non sentiamo, eppure già cantiamo, urliamo il nostro hinneni, il nostro “eccomi” e, vagito dopo vagito, vocalizzo dopo vocalizzo, sillaba dopo sillaba, conquistiamo la lingua mettendoci in cammino per il canto. In seguito perderemo la grazia di quel canto interiore perché saremo imprigionati in un contesto di apprendimento burocratico e rigidamente normativo”. Al di là di questa necessaria presentazione, che forse mette in evidenza un approccio quasi più intellettuale che passionale, qualche impressione sul risultato musicale. Il disco si fa ascoltare molto volentieri mantenendo, nelle sue note e nell’interpretazione forte (personalmente non so quanto rigorosa della tradizione) quel senso di kavanah di cui si è parlato. La Stage Orchestra, con l’ottima direzione musicale di Emilio Vallorani e la presenza di ottime individualità, tra cui spicca, almeno per la memoria dei nostri lettori, quella di Janos Hasur al violino, dimostra non solo di saper accompagnare degnamente la voce di Moni ma anche di avere temperamento e intelligenza. Questo disco è il primo volume di una collana di CD – la “Moni Ovadia Collection”, prodotta dall’etichetta bolognese Promo Music –, di cui sono stati già anticipati i prossimi appuntamenti: “Shir del Essalem” con Theatrum Instrumentorum e Faisal Taher; “Goles” con la Moni Ovadia Stage Orchestra; “Di Goldene Medine” con il pianista Carlo Boccadoro e “Platero y o” con Emanuele Segre.
Tiziano Menduto
Ovadia, Moni – “Kavanah” (CD)
Promo Music – PMCD001, 2005
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