Cosa può nascere da un connubio così strano, se non un esercizio di stile dalle inestricabili motivazioni sperimentali? Purtroppo, uno degli artefici di questa opera davvero inconsueta, Adolfo Broegg (liutista e fondatore dei Micrologus), è mancato poche settimane dopo la registrazione dei brani, e a lui è dedicato il lavoro, che mette a confronto e in collaborazione fra loro il più noto esponente della via italiana all’etnojazz e la formazione che da più tempo in Italia è impegnata nella reinterpretazione e valorizzazione della musica antica. Il disco, nonostante susciti all’ascolto sentimenti contrastanti (risposta alla domanda iniziale) che spaziano dal forte coinvolgimento emotivo suscitato da alcuni brani alla fredda sensazione di disagio che scaturisce da altri, ha una sua unitarietà che si manifesta nei respiri profondi di certe ripartenze o nell’ariosità dei momenti di insieme. Certo non è mai in discussione la serietà dell’esperimento e l’onestà intellettuale che ne sta alle spalle, ma permane un certo senso di incompiutezza per un discorso che forse merita successivi approfondimenti e appuntamenti futuri. Forse è banale, ma forse no, il senso di difficoltà che le nostre limitate orecchie provano di fronte ai due brani conclusivi Vivimus-Stayin’ Alive e Norwegiae Lignum-Norwegian Wood (di beegesiana e beatlesiana memoria) nei quali pare evidente la volontà del divertissement, ma altrettanto palese è il pieno disinteresse sulla piena trasmettibilità di tale volontà di divertimento dagli esecutori agli ascoltatori.
Enrico Lucchesi
Lascia un commento