E’ stata la sindrome di Stendhal quella che hanno incontrato e vissuto gli spettatori del concerto di Vincenzo Zitello che si è tenuto allo Spazio Teatro 89 di Milano il giorno 26 febbraio. Un concerto di grande intensità emotiva che ha ammaliato tutti i presenti, indistintamente, al di là delle differenze di età e di culture, di gradimenti musicali e/o quant’altro. Zitello è stato impeccabile nel proporre il suo set musicale di circa un’ora e tre quarti dove le sue arpe, quella celtica e quella bardica, hanno narrato dei misteri, delle luci, delle ombre del mondo e della vita, hanno cantato le gioie della natura ed i chiaroscuri dello Spirito. Se ce ne fosse stato mai bisogno, questo concerto ha dimostrato che Zitello è uno straordinario evocatore di sentimenti e di emozioni ed, insieme, scardinatore di certezze. Un concerto intenso e profondo nel quale aleggiava un grande senso di spiritualità ed il pubblico, raccolto ed attento, ha tributato, alla conclusione di ogni brano proposto, uno scrosciante, sentito, meritato applauso dopo ogni. Probabilmente una grande sorpresa per chi non lo aveva mai ascoltato, né dal vivo né su disco, senz’altro una sorta di magica serata per chi, invece, conosce le arti sonore del musicista modenese e non si sarebbe mai perdonato la mancata partecipazione a questa esibizione. Sul palco del teatro l’arpa celtica e l’arpa bardica e, poi, la grande perizia e passione di Zitello che le ha fatte cantare queste arpe, le ha rese vive, le ha fatte entrare nel cuore e nell’anima dei presenti, le ha rese magiche con il suo tocco quasi regale. Nell’ascolto delle musiche generate dalle sue dita mobili e saettanti, non è stato difficile immaginare perchè le leggende dei popoli e delle culture discendenti dai celti narrano che Mago Merlino, anch’egli suonatore d’arpa, potesse sollevare le pietre e costruire megaliti o erigere Dolmen in terra di Bretagna e Britannia. Così come non è stato difficile immaginare perchè i Re temessero i bardi, le loro musiche e le loro canzoni veicolate di corte in corte, di paese in paese, di territorio in territorio. Quello generato dalle arpe è un suono davvero magico ed ancestrale che entra nel cuore, nell’animo, nello spirito di chi suona, in primis, e di chi ascolta, generando una simbiosi che si situa tra il passato, il presente ed il futuro. Il passato in quanto queste musiche nascono da una tradizione che Zitello ha saputo raccogliere ma, anche, trasformare. Presente perchè è nell’oggi che si gioca il mantenimento di questa tradizione che non può essere sterile filologia senza crescita e sviluppo. Futuro perchè il suono dell’arpa genera una sorta di ponte virtuoso tra il mondo delle “fate”, tra gli antri dei maghi e dei Druidi ed un futuro fatto di oscurità che la musica può e deve rischiarare. Il concerto ha dato la stura a tante considerazioni, una delle quali è che le mani di Zitello avrebbero potuto essere le artefici della colonna sonora della trilogia de “Il Signore degli anelli” grazie alla sua capacità di penetrare le note con garbo, incisività e magia. Nei suoi brani, infatti, il mondo tolkeniano sembra apparire con naturalezza di fronte agli occhi ed al pensiero di chi ascolta. Il concerto ha visto la presenza di alcuni brani del suo imminente nuovo album, “Talismano” che hanno ben legato con i brani della sua precedente produzione tra i quali, ricordiamo, la bella versione di YS, storico brano amato da Alan Stivell (massimo cultore e suonatore di arpe celtiche e bardiche, presso il quale Zitello ha studiato, nel lontano 1980 e con il quale coltiva ancora oggi un rapporto di stima ed amicizia) e Gaelic raga, un’esercizio di meraviglia strumentale dove Zitello si esibisce al suono contemporaneo di entrambe le arpe con risultati di rara bellezza e suggestione, con il pubblico incantato ad ascoltare in un silenzio religioso, oltre sei minuti di musica davvero di un altro pianeta, laddove la tradizione del sistema modale della musica scozzese si sposa con il ritmo dei raga indiani costruendo una inusitata commistione di generi e stili musicali semplicemente superba. Ne ha fatta di strada il ragazzo che non ancora maggiorenne partecipava, suonando il violino, alla tournèe dell’eterogeneo gruppo musicale chiamato “Telaio magnetico”, che vedeva, tra i suoi musicisti Franco Battiato, Juri Camisasca, Mino Di Martino, Terra Di Benedetto. Non male per un ragazzino che, qualche anno dopo, avrebbe bussato alla porta di Alan Stivell con la chiara intenzione di diventarne allievo prima, epigono poi, contribuendo alla diffusione di una cultura musicale che, per molti, era già morta ed estinta molti anni fa. Una straordinaria serata di musica nella quale hanno davvero cantato gli angeli e le distanze, tra il tempo, nel tempo, del tempo, si sono dileguate all’irrompere di ogni nota generata dalle dita di Vincenzo Zitello.
Rosario Pantaleo
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