ABEAT RECORDS ABJZ 060, 2008 – JAZZ/ARMONICA CROMATICA
Il nuovo disco del mio collega e bravissimo armonicista Max De Aloe è incantevole, sin dal titolo. “Lirico incanto” è una musica limpida come l’aria. Musica raffinata e coesa che sa di lirismo e di melodia. La stessa che da qualche centinaia di anni rappresenta magnificamente ciò che noi (italiani) siamo, al di là dei generi e degli stili”. E’ il grande trombettista jazz Paolo Fresu a scrivere queste parole nella sua bella presentazione del cd. Parole che sono riportare nel bel libretto allegato al cd a testimonianza di un lavoro di rara bellezza e di un progetto audace, rischioso eppure riuscitissimo. E Lirico incanto, con l’idea di reinterpretare brani classici di Leoncavallo, Puccini e Verdi in chiave jazz, dimostra ancora una volta, che le contaminazioni non solo sono possibili ma che, quando provocate da eccellenti musicisti possono dare vita a opere di grande valore. E Lirico incanto colpisce, colpisce e va dritto al cuore. Di quest’opera colpisce oltre alla cura del prodotto, la dimensione popolare e colta che De Aloe e i suoi formidabili musicisti hanno saputo conferire a celebri arie che la polvere dei conservatori aveva relegato a una prematura e tranquilla vecchiaia. Lontana dal cuore della gente. Eppure le arie classiche della Tosca, della Turandot, dei Pagliacci di Leoncavallo, del Macbeth, della Traviata, della Boheme e della Madama Butterfly sono vere e proprie arie popolari. Ecco perché Lirico incanto è un disco che può essere apprezzato sia da un cultore di jazz sia da qualcuno che ama la musica classica. Ma anche da chi è alla ricerca di qualcosa di nuovo seppur nel solco della tradizione Non ci sono barriere nella musica del bravo armonicista lombardo, e tutti possono gradire la sua musica, indipendentemente dalla propria formazione culturale. De Aloe stesso afferma che se la cultura non arriva all’anima della gente non vale un granché. E io sono d’accordo. De Aloe è uno che ama le sfide, è un musicista che ama creare emozioni attraverso una ricerca personale e profonda. E come non ammirare allora questo riuscitissimo tentativo di prendere delle melodie belle e conosciute e riproporle in versione jazzistica. La scommessa, che De Aloe ha sicuramente vinto, è stata quella di essere riuscito a suonare quella che lui definisce musica popolare e colta al tempo stesso, con la sensibilità del jazzista di oggi, facendo emergere spunti diversi; dal free, alla ballad, ai tempi dispari. Il quartetto è riuscito con genialità a trattare queste immortali arie d’opera lavorando in maniera sottrattiva, togliendo più che aggiungendo, e lasciando respirare la musica. C’è un afflato quasi mistico che percorre tutta la registrazione e l’ottimo feeling creatosi in studio traspare in ogni brano. A questo punto la citazione degli altri musicisti componenti il quartetto è quasi d’obbligo a partire da un grandissimo Roberto Olzer al piano, sino ad arrivare ad una sezione ritmica di gran pregio composta da Marco Mistrangelo al contrabbasso e da Nicola Stranieri alla batteria. Un plauso particolare a Stefano Amerio, superbo fonico che è riuscito a catturare questa splendida musica in maniera assolutamente perfetta. Concludo invitandovi ad accettare la sfida lanciata da De Aloe e a cercare questo disco. Non abbiate preconcetti e, se vi lascerete trasportare dalla musica, non potrete far altro che godere di un magnifico e lirico incanto.
Fabrizio Poggi
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