E’ passato poco più di un anno da un bellissimo disco come Down Where The Spirit Meet The Bone, prima uscita per l’esordiente etichetta di proprietà dell’artista stessa, chiamata Highway 20 Records, ed ecco che Lucinda Williams ci fa recapitare addirittura un disco doppio. E’ davvero un momento di grande creatività, quello che sta attraversando e la sua forza espressiva ha raggiunto davvero una maturità entusiasmante. il suo fare musica stupisce per la capacità espressiva e la forza evocatrice con cui vengono eseguite le varie canzoni. The Ghosts Of Highway 20 è un titolo che sa di vecchi dischi americani, riporta sonorità umori e amori che sanno di Pete Seeger, di Guthrie padre e figlio, di Gary U.S. Bonds e perfino di , nonostante le tematiche di questo nuovo lavoro siano più legate ai problemi esistenziali della persona. Una ricerca di un suono molto american roots, reso ancor più vero da un sempre ottimo Greg Leisz e da un immenso Bill Frisell, un musicista che a ogni prova discografica si conferma sempre più straordinario.
Tutti i brani sono in forma di ballata e si snodano come un lungo racconto che ci parla di mille tristezze e malinconie, delle storie di vite vissute ai bordi e su quel tratto di strada che unisce il Texas con la Lousiana: il primo attuale luogo di residenza della Williams, terra di grande scuola cantautorale, il secondo come ideale luogo della memoria dell’artista, suo luogo di nascita e di formazione, personale e culturale.
Miller Williams, padre di Lucinda, un poeta e intellettuale di notevole spessore, è recentemente scomparso e pare proprio che questo dolore e al tempo stesso l’esigenza di andare avanti esce dalle tracce di questo doppio lavoro della cantautrice statunitense, insieme a pacate riflessioni sui brutti scherzi che il destino ci fa e sulle dalle brutture che stesso uomo contribuisce a creare forzando la natura. Dust, il brano d’inizio, proprio di questo tratta, ma ce ne sono altri significativi, come Bitter Memory nel quale viene messa in evidenzia la necessità di reagire nei confronti del passato e dei suoi ricordi spesso tristi, per arrivare a una Doors Of Heaven che denuncia le limitazioni dell’uomo di fronte alla natura e al senso dell’infinito, quando ci s’interroga sul senso della vita e di dove stiamo andando, se c’è veramente un luogo, fisico o metafisico che sei, verso il quale siamo diretti. C’è spazio anche per una personale rivisitazione di House Of Earth, un vecchio brano di Woody Guthrie, un dialogo tra una prostituta e un suo cliente, abbastanza curioso nel suo svolgimento. Chiude, la nostra, con un messaggio di speranza consegnato alla fede, nella richiesta al Signore di un mondo più giusto e pacifico, in pieno stile gospel, contenuta nei due ultimi brani If There’s A Heaven e Faith & Grace. Come abbiamo già detto, Lucinda Williams sta attraversando un gran momento creativa e questo disco è davvero un gran bel disco. Caldamente consigliato.
Andrea Del Favero
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