di J.d.M.
Questo mese il vostro JdM non racconta o commenta un episodio accadutogli personalmente, ma riempie questo spazio immedesimandosi nell’accorato sfogo di un suonatore, che ha ben ragione sia di lamentarsi, sia di mantenere l’anonimato.
Aaaargh!
Sono le tre del mattino, il nostro signor Nevio si risveglia da un orribile incubo, madido di sudore. Il nostro signor Nevio è un discreto suonatore (forse anche bravo, così almeno spera, perché è anche modesto…) di musiche della tradizione popolare italiana (e aree limitrofe). E’ un dilettante, nel senso che non vive di musica, ma è appassionato e ogni tanto gli piacerebbe andare in giro a suonarne una. Il signor Nevio suona a casa sua tutti i giorni o quasi, non per dovere, ma perché gli piace, e quando vuole imparare un pezzo nuovo si allena, anche col metronomo, e si documenta: ascolta le registrazioni dei vecchi musicisti, ha ancora molte audiocassette e videocassette, e poi CD, vinili, libri di ricercatori, testi musicali, riviste (ovvio, anche la collezione completa di Folk Bulletin in formato cartaceo e poi anche il Folkgiornale. E’ chiaro che con questo denuncia anche la sua età non più verdissima, ma non è pedante: è curioso. Non si ritiene neppure un purista, gli piace capire per interpretare, per dare il giusto respiro ai brani e tirarne fuori l’essenza. Insomma, per lui questo è un gran divertimento.
Il povero signor Nevio si deterge la fronte, beve un bicchierone d’acqua e comincia a raccontare:
Era una gelida notte. Mi trovavo in una piazza semibuia gremita di gente che saltellava, incollato ad un palco di assi traballanti, confuso tra altri suonatori anch’essi saltellanti. Si stava facendo un pezzo che non conoscevo perché non era nella scaletta prevista nelle poche e parziali prove fatte con gli altri. Stavano tutti suonando veloce, sempre più veloce, e non riuscivo più a stargli dietro. In un crescendo infernale macinavamo note, giuste e sbagliate, velocissime, sempre più in fretta, sempre più forte. Le mie dita non reggevano. Curente, gighe, chapelloises, mazurche, polche, scottish, bourrées, tutto veniva centrifugato e frullato in un vortice, finché il palco cominciò a vibrare e rollare come un’astronave in partenza…
A questo punto il racconto, come il sogno, si interrompe. Il signor Nevio si è improvvisamente reso conto di una cosa tremenda: il suo non è stato un incubo, ma semplicemente quello che gli capita regolarmente da qualche anno quando esce a suonarne una con gli altri.
Sconsolato reclina il capo fra le mani e si chiede: ma perché?
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