Il Canavese è una delle subregioni storiche in cui si suddivide il Piemonte, quello spicchio che s’incunea verso la Valle d’Aosta e in cui sorge la borgata di Bajo Dora, dove dal 1966, per iniziativa di Amerigo Vigliermo, è attivo il Coro Bajolese, una delle cattedrali del canto popolare in Italia, un patrimonio umano di indefinibile (tant’è grande) valore culturale. Una decina d’anni dopo la fondazione del Coro, è nato il Centro Etnografico Canavesano, altra meritoria istituzione, dedicata non solo a raccogliere e archiviare ma anche a promuovere la cultura popolare attraverso iniziative di vario tipo, fra le quali una festa annuale ormai in parte snaturata nei suoi significati (non certo per colpa dei promotori). La produzione discografica del Coro Bajolese, particolarmente se rapportata alla sua importante testimonianza, è piuttosto datata e scarsa, soprattutto praticamente introvabile. Diventa quindi fondamentale l’intervento dell’etichetta FolkClub Ethnosuoni che ha coraggiosamente raccolto la sfida di uscire sul mercato con una produzione dal piglio decisamente etnografico, che omaggia sì il Coro ma in realtà omaggia noi ascoltatori offrendoci un documento di notevole importanza. Da segnalare, fra le 15 tracce che animano il disco, la title track (Nigra 1) registrata da Maurizio Martinotti nel 1982 (una delle più emozionanti versioni di Donna Lombarda), La fija d’ün paisan (Nigra 50) registrata da Vigliermo nel 1972, come la divertente Buna sëira Martina (Nigra 132) e la poco nota (almeno a noi) Bargirola (Nigra 55). Ottima, per il calore e l’emozione che trasmette, l’introduzione redatta dallo stesso Vigliermo in prima persona, che racconta dal di dentro motivazioni e sviluppi del Coro. Un disco immancabile nello scaffale di chi si professi minimamente interessato alle vicende del folk italiano e/o al canto corale.
Dario Levanti
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