Lui (Pietro) canta e suona chitarra acustica e elettrica, bouzouki, basso elettrico e acustico e bodhran. L’altro (Livio) canta e suona banjo a cinque corde, chitarra a sei e dodici corde, chitarra slide e accompagna con il ritmo dei piedi. Il primo è arcinoto nel folk per aver fatto parte, per lungo periodo, dei Whisky Trail; il secondo, più defilato, ha raggiunto una buona fama per aver accompagnato Tom Russell nei suoi tour italiani e per aver dato alle stampe nel 2002 un Cd autoprodotto, “Diomedee”, che mi era piaciuto parecchio. Da questo inusuale incontro (da cui il titolo del disco) nasce un progetto sonoro senza un indirizzo determinato se non quello di proporre –come i due protagonisti suggeriscono- un viaggio “dall’America di Guthrie all’Irlanda alla musica originale d’autore”. Spiegazione che a ben vedere rivela poco o niente, rimandando all’ascolto la percezione di ogni momento di giudizio sensato. Il primo impatto è con la piacevolezza: nonostante la limitatezza della formazione (a parte qualche ottima ospitata la formula del duo è la costante del disco) l’ottimo impasto avvolge e rasserena; il secondo è con la tecnica, sempre di buon livello, spesso sopraffina; il terzo è con le idee, che soprattutto nei testi e negli arrangiamenti non mancano mai di originalità; il quarto è con il repertorio, in massima parte originale, che spazia dal country a echi beatlesiani, sufficientemente vario e ispirato per non stancare mai nonostante, lo ripeto perché è importante, l’esiguità del duo. Un disco che è un’autentica sorpresa positiva, che ci fa riflettere sull’ottima qualità musicale che nonostante tutto, nell’ombra misconosciuta, l’Italia riesce ancora a produrre, miracolosamente. www.livioguardi.com www.petercam.it.
Roberto G. Sacchi
Lascia un commento