Quando ti invitano a vedere uno spettacolo, quando ti dicono che ci saranno canzoni e balli e tutto e molto altro allora ti aspetti un teatro e sedie e un palcoscenico, quando ti invitano a teatro aspetti di doverti sedere e di assistere e guardare e aspettare. “Pollicinella”, si sa, è tutto e il suo contrario, Pulcinella è l’allegria e la tristezza la malinconia e la gioia di vivere. La chiesa sconsacrata è in un vicolo stretto uno però che è crocevia per molti luoghi che fanno la Napoli del bello e del solo a Napoli.
La chiesa era lì e noi anche ma non c’erano le sedie, eravamo in piedi ad aspettare eravamo in piedi a chiacchierare. Poi siamo usciti, poi la grande porta di legno si è chiusa lasciandoci fuori ad aspettare, ha sbattuto forte come se si chiudesse su un pensiero su un’idea errata che era quella della staticità. Biagio il cantore, Biagio de Prisco, il giovane vecchio che unisce le generazioni di cantori con la sua voce potente e limpida ha intonato il canto il primo che ha dato e ha detto, poi la porta si è aperta poi nulla è stato come il pubblico si aspettava. È stata sorpresa e meraviglia, sono stati occhi che si giravano intorno e gambe che si muovevano. C’erano maschere di Pulcinella con i loro nasi invadenti che giravano e c’erano ragazzi e ragazze, donne dai capelli grigi e dagli occhi di luce che cantavano e camminavano e sorridevano e sapevano di buono e quello che Mariano Baduin il regista aveva immaginato inizia a prendere forma e suono meravigliosamente.
Il Pulcinella Mario Brancaccio raccontava con la voce che usciva e che arrivava fino alla gente fino a quei luoghi che la gente spesso non mostra, che tiene nascosti per timore di apparire fragile. Mentre si ascoltava qualcun altro giungeva correndo dal fondo ed era una danza ed era una donna era un cuore che batteva con una scialle bianco incrociato e annodato sulla testa un rossetto rosso e gli occhi neri come la notte quando la notte è buona e piena di speranze. Un Maurizio Graziano che riesce sempre ogni volta come tutte le altre volte nella danza che con lui diventa sogno e diventa racconto. Mentre la gente continuava a spostarsi per meglio guardare il coro ha cantato e ha incantato, un coro che è un cuore che pulsa, dove ognuno ha, dove ognuno dà dopo che tutto gli è stato preso ma non la speranza ma non la voglia di continuare a dare per poi prendere dagli occhi del pubblico che brillano e che non sanno ma forse immaginano quanto amore c’è, tutto quell’amore che è nella voce di ognuno. Il coro cantava e come succede nella vita poi arriva la morte e inizia un canto diverso; ancora Biagio e con lui Patrizia Spinosi, il canto dagli occhi verdi e dal sorriso dolce che in realtà è forte come la sua voce che ti stringe e non ti lascia neanche quando il tempo e lo spazio sono passati. Biagio e Patrizia hanno avviato una piccola processione un corteo magnifico che nel suo strazio incantava per la sua bellezza, una nenia e una preghiera e la folla si apriva per farli passare; loro camminavano ed io avrei voluto afferrarlo quel canto con entrambe le mani afferrarlo per poterlo toccare per poterlo portare con me e nutrirmene perché così era veloce sarebbe finito in fretta avrei voluto avevo bisogno di sentirmelo addosso per altro tempo tanto era prezioso tanto incantavano le voci che dicevano parole scritte da un cuore che sente, da uno che batte di passione che poi le regala, un cuore che è quello di Carlo Faiello che scrive e disegna perle preziose. Il pubblico continuava a camminare e seguire la scena che si muoveva veloce, che raccontava di drammi e che pur sorrideva, raccontava di guerre e di morte ma anche di tradimenti e dolori, di figli che si vorrebbero avessero il meglio e che forse alle volte poco fa se si sa che il metodo non è proprio quello giusto. Pulcinella combatteva la sua battaglia mentre c’erano quattro sedie disposte una di fronte all’altra su una era seduta una donna dai capelli oramai scoloriti che si rispecchiava in una giovane donna dagli occhi di fuoco e dal canto dolce che arrivava lontano e bambine e beltà che raccontavano la vita senza parlare ma toccandosi il volto e lisciandosi i capelli e la chitarra e il violino erano ad incorniciare il quadro magnifico.
Lo spettacolo stava per concludersi quando dietro ad un telo bianco, mentre urla si sentivano e non si vedeva perché la gente si è accalcata mentre qualcosa stava per finire altro è venuto alla luce, un bimbo con la maschera più famosa del mondo, un bimbo che ancora avrà da raccontare che è stato l’inizio di qualcosa che sembrava stesse per finire, Maurizio Murano eccezionale Pulcinella alato partorisce se stesso, partorisce l’inizio alla fine e riparte il cerchio di danza e di canti di vita e di morte. Il pubblico ha applaudito e avrebbe voluto rimanere ancora in piedi per correre dietro ad un coro, dietro ad una maschera dietro alla vita dalle mille forme e da un solo cuore che batte forte.
Luciana Cerreta
Per approfondire: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-18f3eab1-7eae-43bf-8797-9c5d1ed6b3fa.html
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