ASSOCIAZIONE CULTURALE LA CONTRADA, CDA001 1999 – MUSICA TRADIZIONALE/ITALIA (E SPAGNA)
La dimensione religiosa dell’esistenza costituisce una parte rilevante della tradizione culturale di un popolo e quindi delle sue espressioni musicali: è un tema che ha sempre suscitato un certo interesse, che è andato aumentando negli ultimi anni, come testimoniano i lavori del Doppio Bordone, dei Baraban e dei Barbapedana, tutti dedicati al Natale e alla festa ad esso più prossima, l’Epifania.
Ad allargare il campo esce ora il CD della Contrada, “Nel principio del nostro canto”, in cui siamo accompagnati in una sorta di viaggio lungo l’anno liturgico per incontrare festività soprattutto religiose, ma anche profane, ammesso che nella cultura popolare sia possibile una tale distinzione. Certamente il periodo natalizio fa ancora la parte del leone (5 brani su 12), ma il panorama si presenta comunque vario, sia dal punto di vista del calendario, sia da quello geografico.
L’album inizia con un “Canto di questua per l’Epifania”, che a livello esecutivo mi sembra il momento più debole del CD, forse per una registrazione non del tutto felice, che crea una sorta di effetto “compressione”, a cui segue uno dei pezzi più riusciti, un canto mariano, “Quando de mi Patrona”, proveniente dalla Spagna (unica incursione fuori dalla nostra penisola), molto semplice, ma estremamente suggestivo anche nel testo, nel quale gli occhi della Madonna sono come delle stelle in cui è bello specchiarsi per sempre.
Ancora dedicata alla Vergine è “Deus ti salvet Maria”, un’Ave Maria sarda eseguita con grande intensità, così come fortemente drammatica risulta la riproposizione di “Santa Crucidda”, un canto della Passione appartenente alla tradizione siciliana, originario di Ribera nell’Agrigentino.
Naturalmente più vivaci i due canti natalizi, non molto frequenti nelle consuete riproposte: “A Cesare gli venne un’ambizione”, proveniente dall’Appennino modenese, e “La leggenda del lupino”, un tradizionale campano, eseguito con grinta e convinzione, che prepara l’atmosfera per le quattro tracce successive, che ci coinvolgono nel clima festoso del “maggio”: le prime due provengono da Nocera Umbra, (ottimo il “Saltarello”, meno riuscito il “Maggio Umbro”), la terza dal Cilento, ai cui stornelli segue un’indiavolata (se è lecito) “Tarantella finale”.
La chiusura dell’album è ancora affidata al Natale: “San Giusep e la Madona” è la notissima canzone lombarda, in realtà diffusa in tutta Italia, che racconta il vagare della Sacra Famiglia alla ricerca di un posto per mangiare e dormire, “La nascita di Gesù” appartiene invece alla tradizione calabrese ed è uno dei brani più efficaci dell’album. Intelligentemente collocato dopo “San Giusep e la Madona”, sottolinea le differenze musicali fra tradizione settentrionale e meridionale, e al tempo stesso testimonia la capacità della fede popolare di “tradurre” il contenuto del racconto evangelico nella umile realtà del vivere quotidiano, come fanno i pastori, che portano in dono al Bambino “bianco latte, caciocavallo e formaggio fresco”, improvvisando poi in Suo onore un trascinante concerto affidato ai loro poveri strumenti.
Siamo quindi in presenza di un album interessante, in cui La Contrada, che da più di vent’anni lavora in quest’ambito, si fa perdonare facilmente qualche pecca, grazie a un’interpretazione che non ha un intento filologico, ma vuol rivivere insieme all’ascoltatore un’esperienza antica ma sempre nuova.
Paolo Zara
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