Negli ultimi anni anche in Italia, come già in precedenza in Europa e oltreoceano, si è rafforzata la visibilità della musica klezmer. La diffusione dei lavori dei gruppi storici americani (Klezmatics, Klezmorim, Klemer Conservatory Band, su tutti) e degli esponenti della cosiddetta nuova cultura ebraica radicale (John Zorn, Marc Ribot, Don Byron, David Krakauer), il successo dell’arguto affabulatore Moni Ovadia, la circolazione di pellicole che riportato l’attenzione sulla Shoah, hanno contribuito a creare un vasto interesse nei confronti dei suoni che un tempo dominavano gli shtetl e di quella proficua mescolanza, figlia dell’emigrazione, tra tradizione ebraica dell’Europa orientale e cultura musicale americana. Per un verso a fondamento di tale interesse v’è l’urgenza politica e culturale degli artisti ebrei di preservare la memoria di un universo culturale travolto dai crimini nazifascisti, dall’altro si fa strada una necessità più squisitamente artistica che spinge i musicisti ad approfondire la conoscenza della tradizione musicale yiddish, quale paradigma della transcultura e dell’intreccio di svariate tradizioni musicali (musica cantoriale, mondo arabo, Mitteleuropa, Balcani, jazz). Né tantomeno sono da trascurare le tendenze musicali alla moda e quell’atteggiamento multiculturalista cosiddetto del “cous cous”, che è l’attitudine per la quale molti accettano cibi e musiche altre, ma difficilmente mettono in discussione gli antichi pregiudizi e stereotipi sedimentati.
Stando così le cose non ci deve meravigliare di quanto sia nutrito il numero di musicisti che affascinati dalle musiche un tempo suonate dei klezmorim. In ogni modo, il fenomeno va seguito con interesse soprattutto quando il talento e la dedizione dei musicisti meritano tutto il nostro rispetto, come appare evidente con il duo Malastrana.
Com’è noto Malà Strana (che in ceco significa piccola parte) è il nome di un antico quartiere di Praga che ospitò la prima comunità ebraica della città. Da quel nucleo attraverso i secoli si è sviluppata la ricca cultura ebraica praghese. Due musicisti di Assisi Luciano Biondini e Mosè Chiavoni, hanno scelto questo nome evocativo per il proprio progetto artistico ispirato alle culture musicali ebraiche dell’Europa orientale. Il loro album s’intitola Nigun che in yiddish significa “melodia”.
Biondini è un fisarmonicista di formazione classica e jazz, che ha ricevuto numerosi riconoscimenti per la sua attività concertistica, prima di essere folgorato dalle sonorità del klezmer. Lo stile clarinettistico di Chiavoni è, invece, esito della fusione tra studi di Conservatorio, il jazz e la tradizione bandistica.
I Malastrana – due artisti dalla tecnica prodigiosa – pescando nella tradizione askhenazita e tra le composizioni di autori più recenti, confezionano un lavoro più che eccellente per il continuo, imprevedibile alternarsi di atmosfere liriche e meditate e di momenti caratterizzati da gran frenesia ritmica, per la capacità di sfruttare al meglio la voce ora struggente ora esuberante della fisarmonica che si combina mirabilmente con la duttilità timbrica del clarinetto.
Per concludere vogliamo riportare le osservazioni di Moni Ovadia, che nelle note del booklet del CD commenta autorevolmente: “Il duo Malastrana è una delle presenze artistiche che illuminano il futuro del klezmer e della sua gente che non c’è più”. Concordiamo pienamente.
Ciro De Rosa
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