Il vostro è un nome particolare, quasi una dichiarazione di intenti. C’è una storia dietro? Ce la volete raccontare?
Il gruppo “Young 8”, come ensemble di giovanissimi allievi dell’Associazione “Musica Insieme” di Grugliasco (in provincia di Torino), proponeva un repertorio che spaziava da brani classici a colonne sonore. Dopo l’incontro col chitarrista Fabio Colussi abbiamo pensato di aggiungere “folk” al nome originale, intraprendendo un repertorio parallelo.
Da quando siete attivi come gruppo e come vi siete formati? Quanto i percorsi individuali dei singoli componenti hanno influito sulla creazione di un suono d’insieme? Presentatevi a chi ancora non vi conosce…
La versione “folk” del gruppo è nata nel gennaio 2010 su iniziativa di Fabio Colussi. Ogni componente del gruppo, condividendo la sua preparazione accademica e la sua passione, contribuisce alla realizzazione di un repertorio folk, sia da ballo che d’ascolto, con un approccio molto serio, ma donando allo stesso tempo entusiasmo e originalità
Il vostro repertorio e le vostre fonti ispirative si rifanno al modello del classico folk-rock europeo. Quali i motivi di questa scelta?
Il tentativo è di creare anche in Piemonte una cultura folk, intesa come sensibilità verso il livello qualitativo della musica. All’estero il folk è una musica a cui si presta molta più attenzione, in Germania i gruppi folk appaiono alla televisione nazionale, in Francia i musicisti ricevono sovvenzioni statali sia nel caso suonino musica classica che musica folk.
Abbiamo scelto brani che oltre ad essere spesso difficili tecnicamente sappiano emozionare il pubblico, sia quello seduto in platea che quello danzante.
Presentate il vostro spettacolo, gli strumenti e il loro ruolo, la fruizione come ballo e la dimensione d’ascolto…
Oltre alla capacità tecnica il gruppo si presenta in scena con grande entusiasmo e simpatia, le musiciste giocano sul palco, ballano e scendono in platea per suonare in mezzo al pubblico.
In inglese e in francese il verbo rende meglio l’idea di cosa vuole essere la nostra musica, to play, giocare, in francese jouer
. La presenza scenica delle ragazze e il loro suono sono però sostenuti da una base armonica e ritmica molto presente, creata da pianoforte, chitarra e batteria, che tessono il tappeto musicale atto a contenere i virtuosismi e le melodie degli strumenti solisti, ossia flauto e violini.
Ballo o ascolto? Entrambi. Il tentativo è sempre quello di coinvolgere lo spettatore passivo e, se possibile, farlo alzare dalla sedia. Ma gli arrangiamenti innovativi e la varietà del repertorio, da lento a mosso, dal folk al folk-rock cercano comunque di garantire un buon livello di ascolto anche in una sala da concerti.
Quanta tradizione c’è nel vostro repertorio e quanta composizione?
La nostra idea è che non ci sia nulla di fermo nella cultura, e che l’uso di strumenti diversi, non sempre utilizzati per la musica folk (pianoforte) arricchisca le melodie tradizionali, e permetta di riprendere schemi di musica da ballo per inserire nuove composizioni. In parte il nostro repertorio si rifà a gruppi folk già in auge come “Le Quintet à claques” e in parte è stato creato da Fabio Colussi e Dania Ferro.
Ambiziosamente vorremmo che le nostre composizioni diventassero in un futuro musica tradizionale, e che gli arrangiamenti dei brani tradizionali portassero una nuova emozione anche su melodie già conosciute.
Ovviamente la nostra proposta comprende brani tradizionali rinnovati nell’arrangiamento, cercando di portare una nuova emozione anche su melodie già conosciute al pubblico del ballo folk.
La giuria di Loano ha particolarmente apprezzato, oltre alla vostra capacità tecnico-esecutiva individuale, anche la freschezza della proposta e il coraggio di affrontare un repertorio composito e, in parte, non troppo frequentato. Vi riconoscete nel giudizio?
Certamente. In realtà la scelta del repertorio è dovuta alla necessità di suonare per il bal folk, e ripercorre la scaletta tipica di un concerto a ballo francese. Inoltre la struttura ritmica dei balli occitani e francesi spesso consente di creare nuove melodie immaginando come verranno danzate…
Voi operate in Piemonte, una regione che è stata per anni leader della riproposta folk in Italia. Musicalmente, cosa pensate che offra il vostro territorio? Com’è la situazione della musica dal vivo? E quella delle produzioni discografiche?
Se facciamo riferimento alla musica d’ascolto, non si può evitare di menzionare due amici che hanno dato molto alla tradizione a alla cultura folk piemontese, Franco Lucà fondatore del Folk Club di Torino e della Maison Musique di Rivoli, e il caro Alberto Cesa, creatore di Cantovivo, scomparso prematuramente. Persone come loro, e moltissime altre in Piemonte promuovono manifestazioni e occasioni di incontro per chi apprezza la musica di qualità e sta ben lontano dai tentativo di globalizzazione operato dai mass-media.
Parlando invece della situazione del ballo folk in Piemonte, c’è di che scoraggiarsi.
Spesso i ballerini piemontesi non riconoscono la musica di qualità, in quanto abituati alla varietà di proposta scarsa.
L’intento è quello di ringiovanire il panorama musicale nel torinese e di costruire un ponte tra diverse generazioni,cercando di allargare il bacino di utenza del mondo folk.
Diversa è la situazioni nell’aera di Cuneo, Piemonte del sud, dove Sergio Berardo, Gabriele Ferrero, Simone Bottasso e altri illustri musicisti hanno creato un gran fermento nell’ambito folk e hanno cercato di divulgare la cultura di una musica fresca e giovane, ma suonata sempre con competenza e tecnica.
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