Come molti gruppi che suonano musiche provenienti o ispirate dalla cultura celtica, avete scelto un nome che ha bisogno di una presentazione. Ce la volete fornire?
La riflessione sul valore emotivo che ha per noi la musica tradizionale irlandese, scozzese e bretone e sul fatto che la si sia suonata per quasi un ventennio con varie formazioni ci ha permesso di prendere consapevolezza di quanto il genere ci tocchi nel profondo il cuore e scorra nel nostro sangue.
È per questo che ci siamo dati un nome in gaelico, AN BHFUIL, che significa “il nostro sangue” e che si pronuncia proprio così ARNWIL.
Da quando siete attivi come gruppo e come vi siete formati? Quanto i percorsi individuali dei singoli componenti hanno influito sulla creazione di un suono d’insieme? Presentatevi a chi ancora non vi conosce…
Da un re-incontro di Paolo Barbo e Roby Fonda, nell’ormai lontano 2005, nasce un duo di musica sperimentale che con strumentazioni elettroniche e acustiche affrontava una rilettura dei brani della tradizione celtica. L’attuale formazione è attiva dalla fine del 2007, anno in cui entrano a far parte del gruppo Giancarlo Travani (chitarra & stomp-box), Caterina De Boni Fiabane (fiddle e fisarmonica) e Marco “Pead” Atti (flauti). Questi tre elementi portano all’ensemble un motore ritmico essenziale nella propulsione alle danze e un’incredibile tessitura armonico-melodica, in special modo nei motivi strumentali.
Fin dagli anni Settanta la cosiddetta “musica celtica” affascina e “cattura” sempre nuovi appassionati. Qual è la vostra personale interpretazione delle suggestioni musicali provenienti da questa area?
Il sound ARNWIL è tradizione condita con ritmiche e interpretazioni che fanno riferimento ad altre realtà musicali (funk, soul ecc.) senza mai perdere di vista l’identità sonora di “Keltic Music”. Il rinnovamento non va tanto cercato nell’utilizzo di strumenti “moderni” ma piuttosto nel diverso spirito con cui ci si è avvicinati al genere.
Del repertorio del gruppo, costituito in prevalenza da musica proveniente dall’area irlandese nelle sue forme tipiche (jigs, reel, polkas, songs…) con un particolare riguardo alla “irish dance music”, fanno parte anche brani provenienti da Scozia e Bretagna. La selezione attuale è di una quarantina di brani in continuo aggiornamento e ampliamento.
Presentate il vostro spettacolo, gli strumenti e il loro ruolo, come si articola la vostra scaletta sul palco…
Le nostre esibizioni puntano a un diretto coinvolgimento del pubblico e solitamente hanno luogo nei pubs o a feste in occasione delle ricorrenze tipiche dell’area celtica (Patrick’s Day e Halloween). L’effetto che il gruppo sortisce è garantito, l’esecuzione veicola una forte carica emotiva senza il ricorso a effetti scenici e spesso, laddove possibile, gli ascoltatori si producono in danze spontanee.
Tutti i componenti degli Arnwil suonano almeno due strumenti della tradizione celtica oltre a chitarra, basso elettrico e stomp-box non tradizionali.
Il Bodhran, tamburo a cornice suonato con un battente, è il sostegno ritmico per elezione. Fiddle (violino), tin whistle (il flauto di latta della tradizione irlandese) e flauto traverso hanno un ruolo prevalentemente melodico anche se le frasi che essi espongono hanno una marcata componente ritmica e hanno l’effetto di trascinare a danze a volte infuocate e inarrestabili.
Il bouzouki, evocativo strumento d’accompagnamento a quattro corde doppie, ha il potere di ricreare le atmosfere magiche di quelle terre e la fisarmonica colora il tessuto dei brani.
Pur strumento moderno e non celtico, il basso elettrico è un elemento ritmico-melodico essenziale nella creazione di un paesaggio sonoro completo e chi lo suona è in grado di arricchire alcuni brani del repertorio con il suono del mandolino.
La chitarra viene utilizzata anch’essa, assieme alla stomp-box (percussione a piede), come propulsore ritmico e come fonte d’influenza sul suono d’insieme dal sapore afroamericano.
Da ultima, ma non meno importante, la voce, guida imprescindibile nei brani cantati e portatrice di storie di altri luoghi e altri tempi.
Il sound degli Arnwil è il risultato dell’amalgama equilibrata di tutto questo e, come in ogni buon cocktail, si gusta e ci si lascia prendere dall’insieme.
La scaletta è costituita da una giostra dei brani raggruppati per tipo (danze, ballate, canti di guerra ecc.), per aree di appartenenza o secondo criteri diversi adottati di volta in volta in base alla “location” dell’esibizione.
Quanta tradizione c’è nel vostro repertorio e quanta composizione?
La tradizione occupa la totalità del repertorio: la scelta di materiale è talmente vasta che disorienta. È di per sé una sfida portare al pubblico un dignitoso campionario di quello che più ci fa vibrare cercando di entusiasmarlo e convincerlo.
Per quanto riguarda la composizione essa è, allo stato attuale, oggetto di discussione in seno al gruppo e non è da escludere che possa essere considerata come il passo successivo nella nostra evoluzione.
Come si capisce dalla vostra presenza in Facebook, avete un buon seguito di fan. Che effetto vi ha fatto partecipare a un concorso in cui sareste stati giudicati da una giuria e non dal pubblico? Un esito negativo non avrebbe potuto avere esiti deprimenti per il vostro ensemble?
L’esperienza è stata costruttiva ed estremamente gratificante. La partecipazione è nata quasi come un atto dovuto, essendo questa manifestazione il contesto ideale in cui poter sottoporre il nostro suonare ad una valutazione, e senza aspettative, sapendo di essere sulla scena relativamente da poco tempo rispetto ad artisti che frequentano il genere da decenni e che in passato non hanno avuto esiti positivi nelle selezioni. Essere giudicati da una giuria è un rischio che vale comunque la pena prendere. Il riscontro sempre estremamente positivo nei locali ha avuto qui modo di essere confermato. La notizia della vittoria ci ha piacevolmente colti di sorpresa ed è andata a consolidare una coscienza della validità del nostro ensemble acquisita sul campo durante le esibizioni di questi anni.
Voi operate nel Nord-Est d’Italia. Com’è la situazione della musica dal vivo? E quella delle produzioni discografiche?
Trovare da suonare dal vivo è sempre stato impegnativo per noi. L’area triestina è un po’ chiusa su se stessa e abbiamo trovato sicuramente molta più disponibilità fuori dalla nostra provincia. È importante il passa parola fra gestori di locali che si rassicurano l’un l’altro prima dell’ingaggio. Il nostro auspicio è che la partecipazione a Folkest aumenti la nostra visibilità, promuova la nostra immagine e incentivi i contatti.
Per quanto riguarda le produzioni discografiche non siamo a conoscenza di realtà diverse di quelle legate all’autoproduzione. Pubblicheremmo volentieri se qualche etichetta si facesse avanti…
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