Krasì, primi classificati nella selezione territoriale “Italia Nord Est 1” di Verona (tenutasi il 24 febbraio scorso), suoneranno nel corso di Folkest in Festa, la grande kermesse che come ogni anno chiuderà l’edizione 2012 di Folkest. In attesa di poterli ascoltare dal vivo, una breve intervista per conoscerli meglio.
Come molti gruppi che suonano musiche del sud Italia, avete scelto un nome che ha bisogno di una presentazione. Ce la volete fornire?
Il nome è nato quasi per caso di ritorno da un viaggio a Firenze dove ci eravamo esibiti in stile “buskers”. In realtà eravamo studenti universitari un po’ squattrinati che hanno avuto la fortuna di trovare sul treno un controllore grecanico-salentino che, in cambio di una pizzica, ci ha fatto un considerevole sconto sul prezzo dei biglietti e ha suggerito il nome del gruppo, krasì, che in grecanico (il dialetto derivato dal neo-greco che si parla nella zona della così detta grecia salentina) vuol dire vino…
KRASì però è anche riferito a “krâsis” inteso come unione di diversi percorsi musicali che si fondono in un unico viaggio musicale.
Da quando siete attivi come gruppo e come vi siete formati? Quanto i percorsi individuali dei singoli componenti hanno influito sulla creazione di un suono d’insieme? Presentatevi a chi ancora non vi conosce…
Il primo nucleo nasce nel 2000 come formazione classica di pizzica formata praticamente solo da salentini con un set strumentale e un’impostazione strettamente legata alla tradizione.
Nel 2004 il gruppo compie la svolta in chiave moderna con l’ingresso del basso, della batteria e della chitarra elettrica mettendo insieme elementi musicalmente differenti, ma che parlano lo stesso linguaggio musicale e che hanno la coscienza di sentire propria l’eredità della musica popolare.
Nel 2011, dopo una lunga esperienza live, arriva finalmente il primo lavoro discografico della band:”Sta Strada“, che prende vita e forma nelle assolate giornate di giugno al ” dude music” di Correggio. Sono state settimane intense che hanno visto nascere undici tracce, in cui le tipiche sonorità della taranta hanno incontrato le sfumature del rock e del ragamuffin, in un connubio, speriamo, efficace e divertente.
Presentate il vostro spettacolo, gli strumenti e il loro ruolo, come si articola la vostra scaletta sul palco…
Il gruppo è formato da tre salentini che suonano gli strumenti più tradizionalmente legati alla pizzica (tamburelli, violino, fisarmonica) e da quattro pugliesi “non salentini” che suonano chitarre, basso e batteria; ognuno porta il suo stile e la sua sensibilità con lo scopo di creare un sound variegato e coinvolgente. In questo c’è il significato del nostro nome, cioè “krasis” inteso come unione di diverse “anime” musicali. Cerchiamo di reinterpretare con rispetto ma in chiave contemporanea la musica popolare, convinti del fatto che il modo migliore per tenere viva una tradizione sia quello di viverla in maniera attuale e di rinnovarla continuamente.
Il nostro spettacolo è concepito come un vero e proprio viaggio musicale che parte con la Pizzica, cuore pulsante del Salento ed elemento principale del nostro repertorio, per poi passare dalla Campania con le sue tammurriate e la Sicilia con le classiche tarantelle, proseguendo poi verso est con musiche di tradizione balcanica, saltando di tanto in tanto in Calabria e nel Gargano. Il tutto è articolato in un percorso estremamente piacevole e divertente, che vuole rompere la linea immaginaria tra il palco e il pubblico, cercando di coinvolgere ogni singolo spettatore e farlo diventare parte attiva nello spettacolo.
Il ritmo che vi contraddistingue è quello della pizzica salentina, che negli ultimi anni ha goduto di grande popolarità anche a migliaia di kilometri dalla Puglia. Quale secondo voi il motivo di tale successo?
Sono diversi i segreti del suo successo, dal punto di vista musicale la pizzica è caratterizzata da un ritmo talmente incalzante che è difficile dimenticare ma soprattutto è impossibile non farsi coinvolgere ballando, a questo si deve associare anche una promozione turistica e di valorizzazione della cultura tradizionale attraverso eventi musicali e culturali su tutto ciò che gira intorno al tarantismo.
Che effetto vi ha fatto partecipare a un concorso in cui sareste stati giudicati da una giuria e non dal pubblico? Un esito negativo non avrebbe potuto avere esiti deprimenti per il vostro ensemble?
“Noi ci siamo trovati per divertirci e per far divertire” è il motto che racchiude la nostra filosofia, infatti l’abbiamo voluto scrivere in grande anche sul nostro primo album “sta strada”. Il giudice più importante per noi è sempre stato il pubblico che, per fortuna, ha sempre risposto in maniera positiva. Ciò non toglie che il giudizio positivo di una giuria di un festival così importante rappresenti per noi un ottimo esame di maturità, motivo d’orgoglio e una bella iniezione di fiducia.
Un giudizio negativo non ci avrebbe fatto piacere; certo bisogna vedere in quale contesto matura, le ragioni, i gruppi con cui ci si confronta. Arrivare secondo o terzo in un concorso come “Suonare al Folkest” in cui il livello musicale è alto non vuol dire necessariamente che la tua proposta musicale non sia valida, anzi! In questo senso non crediamo che un giudizio negativo avrebbe potuto avere esiti deprimenti.
Voi vivete a Modena. Com’è la situazione della musica dal vivo in Emilia? E quella delle produzioni discografiche?
Forse in Emilia la situazione è leggermente migliore rispetto alla scena nazionale, ma pensiamo che si possa fare molto di più per promuovere la musica.
Per quanto riguarda le produzioni discografiche non ne sappiamo molto, infatti il nostro CD è totalmente autoprodotto..
Lascia un commento