Silvia & the Fishes on Friday,secondi classificati nella selezione territoriale “Italia Nord Est 2” di Spilimbergo, suoneranno per Folkest nella fase itinerante del festival. In attesa di poterli ascoltare dal vivo, una breve intervista per conoscerli meglio.
I pesci di venerdì: Silvia, non credi che sia necessaria qualche spiegazione? Quale recondito messaggio si cela dietro la scelta di chiamarvi così?
Normalmente non raccontiamo nulla sull’origine del nome del gruppo… ma questa volta faremo un’eccezione, se siete pronti ad accettarla.
Era il 2010, primavera inoltrata, quando Guido e Mirco hanno deciso di prendere sul serio alcune delle mie canzoni sparse. Guido di li’ a poco per questioni personali si e’ dovuto trasferire per un paio di mesi in Scozia, sull’isola di Skye. Attratti dalla prospettiva di una vacanza facile, Mirco ed io abbiamo radunato le nostre forze (e le nostre ferie) e lo abbiamo raggiunto, imbucandoci nel suo appartamento. Abbiamo approfittato della convivenza forzata per metterci sotto con le canzoni, e’ stato un periodo di produzione breve ma intenso. Provavamo ogni sera, alla solita ora, nel salotto dell’appartamento di guido, con una splendida vista sul mare e due pesci rossi in una boccia a farci da spettatori. Si trattava di spettatori un po’ silenziosi, ma molto attenti: dopo alcuni giorni, alla solita ora, hanno preso l’abitudine di posizionarsi sul bordo della boccia, rivolti verso di me, in attesa di sentirci suonare. Dopo due settimane, il venerdì, Mirco ed io stavamo facendo le valigie per prepararci alla partenza del giorno successivo. Niente prove quindi. Mentre liberavo il salotto dalle mie cose mi sono accorta che i pesciolini si erano preparati, come di consueto, in posizione d’ascolto… Ci mancava un nome… Perché non premiare l’affetto dei nostri primi fans?
Da quando siete attivi come gruppo e come vi siete formati? Quanto i percorsi individuali dei singoli componenti hanno influito sulla creazione di un suono d’insieme? Presentatevi a chi ancora non vi conosce…
Silvia: Siamo attivi dalla primavera del 2010, tutto e’ partito da una mezza dozzina di mie canzoni, scritte in solitudine. Veniamo da esperienze e percorsi musicali diversi, e forse la diversità, come spesso succede nell’arte e non solo, e’ stata una preziosa fonte di arricchimento. Mirco e’ da sempre orientato verso generi come il metal e l’hard rock, Guido spazia senza sosta dal rock alla bossa, io invece da anni sono innamorata dell’indie folk, del cantautorato di stampo nordeuropeo e delle voci dal mood malinconico. Ognuno di noi porta con sé un pezzetto delle proprie passioni e della propria sensibilità, con l’impegno di riuscire a creare alla fine qualcosa di originale.
Presentate il vostro spettacolo, gli strumenti e il loro ruolo, i musicisti e il repertorio…
Siamo chitarra acustica e voce femminile (Silvia), seconda chitarra (Guido) e contrabbasso (Mirco). La formazione e’ assolutamente minimal, direi tascabile, ma gli arrangiamenti sono studiati attentamente: si intrecciano chitarre percussive, ritmi in bossa, e soli di contrabbasso. Le canzoni, rigorosamente scritte in inglese, raccontano di immagini, luoghi, sensazioni, sono impronte lasciate da chi scrive per chi ascolta.
Collocarvi come genere è piuttosto difficoltoso. Quali sentite essere i vostri legami con il folk e con la musica acustica in generale?
Senza dubbio dobbiamo molto alla tradizione folk e cantautorale europea e alla musica popolare, non nell’accezione che richiama il folklore o le tradizioni di una terra, ma con il significato di musica vicina a tutti, immediata, che vorrebbe arrivare dritta a quella che chiamiamo anima.
In questo senso ci sentiamo lontani anche dall’intellettualismo che viene sovente associato alla musica acustica cantautorale… cerchiamo soltanto di dare una veste graziosa alla nostra necessità di espressione, con la speranza di poter lasciare una piccola traccia di noi nel cuore di chi ci ascolta.
Partecipare a un concorso come “Suonare@Folkest”, cioè essere giudicati da una giuria per quanto qualificata e non dal pubblico, che emozioni vi ha creato?
E’ stata un’esperienza emozionante e molto istruttiva. Non capita spesso a band emergenti di avere l’occasione di suonare davanti ad una giuria qualificata. Dobbiamo poi ammettere che l’impatto con il palco di un teatro non va sottovalutato. La prospettiva di poter suonare nella fase tinerante di Folkest e’ un piccolo primo sogno che si avvera… da storici spettatori a protagonisti…
Voi operate al Nordest d’Italia. Com’è la situazione della musica dal vivo nel vostro territorio d’azione? E quella delle produzioni discografiche?
In entrambi i casi ci stiamo interessando di ciò che accade all’estero, in particolare per il capitolo produzioni discografiche. Vedrà la luce a breve il nostro primo album completo di 10 tracce e stiamo affrontando proprio in questo periodo le difficoltà e gli oneri legati all’autoproduzione. Per quanto riguarda la musica dal vivo dobbiamo ammettere che in regione vengono organizzate manifestazioni degne di nota in campo acustico/chitarristico come Folkest o Madame Guitar, a cui abbiamo partecipato con grande entusiasmo. E’ innegabile però che in generale il pubblico dimostri diffidenza e scarsa sensibilità nei confronti di chi cerca di proporre e promuovere la propria musica. Con le dovute eccezioni per fortuna… ma forse sta proprio a noi cercare di conquistare gli scettici…
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