Un nome nuovo si affaccia sulla scena folk nazionale, proveniente dalla Sicilia, e più precisamente dalla Valle del Mela, in provincia di Messina. L’etichetta toscana Radici Music Records ha scommesso su di loro (che avevano alle spalle soltanto un paio di demo) e il risultato, conviene dirlo subito, premia lo sforzo compiuto. I Malanova sono un gruppo decisamente numeroso (nove elementi, più ospiti) guidato da Pietro Mendolia, autore anche di tutti i brani del disco, e in questo la loro proposta non si distanzia molto da quella di altre formazioni del Sud insulare o peninsulare, che prediligono la vasta gamma di timbriche e il forte impatto che questa inevitabilmente provoca. Quello che ci è piaciuto subito, all’ascolto di Non Iàbbu e non Maravìgghia, è che invece ai Malanova piace tessere trame semplici ma portanti, piuttosto che scodellare corde, fiati e pelli e giocare alla stratificazione dei suoni. Tessere trame vuol dire aver capito che nella musica di derivazione tradizionale suonata in vista del primo decennio del Duemila non ci si può accontentare di quello che viene, e che allora bisogna avere in mente un progetto sonoro ben chiaro. E Malanova ce l’ha… Interessanti anche i testi, che ora sfiorano ora approfondiscono temi relativi all’attaccamento alla terra natale, ai giochi antichi sottoforma di favola o filastrocca, ai riti tradizionali, alla festa, con un uso insistito della metafora, retaggio di culture arcaiche ma non per questo rozze o semplicistiche. Un bell’esempio di come il folk si possa evolvere, con gusto e partecipazione, senza percorrere strade già troppo battute, con una personalità e uno stile difficili da trovare in un debutto discografico. Alla prova della maturità, che ci auguriamo non debba tardare, rimandiamo un giudizio definitivo, ma già da ora ci sentiamo di affermare che la Sicilia ha partorito un insieme di vaglia, con idee chiare e ottime prospettive. Bravi.
Enrico Lucchesi
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