Mentre a metà settembre 2000 “Musica!” di Repubblica recensisce con un ritardo di quasi due anni il loro precedente mini-CD (del quale su richiesta del gruppo non abbiamo parlato perché solo parzialmente aderente al compimento del loro percorso artistico più attuale), i sei baldi ex-giovanotti de La Lionetta ridebuttano ufficialmente per la terza volta -con ritrovato equilibrio e la giusta convinzione- con un prodotto discografico completo e assai convincente. Chi avesse avuto occasione di conoscerli soltanto nel loro tentativo di ripresa alla metà degli anni Novanta (simpatico, ma di non eccelsa originalità), avrà molto di che stupirsi, perché il sestetto piemontese è tornato ai livelli espressivi -opportunamente aggiornati, riveduti e corretti- dei primi anni Ottanta, quando La Lionetta rappresentava -secondo molti- il meglio del folk in Italia. La formazione allinea due “vecchi”, già presenti nella line-up di vent’anni fa; Roberto Aversa (voce, fiati, chitarra, harmonium, percussioni) e Maurizio Bertani (voce, mandolino, chitarra) con i quali si sono perfettamente integrati alcuni esperti musicisti della scena torinese: Ilio Amisano (organetto e voce), Michele Salituro (violino, chitarre, percussioni, flauto di Pan, voce), Massimo Lupotti (basso tuba, voce), Lucio Molinari (batteria e percussioni). Già dal titolo del disco, un gioco di parole in cui “settimini” non sta per nati prematuramente ma per guaritori popolari, si ha l’immediata percezione di un approccio grintoso e dissacrante al materiale tradizionale rielaborato e di una proposta aggressiva nelle nuove composizioni. Impressioni confermate dall’ascolto, che risulta in più di un’occasione davvero trascinante. L’assenza totale di suoni artificiali (l’inserimento del basso tuba in luogo dello spesso abusato basso elettrico è uno degli elementi caratterizzanti de La Lionetta) imprime una caratteristica qualificante al suono complessivo, frutto di una divertita commistione di umori e stili, nella quale il polistrumentismo di molti Lionetta diviene ulteriore ingrediente di freschezza e originalità. Da non sottovalutare i testi delle composizioni originali, molto legati alla contemporaneità e capaci di fotografare con un certo disincanto malesseri e benesseri del giorno d’oggi. C’è anche un riscrittura in chiave 2000 della “Ballata dei contrari”, dove si parla di pensionati alle Hawaij e di clandestini svizzeri che fuggono in Albania.
Prevediamo che qualcuno possa considerae La Lionetta poco più di un clone di altri gruppi figli legittimi o illegittimi dei Mau Mau, pure con l’aggravante di esprimersi di frequente nel medesimo dialetto: a questi raccomandiamo di ascoltare più e più volte con attenzione “Ottoni & Settimini” (tanto non ci si annoia) e di non esprimere giudizi affrettati. Voi che invece avete fiducia in noi, compratelo e buon divertimento.
Roberto G. Sacchi
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