Lewis è una delle maggiori isole dell’arcipelago delle Ebridi, lembi di Scozia che fronteggiano l’Atlantico e si allungano da sud verso il “Grande Nord”. In questa terra di marinai, pescatori e whisky è nato Ado Matheson. Figlio e nipote d’arte (suo nonno aveva ricevuto il titolo di “Celtic Bard” per le sue composizioni in gaelico) per molti anni Matheson si è fatto apprezzare come interprete, diverse volte aprendo i concerti di artisti come Davey Spillane o i Runrig. Alcuni anni fa si è trasferito a Londra e qui, complici la nostalgia e il desiderio di riannodare i legami con la propria isola e la propria cultura, e con l’ausilio del figlio Hans, ha iniziato a comporre. Ed è così che è nato “Out on the islands”: dodici splendide ballate che hanno il potere di evocare con forza insolita i paesaggi delle Ebridi, con le scogliere battute dall’Oceano e le distese di erica piegate dal vento. Ma oltre ai luoghi è un intero mondo di affetti e relazioni che viene evocato, e la vita stessa di queste isole. Così ecco “Iona”, “The old fisherman”, “Tide and time”, “Harvest time”, “Out on the islands”, “The harbour”, delle quali vale la pena la lettura dei testi, dal taglio intimista ma mai melenso. Per raccontare tutto ciò a Matheson sono sufficienti, oltre alla sua voce, una chitarra e un pianoforte, accompagnati dal violino e dal canto del figlio Hans, dal discreto accompagnamento dei bassi di Nick Kacal e Nick Turner, dalla batteria di Simon Lea e dalla voce di Many Meaden. Disco praticamente autoprodotto, ma perfettamente curato in tutti i suoi aspetti (compresa la confezione, con alcune belle foto in bianco e nero dell’isola di Lewis), è un debutto discografico ottimo, che ci ha rivelato un artista maturo e consapevole, il quale siamo convinti che in futuro, grazie alla sua lunga esperienza e –soprattutto- alla sua sensibilità, saprà regalarci ancora molte emozioni.
Marco G. La Viola
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