Il tempo passa e i racconti faticano a raccontarsi, scorre questo tempo che porta lontano i rumori, i suoni e i volti ma all’improvviso, come fosse miracolo, ritorna e nulla può fermarlo, neanche la pioggia che tradisce e inganna gli amici. Ogni anno è così, ogni anno è la stessa magia, la stessa Pagani; uguali le case, la gente, i vicoli che sanno di storia, quella raccontata dai libri e quella che molti vorrebbero fosse dimenticata e mai più ripetuta. Ogni anno è uguale ma di anno in anno è diverso. Pagani e la sua Madonna, Pagani con le sue tammorre e suoi i toselli. Pagani e il suo popolo che cammina le strade. Forse è questo il vero miracolo: la gente che non dimentica, la gente che nonostante la voglia di futuro non dimentica il passato e lo accarezza e lo protegge come un dono prezioso, una perla rarissima nel mondo della plastica e delle copie. Fili intrecciati come ricordi e come sogni, vecchie fotografie e odori che entrano nell’anima e raccontano un mondo, il mondo del battere, del suono e dei piedi che calcano la terra, che vanno avanti e indietro, che girano e che indietreggiano che gli occhi sono lì fissi negli occhi di chi in quel momento è il solo che segue e che può seguire.Pagani e le sue voci che all’improvviso si levano, voci di donne dai capelli tinti o di donne con le mani stanche e rotte dalla fatica e dai campi, dai carciofi che si arrostiscono sulla brace e del pranzo che è il pranzo della e con la gente in questo giorno speciale. Pagani e i suoi uomini che guardano le donne curve su se stesse danzare le braccia sorridendo e ridendo perché loro la vita l’hanno vissuta così, danzando sui pensieri che sono gravi e che sono profondi; donne che ballano tra di loro per insegnare che la vita è questo, è guardarsi e capire dove e quando si vota perché ogni giorno può essere una votata e ogni giorno c‘è il bisogno di capirsi solo con gli occhi, bastano gli occhi e i pensieri per andare all’unisono con l’aria che circonda. Pagani è un mondo che racconta un universo fatto di storie che adesso non si scrivono più, perché tutto corre e perché i giovani certe storie non le ascoltano e non le raccontano. Pagani e il rimpianto, perché molti, troppi, parlano senza conoscere e cantano e suonano troppo contemporaneamente ed allora il suono si mischia e niente è come avrebbe dovuto essere. Ma la gente c’è e arriva da molto lontano e sorride quando incontra altra gente che sorride e canta e cerca. Come quando incontra quel sorriso che di tempo ne conosce molto, venuto da Giugliano dove si raccontano in maniera diversa gli amori e le lotte, il luogo dove il suono stridulo del “sisc’co” scandisce le passioni, le afferra e ne fa una sola rota dove gli uomini e le donne si incontrano, si raccontano, si abbandonano e si ritrovano, tutto in un solo magico, irripetibile, momento di sguardi, di braccia alzate e di gambe che si intrecciano, tenaci come tenace è l’attaccamento alla vita di un popolo. Quel sorriso di uomo buono, che di passato ne ha da raccontare, ne conosce; quel sorriso discreto che abbraccia chi gli sta intorno, che bonariamente accoglie, come figli. Quel maestro che è Zi’ Peppino Di Febbraio, uomo, amico, cultore, rappresentate di un universo. Dal momento in cui i suoi occhi e il suo sorriso sono arrivati ai miei occhi è entrato in un angolo speciale del mio cuore che ogni volta, tutte le volte, mi fa dire : “Grazie di esserci anche oggi e permettermi di stare qui a guardare per riempirmi gli occhi di tanta meraviglia”. In un momento ho abbracciato e amato Pagani, in un sorriso la storia di un popolo e di un mondo che non muore quando gli altri con violenza lo colpiscono. Le camicie sudate, i segni della fatica e i corpi che si muovevano veloci, sinuosi, con maestria; corpi di giovani che non saranno mai vecchi perché pensano che giovane è meglio e di vecchi che saranno per sempre giovani perché loro raccontano e insegnano e quei nastri rossi sulle castagnette piccole e nascoste tra le dita, quei nastrini rossi che solcano l’aria mentre il tamburo è battuto e le voci sono piene, saranno per sempre il racconto di una città e saranno i visi e i racconti e il cuore stesso della gente che qui diventa più caldo.
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