La storia musicale di Maria McKee inizia quando poco più che ventenne, a metà degli anni Ottanta, si presentò sulla scena rock americana con il suo gruppo, i Lone Justice. Per il loro primo disco si mobilitarono alcuni pezzi da novanta, da Bob Dylan a Tom Petty, lasciando intendere un futuro rigoglioso in un periodo avaro di piacevoli novità. Invece l’originale freschezza e la dolce irruenza della band californiana svanirono quasi sul nascere e chi ne fu prevalentemente danneggiata fu lei, la vera leader del gruppo, che intraprese una carriera solista collocandosi tra le rock’n’roll singer più interessanti di fine anni Ottanta grazie anche alla sua voce straordinaria, armoniosa e molto musicale, incline al cantautorato. Nel decennio successivo la McKee mette insieme una manciata di dischi che rimbalzano tra diversi stili, dal pop al country e dal rock al folk, senza una continuità stilistica e senza quella verve iniziale, lasciando delusi molti estimatori anche in casa nostra. Il mio amico Gabriele, che oltre ad esercitare la professione di farmacista in un piccolo paese dell’entroterra ligure, è un gran conoscitore di musica americana, in uno dei nostri scambi di dischi mi ha fatto notare il ritorno di Maria McKee con un disco secondo lui all’altezza degli esordi con i Lone Justice. “Peddin’ Dreams” è uscito la scorsa primavera e io lo sto ascoltando in questi giorni. Sinceramente sono molto contento di aver ritrovato la sua bella voce, che in questo disco gira a perfezione con le armonie e le melodie musicali, e un artista capace ancora di stupire, rimettendosi decisamente in gioco. Belle ballate, atmosfere roccheggianti ed una dignitosa cover di “Barstool Blues” di Neil Young ci portano ai bei tempi e ci riempiono il cuore come quando una persona cara torna dopo una lunga assenza. La ricetta del farmacista anche questa volta ha colto nel segno. Ascolto a polmoni aperti.
Roberto Sacchi
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