di J.d.M.
La notizia d’agenzia è piuttosto breve e secca, ma induce ad alcune considerazioni.
La Barley Arts, agenzia piuttosto nota in Italia, fondata da Claudio Trotta e condotta dalla sorella Cristina, rientra nel grembo di Assomusica, l’associazione dei promoter della quale il manager milanese fu uno dei membri fondatori nel 1996.
Assomusica aveva visto l’elezione a presidente nel mese di maggio del torinese Carlo Parodi, chiamato a succedere al compianto Vincenzo Spera; in quell’occasione si era consumato lo strappo con diversi grandi promoter, tra i quali figuravano Live Nation, Friends & Partners, Trident e D’Alessandro & Galli. Quelli che alcune linguacce hanno spesso definito i padroni della musica.
Ciò ha portato alla nascita di un nuovo soggetto, Assoconcerti, presieduto da Bruno Sconocchia, che i suddetti avrebbero voluto alla presidenza di Assomusica. Sembra veramente il giochino tra bimbi del quartiere dove a un certo punto a uno parte la brocca, prende su il pallone e se ne va via… In tutto ciò stupisce il ruolo di Sconocchia, che è uomo di comprovate virtù… mah…
OraTrotta – che in questi anni ha partecipato anche alla fondazione di Unisca, coordinamento delle associazioni di creatività, arti e spettacolo – ritorna nel seno di Assomusica. Se n’era andato qualche anno fa, nei giorni dell’esplosione del caso secondary ticketing, un fenomeno da lui sempre condannato. Ma che sta accadendo?
C’è stato un intervento di Paolo Fresu piuttosto chiaro su queste tematiche, come gli accade quando s’impegna veramente: Dopo la grande crisi d’inizio millennio (iniziata in realtà fin dagli anni ’90), con la musica si è tornati infatti a guadagnare. Oh sì. È un settore industriale complessivamente in salute: bilanci della major sono tornato in deciso positivo, più d’una realtà indie ha trovato il modo di autosostenersi (magari vendendo pezzi di anima e di identità, ma non divaghiamo), e dei concerti non ne parliamo, dai concerti chi può guadagna molto più di prima e dà lavoro a molte persone più di prima. E pazienza se lo fa sulla pelle dei piccoli promoter locali (costretti ad accollarsi il 100% del rischio) e degli appassionati (messi di fronte a biglietti sempre più cari).
Il problema è che sempre più si fa strada una visione del mondo e della competizione basata sulle regole più libere ed aguzzine del capitalismo: stile “Bene per chi ce la fa, che anzi guadagnerà sempre di più se supera la soglia di sopravvivenza; nessuna pietà invece per chi attorno a questo soglia ci resta, anzi, giusto che soccomba”. Mah. E che la più grande associazione legata appunto al settore più florido, quello dei live, ovvero Assomusica, sia stata vittima di una scissione – qui il riassunto asciutto fatto da Billboard Italia – dice molte, molte, molte cose.
Ciò che balza agli occhi di tutti, ma forse non dei diretti interessati, è che la gestione Spera, ottima per altri aspetti, nel periodo della pandemia avesse però portato a casa grandi risultati soprattutto per i soci potenti, anche legati alle multinazionali dello spettacolo, tenendo in secondo piano il resto, un resto che però rappresenta numericamente la maggioranza di Assomusica (i promoter locali), senza i quali i grandi soggetti non saprebbero a chi vendere i loro artisti. Non è sempre così precisa la questione, ma la stiamo semplificando per farvi capire.
Carlo Parodi, il nuiovo presidente è co-proprietario dello storica locale torinese Hiroshima Mon Amour, nonché co-creatore di festival come Traffic). Ovviamente, dice ancora Fresu: Ma dai, che bello – abbiamo pensato – ora finalmente Assomusica si riequilibrerà nel suo operato e smetterà di fare gli interessi solo dei soliti potenti.
Questo però l’hanno pensato anche i soliti potenti , che a giugno se ne sono andati per creare un nuovo organo, dopo aver fatto appelli in assemblea alla necessità di essere tutti uniti e solidali.
E via… si crea un nuovo carrozzone!
In un mese?
Via ragazzi, siamo seri…
Non è che ce l’avessero già pronta e abbiano cercato il casus belli? Forse Sconoscchia, che è uomo d’azione e d’onore e ha deciso di rientrare dal suo dennale buen retiro, potrebbe essere illuminante al riguardo, ma dubitiamo che lo farà. Ma è così difficile, direte voi, tenere unite le necessità dei piccoli e dei grandi, quando l’obiettivo dovrebbe essere la crescita culturale e professionale del settore?
Ingenui!!!
La logica è quella dei numeri, dei biglietti venduti, non della qualità del prodotto, sempre più da supermercato da multinazionale.
Ecco… la musica è finita… gli amici se ne vanno…
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