Diciamocelo, senza remore. A Milano la zampogna non ha mai goduto di molta fortuna. Nella più grande città di Lombardia, infatti, questo strumento agropastorale –sempre in coppia con la fida ciaramella- non avrebbe avuto molto senso di esistere, inglobata nella tradizione urbana fatta di metallo e mattoni, asfalto e cemento. Eppure, c’è una canzone popolare milanese, “Piva Piva l’oli d’uliva”, che fa proprio riferimento allo strumento in questione, sia pure in modo improprio (la piva, organologicamente, è soltanto una cugina della zampogna): sulla melodia di una antichissima ninnananna, l’astuzia dei venditori ambulanti d’olio bresciani coniò quello che oggi si chiamerebbe un “jingle” e ad eseguirlo si portarono al seguito dei “baghetèr”, suonatori di cornamusa bergamasca (baghèt), ben conosciuta anche sulle rive del Garda bresciano, regione olivifera d’eccellenza. Siccome le olive si raccolgono a novembre e l’olio nuovo è pronto da vendere a dicembre, ecco che lo “spot” commerciale ideato dai frantoiari ed eseguito dai baghetèr andava a sovrapporsi ai riti del Natale, confondendosi con ben altre tradizioni e altri valori. Ed ecco spiegato il senso dell’”oli d’uliva”.
Nel resto della cristianità, si sa, l’immagine degli zampognari è legata a quella del presepe e a queste statuine è simbolicamente affidato il compito di diffondere al mondo la buona novella: il giorno di Natale, nella città di Betlemme, in una capanna, nacque un bambinello ecc. ecc.
Tutto ciò, per ambientare il nostro parere su un fatterello accaduto durante il periodo natalizio proprio a Milano, in pieno centro storico (corso Vittorio Emanuele): quattro zampognari sono stati multati da un inflessibile vigile urbano che non ha voluto sentir ragioni. Gli strumentisti si sono visti elevare una contravvenzione perché non in possesso dell’”autorizzazione a deambulare”, essendo titolari unicamente di un permesso per suonare stazionando, però, solamente in una virtuale piazzuola loro riservata dal funzionario comunale preposto a rilasciare le autorizzazioni per l’esercizio della musica di strada.
A nulla sono valse le proteste degli zampognari e anche di qualche passante che hanno invitato a riflettere il solerte poliziotto locale. Inutile ricordargli che funzione precipua degli zampognari è quella di deambulare, recando con sé –a seconda dei casi- il sempre valido messaggio sacro della natività o quello profano e disusato dell’olio da vendere.
Comunque attenzione, musicisti di strada, zampognari o meno che voi siate: fino a quando una maggior cultura sulle nostre tradizioni musicali non si sarà diffusa (e non pretendiamo sindaci, assessori o vigili laureati in etnomusicologia ma semplicemente dotati di buon senso), meglio non muoversi troppo. E se potete evitare di recarvi a Milano, meglio!
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